
Rilanciare la partecipazione ai referendum, «concretezza della democrazia»
La democrazia diretta, l’importanza del voto in piena crisi di partecipazione, la campagna per l’astensione del governo che rema contro, le infelici uscite del presidente del Senato Ignazio La Russa, lo sforzo enorme della società civile e dei promotori dei referendum per superare l’agognato quorum: di tutto questo parla Giulio Marcon (porttavoce della Campagna Sbilanciamoci!) in un editoriale del 14 maggio dal titolo: “Democrazia è partecipazione”. Secondo Marcon il raggiungimento del quorum – non previsto per le altre tornate elettorali, parlamentari o europee – è complicato anche dal fatto che 6 milioni di Italiani residenti all’estero, componente che «non parla nemmeno la nostra lingua e nemmeno paga qui le tasse», non andranno al voto ma saranno comunque conteggiati per la definizione del quorum.
Considerando lo stato comatoso in cui vive la democrazia rappresentativa e gli ostacoli spesso insormontabili per esercitare la democrazia diretta, Marcon lancia un appello: «La legge attuativa del referendum deve essere cambiata: alzino pure il numero delle firme necessarie per indire un referendum, ma tolgano il quorum».
Dopo aver spiegato il contenuto dei referendum dell’8 e 9 giugno, Marcon ribadisce che «la partecipazione è dunque un valore fondamentale. A differenza delle elezioni politiche dove eleggiamo i nostri rappresentanti, senza sapere poi cosa accadrà, nel caso del referendum esercitiamo un diritto molto concreto: decidiamo se una legge debba rimanere ancora in vigore o debba essere cancellata. Nel referendum abbiamo la concretezza della democrazia, il nostro voto conta veramente. Quando il Presidente del Senato – come ha fatto nei giorni scorsi – invita a non andare a votare dice una cosa sconcia. Ma c’era da aspettarselo da chi appartiene ad una tradizione politica non abituata alla democrazia e alla libertà».
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