
«La guerra ci costa la Terra»: al via la mobilitazione "A ognuno di fare qualcosa"
La Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace invita a sostenere la campagna italiana “Ferma il riarmo!” – promossa da Rete italiana Pace Disarmo, Fondazione PerugiAssisi, Sbilanciamoci! e Greenpeace Italia – e diffonde l’appello della Campagna Mondiale sulle Spese Militari per lanciare la mobilitazione straordinaria “A ognuno di fare qualcosa” (cit. Aldo Capitini), che tra il 25 aprile il 9 maggio animerà iniziative contro la corsa al riarmo e l’aumento delle spese militari.
L'appello
Nell’ultimo anno, il mondo ha assistito a un’allarmante escalation di violenza: il genocidio a Gaza, la guerra in Ucraina, la guerra civile in Sudan, il conflitto nella Repubblica Democratica del Congo e più di 30 altri conflitti armati nel Sud globale (la metà dei quali in Africa) hanno portato alla morte, al ferimento, alla perdita dei mezzi di sussistenza o allo sfollamento forzato di milioni di persone. Altri conflitti violenti si profilano all’orizzonte con l’acuirsi delle tensioni globali e la crescente competizione tra le nazioni, mentre il diritto internazionale e gli organismi di mediazione e risoluzione dei conflitti come le Nazioni Unite vengono messi da parte o ignorati.
Il militarismo sta chiaramente alimentando tutte queste guerre e violenze, ma nonostante gli appelli ad abbandonare le armi e la violenza per passare ai negoziati di pace e al disarmo, i governi stanno raddoppiando la ricetta del disastro aumentando significativamente i loro bilanci militari. Invece di cercare percorsi di pace investendo nella diplomazia, negli aiuti umanitari e nella risoluzione dei conflitti, hanno deciso di distribuire sempre più denaro all’industria delle armi. La storia ha ripetutamente dimostrato che la militarizzazione non porta né pace né sicurezza; perpetua cicli di distruzione, sofferenza e ingiustizia e alimenta il collasso climatico. La militarizzazione non è quindi una soluzione, ma una parte del problema. Come si può ottenere un risultato diverso dalla guerra, dalla violenza e dall’ingiustizia?
Tutta questa violenza è alimentata anche da discorsi e politiche sempre più aggressivi e apertamente suprematisti da parte di un’estrema destra in ascesa e di un centro che si sta spostando a destra. Sono loro che esacerbano un clima di paura e presentano la militarizzazione e “securizzazione” delle nostre società come unica strada da percorrere, chiudendo ogni dibattito pubblico.
Investire nella guerra e nel riarmo significa distogliere risorse preziose dal nostro benessere. Ogni centesimo speso per gli armamenti è un centesimo non speso per i servizi pubblici essenziali, che potrebbero migliorare la vita, fornire una vera sicurezza e costruire una pace sostenibile. In un momento di crisi climatica e ambientale che mette a rischio il pianeta e la vita delle generazioni attuali e future, è essenziale ridurre i bilanci militari e utilizzare queste risorse per salvare le persone e il pianeta.
Dare priorità alle spese per la guerra rispetto ai bisogni fondamentali della società esacerba la sofferenza, approfondisce l’insicurezza economica e amplia le disuguaglianze sociali. Un’ulteriore militarizzazione e l’aumento delle spese militari comporteranno necessariamente maggiore austerità e tagli ai servizi pubblici essenziali, alimentando al contempo la repressione e la perdita di diritti e libertà, sia in patria che all’estero. È inoltre fondamentale sfatare il mito dell’impatto positivo degli investimenti militari sulle economie nazionali. L’aumento delle spese militari, oltre a rafforzare uno status quo basato sulla violenza e sull’ingiustizia, distoglie risorse da settori civili più produttivi, che producono maggiori benefici, sia a breve che a lungo termine, compresa la creazione di posti di lavoro.
- Noi chiediamo la fine di questa sconsiderata corsa agli armamenti. Il mondo non ha bisogno di più armi, ma di più dialogo, cooperazione, istituzioni democratiche globali e un impegno per la giustizia e la dignità umana.
- Noi chiediamo con urgenza ai governi di ridurre le spese militari e di affrontare invece, attraverso la cooperazione e la diplomazia, le sfide globali del nostro tempo che richiedono tutte le risorse disponibili.
- Noi chiediamo un impegno concreto per il disarmo globale, la cessazione del commercio di armi e l’interruzione delle spedizioni di armi verso Paesi in conflitto, coinvolti nell’instabilità regionale o che violano sistematicamente i diritti umani e il diritto internazionale. Chiediamo ai governi e alle aziende di dare priorità alla pace e alla giustizia rispetto ai profitti derivanti dalla produzione e dal commercio di armi.
- Noi chiediamo ai governi (in particolare a quelli degli Stati Uniti e dell’Unione Europea) di cessare la fornitura e l’acquisto di armi da Israele e di utilizzare tutti i mezzi a disposizione, comprese le sanzioni contro il governo israeliano, per spingere verso un vero cessate il fuoco e la fine del genocidio a Gaza.
- Noi chiediamo una discussione sincera e attiva su architetture di sicurezza internazionali e regionali nuove e reattive, basate sulle idee condivise di sicurezza comune, disarmo e giustizia globale. Chiediamo ai governi di rispettare il diritto internazionale e i trattati internazionali sul disarmo, di sostenere il quadro internazionale di risoluzione dei conflitti delle Nazioni Unite, di attuare gli impegni assunti nel Patto delle Nazioni Unite per il futuro e di preparare attivamente una quarta sessione speciale sul disarmo all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
- Noi chiediamo ai governi di affrontare subito la crisi climatica. Le forze armate globali sono responsabili del 5,5% delle emissioni globali di gas serra (GHG). Ciò significa che se le forze armate globali fossero un Paese, sarebbero il quarto più grande emettitore. Un aumento delle spese militari significa un aumento delle emissioni di gas serra. Se milioni di dollari possono essere messi a disposizione per l’acquisto di armi, non c’è motivo per cui non dovrebbero essere disponibili per il finanziamento delle soluzioni alla crisi climatica, per affrontare la più grande sfida mai affrontata dall’umanità.
- Noi chiediamo alla società civile a livello locale, nazionale, regionale e internazionale di unirsi nella “Campagna Mondiale sulle Spese Militari” per contrastare la tendenza all’aumento delle spese militari, per rafforzare il movimento globale per la pace e la giustizia e per sfidare i responsabili delle decisioni che cercano di giustificare un militarismo senza fine in nome della sicurezza.
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