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Verso un cristianesimo non istituzionale. Come dire “Dio” in modo non religioso

Verso un cristianesimo non istituzionale. Come dire “Dio” in modo non religioso

Tratto da: Adista Documenti n° 14 del 12/04/2025

DOC-3380. ROMA-ADISTA. Non c’è alcun timore di raccogliere le sfide poste dall’attuale contesto culturale secolarizzato nelle pagine del libro di Paolo Cugini, parroco di San Vincenzo de’ Paoli nella periferia di Manaus e docente di Filosofia e Teologia presso la Facoltà Cattolica dell’Amazzonia, intitolato significativamente – e molto postteisticamente – Il nome di Dio non è più Dio. Dire il Mistero in un mondo post-cristiano (Effatà Editrice, pp. 232, 18 euro). È anzi con evidente simpatia che l’autore guarda a quella che è forse la sfida principale del cristianesimo postmoderno: «abbandonare la poltrona delle sicurezze religiose, per mettersi in cammino, andare alla ricerca di mondi spirituali nuovi».

È il cammino – «contaminabile» – scelto anche da Cugini, e per sua stessa ammissione: «Le pagine di questo libro – spiega nell’introduzione – raccolgono anni di riflessioni su quei temi assimilati nell’infanzia in un modo e vissuti in tutt’altro modo nelle situazioni che la vita mi ha presentato». Rispetto all’alternativa di mantenere nel corso di tutta la propria esistenza le sicurezze culturali e spirituali delle origini senza mai confrontarsi con narrative diverse dalle proprie, l’autore ha scelto dunque senza esitare la via rappresentata da «un modo d’interpretare la vita come cammino alla scoperta di nuove possibilità, nella percezione profonda che non tutto è già dato e non tutto è così come ci è stato insegnato».

E se, spiega, «rompere il cordone ombelicale delle istituzioni che hanno contribuito a formare la coscienza nell’infanzia» è il cammino esistenziale, doloroso ma necessario, «per una vita di adulto libera», uno dei campi principali da cui prendere le distanze o almeno da sottoporre a una rilettura radicale è proprio quello religioso, in maniera da comprendere come la missione di Gesù sia stata proprio quella di «liberare gli uomini e le donne dal veleno mortale della religione o, meglio, di quella religione inventata dagli uomini».

È allora un percorso al tempo stesso spirituale, religioso e culturale quello proposto dall’autore nel suo libro, condividendo, nella prima parte, «alcuni contenuti di vita spirituale maturati in alcuni frangenti critici» della sua vita; offrendo, nella seconda, riflessioni, anche dure, su diversi aspetti della religione cristiana – senza trascurare il dialogo con la riflessione teologica post-teista, definita dall’autore «affascinante e piena di stimoli culturali» –; e infine, nella terza e ultima parte, presentando nuovi possibili cammini, centrati non su «precetti da obbedire» ma sulla «cura della qualità delle nostre relazioni umane», verso la creazione di comunità «in cui il principio di uguaglianza non sia un’utopia, ma il clima naturale del cammino».

Di seguito, per gentile concessione della casa editrice, alcuni stralci del libro, tratti dal primo e dal terzo capitolo della seconda parte (“Raccontare la fine”), dal secondo capitolo della terza (“Per un nuovo cammino”) e dalla Conclusione. 

*Foto presa da Unsplash, immagine oriignale e licenza 

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