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1999 - IL PRIMO GOVERNO GUIDATO DALLA SINISTRA VA ALLA GUERRA

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

L’anno si apre con l’annuncio di D’Alema che il governo candiderà Prodi alla presidenza della Commissione europea. Coscienza sporca, forse. Più probabilmente il desiderio di liberarsi di un avversario politico, che, insieme a Di Pietro e al movimento dei sindaci ("Cento città") sta dando vita ad una nuova formazione politica, "I democratici". In cerca di legittimazioni, D’Alema l’8 gennaio è da Giovanni Paolo II, primo presidente del Consiglio post-comunista a far visita ad un papa in Vaticano. Ma la benedizione D’Alema la riceve oltreoceano, dagli Usa (dove il presidente Clinton scampa all'impeachment per falsa testimonianza e ostruzione della giustizia nel caso Monica Lewinsky) e dalla Nato. Dopo due mesi di permanenza come "sgradito" ospite (e malgrado gli articoli 10 e 26 della Costituzione italiana, che regolano il diritto d'asilo e vietano l'estradizione passiva in relazione a reati politici), il 16 gennaio il leader del Pkk Abdullah Öcalan è costretto a lasciare l'Italia. Catturato il 15 febbraio dagli agenti dei servizi segreti turchi (e Usa) in Kenya e portato in Turchia, viene condannato a morte (poi convertita in ergastolo). Ma le quotazioni internazionali di D’Alema salgono soprattutto in occasione della crisi del Kosovo, con la regione che reclama l’indipendenza dalla Federazione Jugoslava. Il 6 marzo comincia a Rambouillet e poi a Parigi una "Conferenza di pace" che dovrebbe scongiurare la guerra, ma la trattativa è a senso unico e la delegazione serba abbandona presto i lavori, dichiarando di non accettare l’indipendenza del Kosovo mascherata da autonomia. Il segretario di Stato Usa, Madeleine Albright, si era infatti impegnata già in febbraio a garantire ai kosovari, entro tre anni, il distacco dalla Federazione Jugoslava (inoltre, nell’appendice alla parte militare dell'Accordo si prevedeva, di fatto, l'occupazione militare dell'intera Federazione Serba da parte della Nato). La Nato non fa nulla per evitare la guerra. E, quando decide di scatenarla, il governo D'Alema autorizza l'utilizzo dello spazio aereo italiano. È il primo intervento militare italiano a carattere offensivo dal 1945. Da Aviano e dalle altre basi Nato italiane prendono il volo i caccia che bombardano la Serbia. In alcuni casi, con uranio impoverito. Pdci e Verdi minacciano di uscire dal governo. Ma alla fine restano per «vigilare». E siccome il governo è "di sinistra", oltre alle bombe, il 29 marzo, approva la missione ''Arcobaleno'' a favore dei profughi. Tra le "imprese" della Nato, il bombardamento della 'Rts', la televisione di Stato (23 marzo), e dell'ambasciata cinese a Belgrado (8 maggio). Il 13 maggio, intanto, Carlo Azeglio Ciampi è eletto presidente della Repubblica al primo scrutinio. Marini, in virtù dell’accordo con D’Alema siglato l’anno prima (che prevedeva un ex comunista a Palazzo Chigi e un popolare al Quirinale), candida Rosa Russo Iervolino. Ma alla fine, proprio grazie alla mediazione di D’Alema, il Polo converge su Ciampi. Mentre sulla scena politica rispuntano le Brigate Rosse, che il 19 maggio uccidono a Roma Massimo D’Antona, consulente del ministro Bassolino, la maggioranza scricchiola. E l’Udr si sfascia: è rottura infatti fra Buttiglione e Mastella: il primo torna tra le braccia del Polo e ricostituisce il Cdu; l’altro (23 maggio) fonda l’Udeur (Cossiga aveva lasciato il partito in febbraio). Il 13 giugno, alle elezioni europee, Forza Italia torna il primo partito, la lista di Emma Bonino ottiene più dell'8%, i Democratici il 7,7. Batosta per Verdi e Popolari: il portavoce dei Verdi, Luigi Manconi e il segretario del Ppi Marini si dimettono. Due buone notizie: non raggiunge il quorum (49,6%) il referendum per abolire la parte proporzionale della legge elettorale; il 25 agosto, il ministro della Giustizia Diliberto riporta in Italia Silvia Baraldini, detenuta negli Usa dal 1982. Cala invece per sempre il sipario su uno dei tanti misteri italiani: Andreotti (25 settembre) è assolto al processo per l’omicidio Pecorelli. A dicembre, in perfetto stile Prima Repubblica, D’Alema apre una crisi di governo "pilotata" e succede a se stesso: nel suo secondo esecutivo (22 dicembre) i Democratici rimpiazzano i "cossighiani". L’anno si chiude con l’eco della clamorosa protesta organizzata a Seattle da centinaia di migliaia di persone contro il Vertice del Wto. È il battesimo del movimento altermondialista.

