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PAPA RATZINGER RIAMMETTE L'ALA DESTRA ANTI-CONCILIARE NELLA COMUNIONE ECCLESIALE

Tratto da: Adista Notizie n° 65 del 23/09/2006

33545. ROMA-ADISTA. Il tentativo di Benedetto XVI di recuperare in blocco i lefebvriani è fallito (v. Adista n. 61/06) e il pontefice regnante si deve accontentare di spaccare i "tradizionalisti" accogliendone un piccolissimo numero in Francia, e imponendo ai vescovi d'Oltralpe di gestire le gravi contraddizioni che la scelta papale comporta, non ultimo il rischio di svuotare di significato il Concilio Vaticano II.

L'11 settembre il quotidiano cattolico La Croix, insieme a Le Monde, hanno dato la notizia che l'8 settembre il card. Darío Castrillón Hoyos, come presidente della pontificia commissione Ecclesia Dei, aveva emanato un decreto erigente l'Istituto del Buon Pastore, Società di vita apostolica la cui sede sarà nella chiesa di Saint-Éloi di Bordeaux, e che, in quanto di diritto pontificio, dipenderà direttamente da Roma. L'Istituto ha ricevuto come "rito proprio in tutti i suoi atti liturgici", il messale del 1962, ovvero quello pre-conciliare, mentre "da un punto di vista dottrinale", la sua "missione" sarà quella di impegnarsi in una "critica seria e costruttiva" del Concilio Vaticano II, "per permetterre alla sede apostolica di darne una interpretazione autentica".

In questo nuovo Istituto sono confluiti cinque preti, un diacono e alcuni seminaristi che, fino a pochi mesi fa, facevano parte della Fraternità sacerdotale san Pio X, creata subito dopo il Concilio da mons. Marcel Lefèbvre per opporsi alle "novità" introdotte dal Vaticano II e mantenere viva "la tradizione della Chiesa di sempre". Nel 1976 il "prelato ribelle" era stato sospeso a divinis da Paolo VI; nell'88 scomunicato da Giovanni Paolo II per avere, malgrado il divieto papale, consacrato – il 30 giugno di quell'anno – quattro vescovi (tra i quali mons. Bernard Fellay, che nel '91, alla morte di Lefebvre, diverrà superiore generale della Fraternità).

Per inquadrare la recentissima decisione vaticana va ricordato che, smentendo le decisioni di Paolo VI e la riforma liturgica da lui voluta (che aveva abolito l'uso del messale romano varato da san Pio V nel 1570 per attuare il Concilio di Trento, messale la cui ultima edizione typica era del 1962, prima della riforma liturgica avviata dal Vaticano II), la Sacra congregazione per il culto divino, per volontà di Wojtyla, il 3 ottobre 1984, con la lettera Quattuor abhinc annos, aveva ripristinato l'uso della messa tridentina. Una decisione che famosi liturgisti cattolici considerarono "grave" per le sue pericolose conseguenze.

Pochissimi di numero, i lefebvriani ora tornati all'obbedienza di Roma sono però personalità autorevoli nel mondo da cui provengono. Così il superiore dell'Istituto del Buon Pastore è l'abbé Philippe Laguérie, uno degli animatori della chiesa parigina di Saint-Nicolas-du-Chardonnet, centro dei "tradizionalisti". Nel ‘98 si era trasferito a Bordeaux, dove aveva ottenuto dal municipio l'uso della chiesa di Saint-Éloi – una decisione impugnata dall'arcivescovo della città, mons. Jean-Pierre Ricard, il quale era ricorso al tribunale, che gli aveva infine dato ragione. Ora Laguérie torna alla stessa chiesa. Vi è poi don Paul Aulagnier, dal 1970 al 2002 assistente generale della Fraternità.

Come si è arrivati alla scelta attuale? I lefebvriani avevano espresso la speranza che, una volta papa, Joseph Ratzinger continuasse l'opera da lui compiuta come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e portasse avanti con ancora più vigore il riordino di una Chiesa squassata, secondo i seguaci del "vescovo ribelle", dalle "novità conciliari". Tale speranza si era fatta più forte dopo che il nuovo pontefice, il 29 agosto 2005, aveva ricevuto in udienza mons. Fellay. Guidate, sul fronte romano, dal card. Castrillón, erano allora proseguite con più intensità le trattative con Fellay, che ha il suo centro ad Econe, in Svizzera. Trattative giunte alla vigilia di una conclusione che trovava però discordi pareri in Vaticano: perciò in proposito Benedetto XVI il 23 marzo 2006 chiedeva il parere dei cardinali convocati per una riunione plenaria. Nel dibattito – si apprendeva poi – alcuni porporati si erano mostrati favorevoli al progetto di imminente "riconciliazione"; altri, invece, perplessi, nel timore che il prezzo da pagare fosse l'affossamento del Vaticano II.

