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1988 - IL DECLINO DELLA POLITICA

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Avanza il disfacimento del sistema politico italiano segnato, nel 1988, dalla conflittualità tra Dc e Psi (meglio: tra De Mita e Craxi), da scandali di corruzione, come quello - scoppiato in febbraio - delle "Carceri d’oro" (si dimetterà il segretario del Psdi Nicolazzi, accusato di aver intascato bustarelle per la costruzione di alcune carceri); o in novembre, quello delle "Lenzuola d’oro" (le lenzuola di carta per le cuccette ferroviarie, pagate a prezzo altissimo, come fossero di seta: l’intero consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato, con il suo presidente, l’ex parlamentare Dc Ludovico Ligato, è costretto a dimettersi). Il 16 aprile, uno stretto collaboratore di De Mita, Roberto Ruffilli, viene ucciso dalle Br nella sua casa di Forlì. Pochi giorni prima, il 13 aprile, De Mita aveva varato il suo primo governo e Ruffilli, docente di Scienze politiche a Bologna e responsabile della Dc per i problemi dello Stato, aveva avuto parte rilevante nella preparazione del programma. De Mita subentra ad un suo "uomo", Giovanni Goria, il cui esecutivo era caduto l’11 marzo a causa della scelta di mantenere aperta la centrale nucleare di Montalto di Castro (Vt), nonostante le proteste di ambientalisti e cittadini.

La vita del Paese è scossa da una serie di attentati della mafia, uscita dalla "tregua" che aveva caratterizzato il periodo del maxiprocesso. Cosa Nostra reagisce con forza alle pesanti sentenze inflitte ai suoi uomini: il 12 gennaio muore assassinato da due sicari l’ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, che aveva cercato di mettere in discussione il sistema degli appalti al Municipio del capoluogo siciliano ed era stato tra i nemici di Salvo Lima e Vito Ciancimino. Ancora a Palermo, il 25 settembre, la mafia uccide il presidente della I Sezione della Corte d’appello Antonino Saetta con il figlio Stefano. Si era occupato di importanti processi di mafia. Ucciso (26/9) anche l’ex dirigente di Lotta Continua Mauro Rostagno, responsabile di una comunità di recupero per tossicodipendenti e, attraverso un’emittente televisiva locale - la Rtc -, protagonista di ripetute denunce delle collusioni tra mafia e politica locale. Il delitto restò impunito. Parallelamente, il clima intorno ai magistrati più impegnati nella lotta a Cosa Nostra si fa "freddo". Il 19 gennaio 1988, il plenum del Csm nomina Antonino Meli alla carica di consigliere istruttore del tribunale di Palermo (al posto del dimissionario Antonino Caponnetto), preferendolo a Giovanni Falcone. Ad agosto, un nuovo schiaffo a Falcone: Il Csm gli preferisce Domenico Sica per la carica di Alto Commissario per la lotta alla mafia. A Palermo, intanto, prende avvio un esperimento inedito: a metà anno, al governo della città va una coalizione fatta da Dc, indipendenti cattolici del movimento "Città per l’uomo", verdi, Psdi e indipendenti di sinistra. Il sindaco è un democristiano di sinistra, Leoluca Orlando, tra le ire di Craxi (tagliato fuori) e della destra democristiana. Molti, anche dentro il mondo cattolico siciliano, auspicano l’ingresso in giunta del Pci.

Già, il Pci. Nell’88 Alessandro Natta, colpito da un lieve infarto, viene estromesso dalla guida del partito dal tandem Occhetto-D’Alema. Segretario, in giugno, diventa Occhetto, il quale comincia il processo di trasformazione del Pci che, alle amministrative del 29 maggio, era intanto crollato di 4 punti percentuali, mentre al nord montava il fenomeno Lega. Anche in Cgil le acque sono agitate e la segreteria di Pizzinato è in piena crisi, anche a causa del grosso seguito che ottiene il neonato sindacalismo di base, che organizza scioperi a ripetizione in molti comparti, specie ferrovie e scuola.

