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LE CHIESE CRISTIANE NON CATTOLICHE DENUNCIANO: IN RAI NON C'È PLURALISMO RELIGIOSO

Tratto da: Adista Notizie n° 9 del 03/02/2007

33731. ROMA-ADISTA. Nelle reti Rai lo spazio riservato alla cosiddetta informazione "religiosa" è in aumento. Ma il tempo di antenna (interventi diretti in voce più il tempo di notizia) riservato alla Chiesa Cattolica è nettamente superiore a quello concesso alle altre confessioni religiose. Particolarmente rilevante il tempo occupato dalla Chiesa Cattolica nei telegiornali, con percentuali che vanno dal 98 al 99%, mentre alle altre confessioni resta circa l'1-2%, a seconda della testata. Inoltre, gli interventi diretti in voce dei non cattolici sono soprattutto di esponenti ebraici e musulmani.

Questi i dati raccolti dal Centro di ascolto dell'informazione radiotelevisiva (leader italiano nel monitoriaggio della Tv), relativi al triennio che va dal 2004 al 2006, messi a disposizione grazie all'interessamento dei Radicali su richiesta dei principali esponenti delle comunità cristiane non cattoliche e presentati nel corso di una conferenza stampa che si è svolta a Roma il 23 gennaio,.

Eppure il Testo Unico della radiotelevisione, all'art. 3 lo afferma chiaramente: fondamenti del sistema informativo sono "l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali culturali e religiose". Nelle reti Rai, invece, il pluralismo, per quel che riguarda l'informazione religiosa, fatica ad esprimersi e a trovare spazio.

Ed è proprio il mancato rispetto dei "principi fondamentali" del sistema radiotelevisivo l'oggetto di un esposto che verrà presentato all'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni dalla maggior parte delle comunità cristiane non cattoliche presenti in Italia: Tavola Valdese, Unione Cristiana Evangelica Battista d'italia, Chiesa Evangelica Luterana, Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (che riunisce le denominazioni "storiche" del protestantesimo e alcune Chiese dell'area pentecostale-carismatica), Federazione delle Chiese Pentecostali oltre che dall'Unione Italiana Induista.

La ricerca si riferisce anche ad alcuni programmi di approfondimento, Uno Mattina (Rai Uno); Giorni d'Europa (Rai Uno); Speciale Tg1 (Rai Uno); La Vita in Diretta (Rai Uno); Primo Piano (Rai Tre), dal 2004 al 2006, si è registrato un aumento dell'accesso in voce di numerosi esponenti di confessioni religiose, ma la sproporzione tra Chiesa cattolica e le altre confessioni resta abnorme, con percentuali che si attestano tra il 96 e il 99% per gli esponenti cattolici e tra l'1 e il 4 % per quelli delle altre religioni.

"Nessuna ostilità nei confronti della Chiesa Cattolica, né nei confronti dei giornalisti Rai", ha tenuto a sottolineare Domenico Maselli, presidente della Fcei nel corso della conferenza stampa, "ma la denuncia di un deficit religioso allarmante, sintomo di un provincialismo culturale che sta investendo il nostro paese e che i dati della ricerca rilevano per il triennio dal 2004 al 2006 e soltanto per le reti televisive Rai ma che, se esteso alle Tv private, alle Radio e alla carta stampata - ha aggiunto Maselli - darebbe gli stessi risultati".

Secondo Anna Maffei, presidente dell'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia, "i giornalisti dovrebbero cercare sempre nuovi interlocutori, e dare spazio alle voci meno rappresentate e talvolta soffocate per via di un'opinione scomoda o semplicemente diversa, come quelle delle minoranze religiose; tra gli operatori dell'informazione - sottolinea la Maffei - c'è invece una diffusa pigrizia che porta a contattare sempre le stesse persone".

I rappresentanti delle comunità religiose non cattoliche lamentano, inoltre, una generale e diffusa carenza di pluralismo dell'informazione sui temi etici nel nostro Paese. Per questa ragione, l'obiettivo dell'esposto non è soltanto quello di garantire ai diversi soggetti confessionali di essere rappresentati e di poter esercitare il diritto all'informazione su tematiche prettamente religiose, ma è anche quello di assicurare il diritto dei cittadini ad essere informati sui diversi punti di vista, su tematiche non esclusivamente di carattere teologico-religiose, come ad esempio, la criminalità, la guerra in Iraq, la democrazia, il carcere, la prostituzione, l'eutanasia, per citarne solo alcune, emerse proprio dai dati della ricerca.

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