Ma in luglio il capitolo generale della Fraternità, proprio per i dissensi sul come rapportarsi con il papa, aveva allontanato Laguérie ed Aulagnier, ponendo fine, così, alla luna di miele sognata da Ratzinger che, dunque, decideva di seguire la politica del suo predecessore: tentare di riportare all'ovile settori distinti del mondo lefebvriano, nella speranza di sgretolarlo a poco a poco. In effetti, il 25 dicembre 2001 papa Wojtyla, aveva riaccolto nella comunione il vescovo mons. Licínio Rangel (consacrato nel ‘91 dai vescovi lefebvriani scomunicati nell'‘88) e un mese dopo aveva creato per lui, a Campos, Brasile, l'Amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney, nella quale si ha il diritto di usare solamente il messale "tridentino".

Tuttavia, molti si sono chiesti, che ne è, a questo punto, del principio della libertà religiosa proclamato dal Vaticano II. Per quanto si tenti (e papa Ratzinger lo ha tentato nel discorso del 22 dicembre) di dire che esso, collocato nel suo tempo, si accorda con il magistero di Pio IX che quel principio, nell'Ottocento, negava, si potrebbe arrivare al fatto che i lefebvriani "pentiti" possono "legalmente" contrastare affermazioni capitali del Vaticano II.

Commentando la questione di Laguérie e compagni, p. Rinaldo Falsini (che, in passato, già aveva criticato le motivazioni con era stata riammessa la liturgia "tridentina": v. Adista n. 53/03), ha dichiarato alla nostra agenzia: "Non ho visto il testo recente ma, se i giornali ben riferiscono, il fatto che si conceda all'Istituto Buon Pastore, come missione, il rito pre-conciliare, è veramente strano e sorprendente. Un passo inatteso. Se questa è la strada seguita per cercare la riconciliazione con i lefebvriani, si tratta sicuramente di uno schiaffo al Concilio, e anche alla sua interpretazione fin qui data, anche dallo stesso Papa. E' inconcepibile che il neo-creato Istituto abbia come missione quella di interpretare il Concilio senza neanche accettarlo".

Intanto Ricard – che è anche presidente della Conferenza episcopale francese, ed è stato elevato alla porpora il 24 marzo scorso – ha dichiarato a La Croix (11 settembre) che la recente decisione "è una decisione dello stesso papa, lui l'ha voluta. Ha voluto fare un gesto per coloro che hanno seguito mons. Lefebvre, per mostrare loro che essi potevano trovare un posto nella Chiesa". E, dopo aver addossato al pontefice ogni responsabilità, Ricard non teme di metterne in evidenza alcune "contraddizioni" del raggiunto accordo, in quanto esso permette all'Istituto Buon Pastore di seguire solamente il messale di san Pio V; e dunque, ai preti dell'Istituto, di rifiutarsi di concelebrare nella messa crismale del Giovedì santo con tutti i confratelli di Bordeaux, perché la messa è celebrata secondo la liturgia riformata ("protestante", la qualificano i lefebvriani).

In proposito l'appena "riconciliato" Laguérie è stato sferzante: "Vedo che oggi il papa si sta accingendo a ricostruire un vero governo della Chiesa per reintrodurre un poco di serietà nella liturgia e nell'interpretazione del Concilio. E' un cambiamento inesorabile. Ma quello che è del tutto nuovo, è il dovere che ci incombe di celebrare secondo la liturgia tradizionale della Chiesa. Per noi non si tratta di un permesso, ma di un obbligo. Ciò significa che non sarà permesso ai nostri preti di partecipare alla concelebrazione, per esempio alla messa crismale. Ciò costituisce un problema teologico che, ne sono sicuro, il papa appianerà nell'avvenire".

Sempre sul "no" alla concelebrazione alla messa crismale nel rito post-conciliare, Nicolas Senèze commenta su La Croix: "Dato che questo nuovo Istituto del Buon Pastore dipende direttamente dalla Santa Sede, è reale il rischio di una sorta di Chiesa parallela". Ed Henri Tincq, su Le Monde: "I vescovi di Francia rischiano di fare una magra figura davanti a quella che appare una curiosa concessione del Vaticano. Se don Laguérie ha ottenuto dal papa il permesso di mantenere l'antica tradizione liturgica, nulla indica che egli abbia approvato lo spirito e le riforme del Vaticano II, giudicato diabolico dai suoi.

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