Nella Chiesa, solito attivismo ratzingeriano: il prefetto vola (febbraio) negli Usa per criticare la Chiesa locale per un certo cattolicesimo light e dare disposizioni sul ruolo dei teologi nelle università cattoliche; la Cdf boccia tutte le proposte di cambiamento del "Dialogo per l'Austria", un pacchetto di richieste della Chiesa austriaca in materia di contraccezione, comunione ai divorziati risposati, clero uxorato; ai religiosi statunitensi suor Jeannine Gramick e p. Robert Nugent vieta "permanentemente ogni attività pastorale in favore delle persone omosessuali", perché i due non condannano "la malizia intrinseca degli atti omosessuali". Da parte sua, il papa obbliga di fatto i vescovi tedeschi a ritirarsi dal sistema statale dei consultori dai quali, per legge, ogni donna che voglia abortire deve ottenere il certificato di avvenuta consulenza; e il card. Ruini scrive alla neo presidente dell’Ac, Paola Bignardi, mettendola sotto "tutela". Ma il 10 marzo, la Bignardi, in un’intervista all’Unità, apre alle coppie di fatto. Apriti cielo: Ruini la costringe ad un’intervista riparatrice e la Bignardi smentisce tutto. La sinistra cristiana perde due colonne: Mario Gozzini e Livio Labor. E la Chiesa di base piange la scomparsa di Martino Morganti (valerio gigante)

 

DON VITALIANO DELLA SALA: CHE CORTESIA DEVE MAI RICAMBIARE IL CARD. SODANO?

 

29706. AVELLINO-ADISTA. È vero che gli appelli in difesa dei diritti umani sono giusti in linea di principio, ma "di tutti gli uomini, non solo di quei potenti che si dichiarano ‘cattolicissimi’ e che hanno in dispregio la vita umana degli ‘altri’". In una lettera aperta al card. Angelo Sodano, segretario di Stato vaticano, don Vitaliano Della Sala, parroco a Sant'Angelo della Scala, condanna l'interessamento diplomatico della Santa Sede per Pinochet, un gesto che farebbe pensare che Sodano, all'epoca nunzio in Cile, "abbia quasi da ricambiare qualche cortesia al vecchio dittatore". Di seguito il testo integrale della lettera.

 

Signor Cardinale,

in questi giorni i mass media hanno divulgato la notizia che il Vaticano ha perorato presso la Camera dei Lord d'Inghilterra la causa di Pinochet, invitando il Regno Unito a non concedere l'estradizione in Spagna dell'ex dittatore cileno. Richiesta avanzata sulla base di motivazioni umanitarie e in considerazione della salvaguardia della stabilità politica e civile del Cile. Gli appelli umanitari e ogni tentativo praticato per evitare fratture e spaccature nella vita civile sono sempre giusti in linea di principio. A volte, però, non sono altrettanto opportuni e finiscono per apparire come prese di posizione che fanno pericolosamente inclinare dalla parte sbagliata la bilancia della giustizia e della verità. Non si può dimenticare che in Cile la democratizzazione del Paese che ha fatto seguito agli anni bui della dittatura è avvenuta senza passare per l'accertamento inequivoco delle responsabilità e senza che fossero saldati i conti con la giustizia. Né ci sono garanzie che, se Pinochet facesse ritorno in Cile, lì verrebbe sottoposto a un giusto processo. Va ancora aggiunto che né la Gran Bretagna né la Spagna sono regimi antidemocratici che non offrono garanzie di imparzialità giuridica e trattamento umano dei processati.

