
Tutti a Roma per la prima messa di papa Leone. E il Vaticano diventa lo snodo della diplomazia internazionale
CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Negli ultimi due giorni il Vaticano è stato il crocevia della diplomazia internazionale. La messa di insediamento del nuovo papa Leone XIV, domenica, è stata infatti l’occasione che ha fatto intersecare Oltretevere le strade dei principali leader politici mondiali, alle prese con guerre ed emergenze umanitarie. Finora a parlare sono state le armi. Chissà se gli incontri che si sono svolti a San Pietro, con la regia della segreteria di Stato della Santa sede, daranno lo spunto alle cancellerie per tentare di affrontare le crisi anche su tavoli negoziali. I dubbi restano, ma la speranza c’è.
Ieri il papa ha ricevuto in udienza il vicepresidente Usa Vance e poi anche il segretario di Stato Rubio. Alcuni mesi fa c’erano state frizioni fra i due: Prevost, quando era ancora solo un cardinale di Chicago, aveva bacchettato Vance, che aveva estrapolato una frase di sant’Agostino – il nuovo pontefice è agostiniano – per giustificare le deportazioni di massa dei migranti da parte dell’amministrazione Trump. Ma ieri, in 45 minuti di «cordiali colloqui», si è parlato soprattutto di guerra in Ucraina e dello sterminio in atto a Gaza. Oltre a discutere di «alcune questioni di speciale rilevanza per la vita ecclesiale e la libertà religiosa» negli Stati Uniti, la nota della Santa sede ha riferito che «si è avuto uno scambio di vedute su alcuni temi attinenti all’attualità internazionale, auspicando per le aree di conflitto il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale e una soluzione negoziale tra le parti coinvolte». Vance ha invitato il papa negli Usa, ma nei giorni scorsi Leone aveva già detto che per un suo eventuale viaggio negli Stati Uniti ci sarà da aspettare.
È sul tavolo la disponibilità la disponibilità del Vaticano a ospitare un incontro fra russi e ucraini, manifestata dal pontefice e ribadita sabato dal segretario di Stato vaticano Parolin e dal cardinale Zuppi (lo scorso anno inviato da Bergoglio in missione di pace a Kiev e Mosca), che hanno incontrato Rubio.
Un’offerta subito accolta da Zelensky che domenica, dopo la messa, ha avuto un colloquio con papa Leone e poi, a Villa Taverna (residenza dell’ambasciatore Usa), con Vance e Rubio, prima occasione di disgelo dopo il burrascoso incontro alla Casa Bianca di fine febbraio. «Ringraziamo il Vaticano per la sua disponibilità a essere una piattaforma per negoziati diretti tra Ucraina e Russia, ha dichiarato Zelensky, che ha anche invitato il pontefice a Kiev. Ci vorrebbe anche il sì di Mosca, ma l’ipotesi al momento pare lontana. Non depone a favore il fatto che l’aereo che avrebbe dovuto portare in Vaticano la ministra russa della Cultura Lyubimova – presente ai funerali di papa Francesco – non sia mai arrivato a Roma, ufficialmente per «problemi tecnici». Inoltre l'opzione Vaticano non raccoglierebbe sicuramentre il favore della Chiesa ortodossa di Mosca del patriarca Kirill.
Senza apparenti spiragli la situazione in Palestina. Il presidente israeliano Herzog domenica era in Vaticano, mentre alle esequie di Bergoglio – poco amato da Tel Aviv a causa delle sue ripetute condanne dello sterminio della popolazione di Gaza – c’era solo l’ambasciatore. Herzog ha auspicato il «rafforzamento dei legami storici tra Israele e Santa sede», ma non c’è stato nessun colloquio, tranne i saluti di protocollo al pontefice al termine della messa, a cui il capo dello Stato di Israele si è presentato con una targhetta sulla giacca con il numero 590, i giorni trascorsi dal 7 ottobre 2023. Del resto Prevost è stato netto: ha chiesto la liberazione degli ostaggi, ma al Regina Caeli dopo la messa ha ribadito che «a Gaza i bambini, le famiglie, gli anziani sopravvissuti sono ridotti alla fame».
Ieri, dopo l’incontro con Vance, papa Leone ha ricevuto i rappresentanti delle altre Chiese (molte ortodosse) e fedi religiose: «Se saremo concordi e liberi da condizionamenti ideologici e politici – ha detto –, potremo essere efficaci nel dire no alla guerra e sì alla pace, no alla corsa agli armamenti e sì al disarmo, no a un’economia che impoverisce i popoli e la Terra e sì allo sviluppo integrale».
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