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UN DOSSIER DENUNCIA LE "STRANE PRATICHE" DI MONS. ANATRELLA, TEOLOGO INFLESSIBILE, PSICANALISTA "ETERODOSSO"

Tratto da: Adista Documenti n° 82 del 18/11/2006

DOC-1797. PARIGI-ADISTA. In psicoanalisi si può e si deve dire tutto, ma non si può "fare" nulla. In quanto terapia orale fondata sulla parola, senza alcuna azione, nel corso dell'analisi devono anche essere assenti contatti fisici di qualsiasi genere. L'analista come persona deve mantenere un ruolo di pura neutralità, per consentire il corretto avvenire del transfert; tra paziente e analista, nessun altro incontro al di fuori delle sedute. Queste "regole" fondamentali e rigorose della psichiatria freudiana, mons. Tony Anatrella, psicanalista, da anni interprete e portavoce delle teorie omofobiche vaticane (è suo il commento che ha corredato il Documento della Congregazione per l'Educazione Cattolica sulla non ammissione dei gay al sacerdozio, pubblicato sull'Osservatore Romano il 29 novembre 2005; v. Adista nn. 86/05 e 79/06), le ha violate, secondo quanto si apprende dalla testimonianza di prima mano di colui che ne ha denunciato gli abusi sessuali, l'ex seminarista francese Daniel Lamarca, 23enne all'epoca dei fatti. Una testimonianza cruda, esplicita, che rivela gli "strani metodi" di Anatrella per "curare" l'omosessualità. La testimonianza di Lamarca è contenuta in un corposo dossier pubblicato dal bimestrale francese Golias (settembre-ottobre 2006) diretto da Christian Terras (accolto dal silenzio quasi completo dei media francesi), che esamina in tutta la sua gravità la trasgressione, da parte di Anatrella, della deontologia professionale e il superamento delle frontiere di ciò che è legalmente accettabile: "cosa che rappresenta – scrive Terras nel presentare il dossier – il colmo dell'ipocrisia da parte di un moralizzatore di tale autorità". Le "strane pratiche" alle quali Anatrella ha fatto ricorso durante la psicoterapia con Lamarca, afferma Terras, sono infatti certamente "deontologicamente inaccettabili, moralmente rivoltanti, ben lungi da una sana assistenza psicologica", e sembrerebbero ricondurre al tentativo, non raro in alcuni psicanalisti "scelti in modo imprudente", di "servirsi del loro paziente per risolvere i loro problemi psicologici, per esempio un rapporto difficile nei confronti della propria tendenza omosessuale mal accettata". Tentativo tanto più grave in questo caso, in cui l'analista è anche un sacerdote, che rivela "un grave attentato alla dignità di persone libere e un'impostura intellettuale completata da un grave attentato all'integrità dell'altro". Nero su bianco Nel corso degli anni, come si ricava dall'excursus del dossier di Golias sugli scritti di Anatrella, le posizioni del monsignore-psicanalista rispetto all'omosessualità si sono via via inasprite. Tuttavia, ben prima della voce "Omosessualità e Omofobia" da lui curata sul Lexicon (volume pubblicato nel 2003 a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia sull'etica sessuale cattolica), Anatrella demonizzava, nel volume Non à la société depressive (Paris, Flammarion, 1995), una "omosessualizzazione" delle società, espressa da un rifiuto dell'alterità che spingerebbe ad uno stile di vita più libero indebolendo il modello tradizionale del matrimonio. Questo rifiuto del diverso proprio del mondo gay avrebbe le sue radici nel nazismo, nel marxismo e nel fascismo, che sono per Anatrella "ideologie di natura omosessuale, di cui sono una prova i loro discorsi, le loro insegne e le loro azioni, che privilegiano tutto ciò che è simile" (p. 83). Ma lo psicanalista si spinge oltre nel suo processo alle intenzioni affermando, in una implicita associazione tra omosessualità e paranoia, - lo sottolinea Terras - che "le ideologie di stampo omosessuale sono antisociali, selettive, mortali e senza futuro nella storia a differenza di quelle di tipo