Perché dunque spezzare una lancia a favore di un ex dittatore, quando un gesto del genere non può che apparire di parte? Mi viene da pensare che Lei, Nunzio apostolico in Cile mentre Pinochet sterminava senza alcun riguardo "umanitario" oppositori del regime e non solo, abbia quasi da ricambiare qualche cortesia al vecchio dittatore. Non ricordo che mi sia mai giunta all'orecchio alcuna Sua perorazione presso Pinochet, in quei frangenti vergognosamente noti della dittatura, in favore delle persone rinchiuse nello stadio di Santiago, dimenticate nelle camere di tortura o fatte sparire per sempre.

Il documento del papa per la giornata della Pace di que-st'anno inizia dicendo che non c'è pace vera senza il rispetto dei diritti umani. Di tutti gli uomini, Reverendissima Eminenza, non solo di quei potenti che si dichiarano "cattolicissimi" e hanno in dispregio la vita umana degli "altri". E, allora, o i documenti e i pronunciamenti dei vescovi e del papa sono chiacchiere, o la Curia romana non è in sintonia con il pontefice, o l'interessa-mento vaticano per Pinochet è un errore diplomatico che richiede le Sue dimissioni. Sono un parroco di un minuscolo paese di montagna e so che come ogni cristiano non conto nulla; però, ogni sera, la recita del Magnificat mi ricorda che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.

In comunione e con filiale franchezza

don Vitaliano Della Sala

(da Adista n. 17/99)

 

MONS. SEPE SPIEGA I VANTAGGI "SPIRITUALI" DELLA "CARTA DEL PELLEGRINO"

 

29751. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Quello del 2000 indetto da Karol Wojtyla sarà il primo grande Giubileo che viaggerà quasi del tutto sulle autostrade dell'informatica più sofisticata e avveniristica: preghiere, cerimonie, spettacoli, maxiraduni, albergamento dei pellegrini nelle case religiose, instradamento negli itinerari indulgenziali, accesso dei pullman nel grande parcheggio extraterritoriale e quant'altro fa Giubileo, sarà meticolosamente programmato su un maxisistema informatico che la S. Sede sta già approntando per la tranquillità dei pellegrini. Se qualche timore turba i prelati preposti all'organizzazione, esso si riferisce soltanto ai possibili ritardi del Comune di Roma nella "consegna" delle grandi strutture viarie attorno a San Pietro.

Le informazioni alla stampa sono state fornite nella sala stampa della S. Sede da Luca de Mata che sta curando il grande sito internet del Giubileo, da Francesco Silvano, manager a capo delle telecomunicazioni e informatizzazioni giubilari, dall'arci-vescovo Crescenzio Sepe che, avendo già in precedenti comunicazioni chiarito la dimensione spirituale e religiosa del Giubileo, si è riservato di delucidare anche il significato "spirituale" della "Carta del pellegrino"! L'arcivescovo ha rimproverato i giornalisti che su questa Carta hanno scritto "in forma lacunosa e imprecisa". Unico scopo della Carta - ha precisato - è "quello di aiutare il pellegrino a vivere nel miglior modo possibile la dimensione spirituale del Giubileo e a guidarlo nel suo cammino di riconciliazione con Dio e con i fratelli". Per questo - ha aggiunto - la Carta è "indispensabile" se il pellegrino vuole evitare "il pericolo di trovarsi sballottato da mille situazioni e imprevisti che potrebbero turbare la sua tranquillità di spirito". Ed è talmente "indispensabile" da essere l'unica "certezza" di poter partecipare agli eventi previsti dal calendario del Giubileo. Mons. Sepe ha tenuto a rispondere a quanti "erroneamente", con "interpretazioni prive di fondamento", hanno scritto che per partecipare alle celebrazioni bisogna pagare. Non è vero - ha detto il prelato - la partecipazione è gratuita, ma la Carta (che si paga, ndr.) "è il mezzo più sicuro di partecipazione. È un po' come succede per chi vuole viaggiare in treno. Chi si prenota, è sicuro del posto... chi invece non si prenota, corre il rischio di non trovare il posto o di viaggiare in piedi". (...).

