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2005 - LA MORTE DI WOJTYLA: L'ULTIMO SPETTACOLO

Tratto da: Adista Notizie n° 2728 del 05/04/2008

Il papa muore, e la sua morte si trasforma nell’ultimo evento mediatico del suo pontificato. Il più grande, sotto l’abile regia della Curia che, passo passo, organizza la mobilitazione, chiamando a raccolta i fedeli, attraverso bollettini medici sempre più preoccupanti ed estenuanti maratone televisive, sull’agonia del papa, culminata, la sera del 2 aprile, con la morte annunciata in diretta in una piazza S. Pietro gremita. E se, ai funerali del papa (8 aprile), un’altra abile regia lo invoca "santo subito", un Conclave espressione di una Chiesa impaurita e disorientata sceglie (19 aprile) la transizione nella continuità, eleggendo Joseph Ratzinger, architrave dottrinale del pontificato wojtyliano. E che nulla debba cambiare lo dimostra la Notificazione della Cdf contro il teologo gesuita Roger Haight (febbraio); la rimozione (maggio) di un altro gesuita, Thomas Reese, dalla direzione del settimanale America; l’Istruzione della Congregazione per l'Educazione che (novembre) esclude i gay dal sacerdozio. La Chiesa italiana, sotto la guida di Ruini, è frattanto impegnata nel referendum sulla legge 40 (che il capo della Cei ha contribuito a scrivere). Ruini chiama i cattolici all’astensione: "Sulla vita non si vota". Un diktat che suscita polemiche nel mondo laico e tra i "cattolici adulti", ma che - grazie ad un astensionismo che da diversi anni caratterizza tutti i voti referendari - risulta vincente. A votare (12 e 13 giugno) non va infatti neanche il 26% degli aventi diritto.