Nella Chiesa prosegue invece a spron battuto la repressione wojtylian-ratzingeriana. A giugno vengono destituiti dall’insegnamento universitario i gesuiti José Maria Castillo e Juan Antonio Estrada, mentre al claretiano Benjamin Forcano viene tolta la direzione di Mision Abierta. Con la costituzione apostolica Pastor bonus (28 giugno) il papa riorganizza la Curia romana, conferendole maggiori poteri rispetto agli episcopati nazionali ed ai Sinodi. "Richiamato" anche mons. Pedro Casaldaliga, di São Felix do Araguaia (Brasile) per la sua vicinanza alla Teologia della Liberazione. Per maggiore tranquillità, il 1° luglio la Cdf pubblica la "Professione di fede" e il "Giuramento di fedeltà" da prestare quando si riceve un incarico da esercitarsi in nome della Chiesa. Nella lettera apostolica Mulieris dignitatem (15 agosto) il papa riafferma il no all’ordinazione sacerdotale della donna. Ma quell’anno il papa (solo però dopo innumerevoli tentativi di riconciliazione) batte anche un colpo "a destra": a giugno viene scomunicato il vescovo tradizionalista Marcel Lefebvre. La Chiesa "altra" tiene vivo il dibattito sull’ora alternativa alla religione nella scuola, si batte (Pax Christi in testa), in un’ideale staffetta con il movimento di Comiso, contro l’arrivo dei cacciabombardieri americani F16 in Calabria (a Crotone e Gioia del Colle), ma piange la perdita di Carlo Carretto (4 ottobre).

Uno sguardo sul mondo. A Panama, il 26 febbraio, golpe del generale Manuel Noriega. Il 9 maggio, alle presidenziali francesi, ri-vince il socialista Mitterand. Il 29 maggio, storica visita di Reagan in Russia per un vertice con Gorbaciov. Alla fine, molta scenografia, pochi risultati. Il 9 novembre, dopo 8 anni, Reagan lascia la Casa Bianca a George Bush, già suo vicepresidente. Il 29 dicembre, dopo 8 anni e 1,5 milioni di morti, finisce la guerra tra Iran e Iraq.  (valerio gigante)

PIETRO SCOPPOLA DENUNCIA LE CAMPAGNE DIFFAMATORIE DEL "SABATO"

 

18968. ROMA-ADISTA. La fotografia a tutta pagina di un illustre cattolico italiano, l’on. Giulio Andreotti, è stata scelta dal settimanale ciellino Il Sabato come spot pubblicitario per convincere i lettori a rinnovare l’abbonamento 1988. Perché? Perché Giulio Andreotti - è scritto a grandi lettere nella stessa pagina - "è tra gli abbonati del Sabato 1988. Perché sul Sabato parleremo di Lui, dei suoi nemici, dei suoi amici. Come prima e più di prima".

E per mantenere fede a questo solenne impegno il primo numero dell’anno del Sabato ha affondato uno dei suoi consueti attacchi diffamatori contro il prof. Pietro Scoppola, cattolico anche lui, ma non affidabile come Andreotti, anzi reo di aver deturpato il volto cattolico d’Italia e in odore di eresia protestante. L’ultimo pretesto è quello della nomina del prof. Andrea Riccardi (della comunità di S. Egidio), sostenuta dal prof. Scoppola, alla cattedra di Storia del cristianesimo all’Università romana "La Sapienza" (vedi Adista n. 3/88). La vicenda è stata raccontata da II Sabato (n. 1/88) in modo da fare apparire il prof. Scoppola come uno che, d’intesa con il rettore, il prof. Talamo, di area comunista, precisa il giornale ciellino, e con raccomandazioni ecclesiastiche, traffica a favore di pupilli incompetenti, e, quel che è peggio, promuove "un progetto culturale e didattico di matrice marxista e anticristiana". Il prof. Scoppola ha perso la pazienza ed ha scritto al direttore del Sabato una lettera che,in parte, ha anticipato alle agenzie.

"È proprio l’aspetto ridicolo delle accuse che mi vengono rivolte - scrive Scoppola - e la disinformazione di cui sono condite che rende chiaro il senso e l’intento dell’articolo comparso sul suo giornale: quello di diffamarmi sul piano morale di fronte ai suoi lettori.

In una libera interpretazione del recente passato della storia italiana, che non aveva nulla di una seria ricostruzione storica, comparsa sulle pagine del suo settimanale fra la fine di agosto e la fine di settembre, tutta la cultura cattolica italiana non legata al movimento di Comunione e Liberazione è stata in varia misura coinvolta in un perentorio giudizio di condanna. Sono stato naturalmente coinvolto anche io in quel giudizio, per la piccola parte che ho avuto in quelle vicende e presentato, a fianco ad uomini di prestigio morale, intellettuale e religioso di un Giuseppe Lazzati, come corresponsabile di una fantomatica ‘corrosione protestante’ del cattolicesimo italiano. Ora, evidentemente, l’aggressione ideologica, anche rozza, non è più sufficiente al suo Settimanale e si passa alla diffamazione morale. Dopo avermi presentato ai lettori del Sabato come un cattolico poco affidabile, si vuole convincerli che sono anche moralmente squalificato.