(da Adista n. 25/99)

 

PAX CHRISTI: VESCOVI ITALIANI, CONDANNATE APERTAMENTE LA GUERRA

 

29785. BISCEGLIE-ADISTA. Una lettera a tutti i vescovi italiani per invitarli ad "uscire allo scoperto" nell'aperta condanna della guerra. È l'ultima iniziativa di Pax Christi, che riprende l'accorato appello lanciato da don Tonino Bello, il compianto vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi Italia, in occasione della guerra del Golfo: "Se tacciamo noi, eredi della profezia di Cristo, chi si assumerà il compito di dire alla terra che, scivolando sui binari che ha imboccato, corre inesorabilmente verso la sua distruzione?". "Attraversiamo - si legge nella lettera - un momento drammatico per le nostre coscienze di uomini, di donne, di cristiani per un conflitto che, come tutte le guerre, è iniziato con asserite motivazioni di diritto e giustizia e chiara affermazione di limiti ben precisi e si sta avvitando invece in una spirale di violenza crescente e di inaudite sofferenze di popoli interi". Di fronte al "crescente disorientamento" e all'"erosione progressiva della speranza", Pax Christi sottolinea "l'esigenza di una parola forte, calda che ci aiuti a leggere la realtà che attraversiamo e restituisca fiducia e speranza in un futuro possibile". Al di là dello "straordinario magistero" papale, da Pio XII all'attuale pontefice, quello di cui si sente bisogno, secondo Pax Christi, è la "voce più vicina dei nostri pastori", di "quelli che incontriamo nelle nostre assemblee liturgiche e nella vita quotidiana". Da qui la richiesta a tutti i vescovi italiani "di uscire allo scoperto, abbandonando tante pur comprensibili prudenze e opportune circospezioni, dettate dalle logiche umane. Pensiamo che nessuna neutralità è possibile in presenza di una eredità come quella di Gesù".

Quello rivolto ai vescovi non è del resto l'unico appello lanciato da Pax Christi. Al termine del convegno "Primo: gli ultimi. Il Vangelo della Pace nella testimonianza di La Pira, Milani, Balducci", che Pax Christi ha organizzato a Firenze il 10 e l'11 aprile, è stato emesso un documento in cui, ribadendo con don Lorenzo Milani che "l'obbedienza non è più una virtù", si chiede "a tutti i militari, anche quelli della Nato, soprattutto se credenti in Cristo, di interrogare la propria coscienza se sia lecita moralmente la partecipazione alle azioni di guerra"; "ai cappellani militari di valutare se il loro ministero esprima fedeltà al Vangelo della Pace"; "alla Chiesa italiana e alle singole comunità cristiane di ispirarsi alla parresia (franchezza evangelica) di cui La Pira, Milani e Balducci possono definirsi maestri per condannare senza mezzi termini la guerra ed affermare il valore della nonviolenza attiva". Una richiesta è stata avanzata anche al governo italiano e ai Paesi dell'Unione Europea affinché venga offerta "ospitalità e legittimazione a quanti, rifiutandosi di impugnare le armi, abbandonano le file dell'UCK o delle forze armate serbe".

(da Adista n. 31/99)

 

 

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