eterosessuale". L'omosessualità dunque fa orrore ad Anatrella tanto da definire le relazioni omosessuali come caratterizzate da cattiva fede, inautenticità dei sentimenti, assenza di senso della verità (p. 205). È da concludere che "il modello omosessuale, non aprendosi ad alcuna alterità, non può essere ritenuto un ideale sociale" (p. 213). Ma va persino oltre, a proposito dell'Aids, definita "malattia dell'intimità biologica dell'uomo narcisista e soggettivo della fine del XX secolo. Il sentimento depressivo legato ad un iper-investimento sull'individuo a danno delle realtà sociali (cercate non per se stesse ma per il semplice vantaggio difensivo che se ne può ottenere nell'immediato) è la traduzione psicologica dell'attacco interno subito dalle cellule, che no possono più esercitare un'azione vitale"(p. 141). Dunque, riassume Terras, "l'omosessualizzazione della società tradurrebbe una pulsione di morte, un rifiuto aggressivo dell'altro prolungandosi in autodistruzione": "Che incubo! Che offesa anche ai malati di Aids così arbitrariamente psichiatrizzati!". Violazione dell'etica professionale Lungi dall'indagare sulle pieghe personali della questione, il dossier di Golias è interessato all'aspetto della violazione, da parte di Anatrella, delle più elementari norme etiche professionali. La psicanalista Dominique Bourdin, docente in psicopatologia clinica all'Università di Parigi, ha seguito Daniel Lamarca dopo la traumatica esperienza con Anatrella, nella quale "costui aveva ripetutamente imposto a Daniel carezze e approcci sessuali, che provocavano il godimento del ‘terapeuta', sotto il pretesto di tentare innovativi approcci terapeutici". "Daniel è stato dolorosamente segnato da questa esperienza", afferma la psicanalista. E aggiunge, citando il lavoro di una collega, Louisa de Urtubey, su questo tema, che il passaggio all'azione sessuale da parte di un analista, è considerato da diversi psichiatri alla stregua di un atto di pedofilia, dal momento che "la posizione del terapeuta è di tipo parentale, per la regressione indotta dal trattamento e l'instaurazione del transfert". La Bourdin, che aveva lasciato a Daniel Lamarca l'espletamento dei passi ufficiali per la denuncia dell'abuso, si è stupita della successiva carriera folgorante di Anatrella in Vaticano, "con prese di posizione sempre più intransigenti" tanto da chiedersi se effettivamente il giovane si fosse rivolto alle autorità ecclesiali competenti e se fosse il caso di intervenire di persona. "Per ciò che mi riguarda – scrive su Golias – dopo le informazioni datemi da Daniel, ogni volta che mi si è presentata l'occasione ho fatto sapere a colleghi o responsabili ecclesiali che vi erano ragioni etiche importanti (senza precisare quali) per non inviare pazienti da Anatrella. E talvolta ho espresso la mia tristezza e la mia collera per vederlo sfilare sui media". "Ho avuto l'occasione di constatare – spiega – la pressione e la forza della legge del silenzio ecclesiale su atti di pedofilia. E la maniera in cui arrivano a tacere coloro che in un primo momento sono indignati e tormentati". "La parola libera. L'impostura menzognera uccide", conclude il dossier Christian Terras. "Qualche volta i lupi approfittano dello smarrimento del gregge o del pastore". Di seguito, in una nostra traduzione dal francese, la testimonianza della vittima di questa vicenda, Daniel Lamarca, raccolta da Golias. Alcuni passaggi possono apparire scabrosi: è stata comunque decisa la pubblicazione in versione integrale perché ci è sembrato doveroso lasciare intatta la testimonianza disperata di una violenza dura e continuata. (ludovica eugenio) ERRATA CORRIGE: Nel n. 79 dell'11 novembre scorso, anche Adista, insieme agli altri media, è cascata nell'involontario errore di far diventare gesuita mons. Anatrella. Non lo è e non lo è mai stato. Ce ne scusiamo.

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