Dove vuole arrivare il suo giornale, Signor Direttore? Quali altri cattolici si propone di aggredire, quali gruppi, quali movimenti? Quale nuova campagna giornalistica sta meditando? Quale obiettivo politico persegue? Quale mandato ha avuto e da chi per atteggiarsi, di fatto, a interprete e giudice del cattolicesimo italiano? Il settimanale, del quale Ella, Signor Direttore, voleva fare, agli inizi, una voce di tutti i cattolici italiani sembra ormai ispirarsi, nella sua campagna contro gli ‘altri’ cattolici - a quella spregiudicata massima che guidò la campagna anticlericale nella Francia della Terza Repubblica: ‘diffamate, diffamate, qualcosa resterà’. Le pare, Signor Direttore, che questo stile risponda alle esigenze minime, non dirò della coscienza cristiana, ma della correttezza giornalistica? Non varrebbe la pena di tentare un onesto confronto di idee, piuttosto che continuare all’infinito questa sterile polemica? (...)".

(da Adista n. 4/88)

 

 

CARLO CARRETTO: LA FORZA DEL SILENZIO, IL CORAGGIO DELLA PAROLA

 

19919. ROMA-ADISTA. Fratel Carlo Carretto ha chiuso la sua vita terrena nel suo eremo di S. Girolamo a Spello nella notte di martedì 4 ottobre, festa del Santo d’Assisi del quale era stato appassionato biografo. Il silenzio e la parola costituiscono la costante testimonianza profetica di Carlo Carretto: il silenzio e l’esilio nel deserto, quando la gerarchia ecclesiastica italiana e alcuni leader del laicato restringevano gli spazi della profezia evangelica; il coraggio della parola, gridata con libertà e limpidezza, quando erano in gioco scelte cruciali nella vita del paese e della comunità cristiana.

Con la morte di fratel Carlo, Adista perde un grande Amico, un sincero estimatore e un generoso collaboratore prodigo di consigli ed incoraggiamenti. Oggi lo ricordiamo riproponendo ai nostri lettori l’ultima dichiarazione rilasciataci nel febbraio dell’anno scorso dal suo letto di ospedale. Ci sembra l’ultima limpida testimonianza di fede e di coraggio di un uomo fedele alla chiesa e all’umanità.

 

Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!

Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!

Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello.

Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.

No. Non posso liberarmi di te. Perché sono te, pur non essendo completamente te.

E poi, dove andrei? A costruirne un’altra?

Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti. perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò sarà la mia Chiesa, non più quella di Cristo. Sono abbastanza vecchio per capire che non sono migliore degli altri.

L’altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi, non è più credibile". Mi fa pena!

O è un sentimentale che non ha esperienza e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.

Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra.

San Francesco urlava: "Tu mi credi santo, e non sai che posso ancora avere dei figli con una prostituta, se Cristo non mi sostiene".

La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo.

Degli uomini è la debolezza e semmai la buona volontà di fare qualcosa di buono con l’aiuto della grazia che sgorga dalle vene invisibili della Chiesa visibile.

Forse che la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma? (...)

Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo papa. Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.

No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una pietra così debole, perché ne fonderei un’altra su una pietra ancora più debole che sono io. (...)

Ma poi c’è ancora un’altra cosa che è forse più bella. Lo Spirito Santo, che è l’Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.

Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.

È come se il male non avesse potuto toccare la profondità metafisica dell’uomo. È come se l’Amore avesse impedito di lasciare imputridire l’anima lontana dall’amore.

"Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi, e continua: "Ti ho amato di amore eterno, per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Ger 31,3-4)

Ecco, ci chiama, "vergini" anche quando siamo di ritorno dall’ennesima prostituzione nel corpo nello spirito e nel cuore.

In questo, Dio è veramente Dio. Cioè l’unico capace di fare le "cose nuove". Perché non m’importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, e più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.

E questo è il lavoro di Cristo. E questo è l’ambiente divino della Chiesa. Volete voi impedire questo "far nuovi i cuori", scacciando qualcuno dall’assemblea del popolo di Dio?

O volete voi, cercando altro luogo più sicuro, mettervi in pericolo di perdervi lo Spirito?

fratel Carlo Carretto

(da Adista n. 72/88)

 

 

 

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