Se il clima politico torna a surriscaldarsi non è solo per il referendum. Comincia infatti la lunga maratona elettorale: ad aprile ci sono le elezioni regionali; ma, soprattutto, si avvicinano le politiche del 2006. E mentre Berlusconi evoca (16 gennaio) "miseria, terrore, morte" nel caso in cui la sinistra dovesse andare al governo, nei Ds (3 febbraio) si rafforza il tandem Fassino-D’Alema che al Congresso (febbraio) vengono confermati segretario e presidente del partito. Prodi, da parte sua, il 16 febbraio presenta la 'Fabbrica': un laboratorio di idee per la realizzazione del programma del centrosinistra. L’idea che la base possa realmente incidere sui contenuti e sugli uomini che guideranno la nuova coalizione è alla base anche delle "primarie" che l’Unione organizza per designare (o investire?) il nuovo leader. Scontato il successo (74%) di Prodi. Scoppia intanto un caso internazionale. Il 4 febbraio 2005 la Jihad islamica rapisce a Baghdad la giornalista Giuliana Sgrena. I servizi segreti italiani, bypassando gli Usa, trattano con i sequestratori e riescono a far liberare l’ostaggio ma, il 4 marzo, durante il trasporto in auto della Sgrena in aeroporto, i soldati Usa sparano e uccidono il funzionario del Sismi Nicola Calipari. Le ricostruzioni statunitensi sostengono che l'auto non si era fermata al posto di blocco procedendo ad alta velocità, ma la tesi viene contestata dalle autorità italiane e dalla stessa Sgrena, la quale afferma che non si trattava nemmeno di un posto di blocco. Il 3 aprile, alle elezioni regionali, il centrosinistra lascia alla Cdl solo Lombardia e Veneto. Il 16 aprile arriva così la crisi di governo. Udc e nuovo Psi escono dall’esecutivo, ma non dalla maggioranza. Il 22 aprile Berlusconi succede a se stesso e vara il suo terzo governo: va via Tremonti, arriva Siniscalco. Ma dura poco. In estate scoppia infatti lo scandalo delle scalate Antonveneta-Bpl-Rcs, che coinvolge il governatore della Banca d’Italia Fazio, il presidente della Banca Popolare di Lodi Fiorani, l’immobiliarista Ricucci, il banchiere Livolsi, il numero uno di Unipol Consorte, il finanziere Gnutti. "Scandalizzato - sono parole sue - per l’immobilismo del governo" nei confronti di Fazio (che si dimetterà solo il 19 dicembre), Siniscalco va via. E torna Tremonti. A novembre scoppia un altro scandalo: il Nigergate. Secondo un’inchiesta della Repubblica, per agevolare Bush nel suo tentativo di giustificare la guerra, il Sismi avrebbe consegnato alla Cia falsi documenti per provare l'importazione di uranio dal Niger da parte dell'Iraq di Saddam Hussein. Palazzo Chigi smentisce. E Berlusconi arriva a dire di aver addirittura provato a convincere Bush che la guerra non era la soluzione migliore. Lo stesso mese, il centrodestra mette a segno tre colpi: approva definitivamente il progetto di riforma della Costituzione (da ratificare con un referendum popolare); la legge ex Cirielli (sconfessata dal suo stesso estensore), che facilita la prescrizione dei reati; e il "porcellum", una legge elettorale per limitare i danni della futura sconfitta. Sulla scena internazionale, mentre Abu Mazen è eletto nuovo presidente dell’Anp, in Israele Sharon vara un governo di unità nazionale con i laburisti, inizia lo sgombero di alcuni insediamenti dai Territori Occupati e esce dal Likud per fondare un partito più moderato (il 26 aprile, intanto dopo 29 anni di presenza in Libano, si completa il ritiro degli ultimi soldati siriani). Un grave attentato compiuto da 4 kamikaze legati ad Al Quaida colpisce il 7 luglio la Gran Bretagna, causando 56 morti e oltre 700 feriti. Il 2005 è anche un anno elettorale. In Portogallo (20 febbraio), per la prima volta dal ‘74, i socialisti conquistano la maggioranza assoluta dei seggi. Nel Regno Unito (5 maggio) Tony Blair ottiene un terzo mandato da Primo Ministro. Al referendum confermativo i francesi (29 maggio) bocciano la Costituzione europea. Lo stesso (1 giugno) fanno gli olandesi: dopo anni di lavoro e polemiche infinite, è tutto da rifare. In Albania (3 luglio) torna al potere Sali Berisha. In Germania (18 settembre) sostanziale pareggio tra Cdu e Spd e successivo varo (22 novembre) di un governo di Grosse Koalition guidato da Angela Merkel. In Polonia (25 settembre), affermazione del partito di destra cattolica reazionaria dei gemelli Kaczynski. Ma la vera buona notizia arriva dalla Bolivia, il 18 dicembre: storica vittoria alle presidenziali del candidato del Movimento al Socialismo (Mas), l'indigeno Evo Morales. (valerio gigante)

 

REFERENDUM SULLA LEGGE 40: L’APPELLO DI ADISTA CONTRO L’ASTENSIONE

 

"Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore". Non è forzato, per noi e per molti cristiani, di fronte al referendum sulla procreazione medicalmente assistita questo riferimento alle parole iniziali della Costituzione pastorale sulla Chiesa promulgata "a perpetua memoria" dal Concilio. Perché questa partecipazione in solido alla condizione umana porta necessariamente a partecipare anche alla trasversalità interna a ognuna delle aggregazioni che si creano in base a contrastanti opinioni e opzioni politiche attinenti direttamente all'etica. Non si pone qui la questione di coalizzarsi in un solo schieramento. Compito dei vescovi è indicare valori, non imporre ai credenti scelte che competono alla coscienza e alla fede di ognuno. Ne va della autenticità e credibilità della loro solidarietà umana.

Il cristianesimo non è mai stato solo potere e lotta fra poteri. Il Vangelo e la profezia hanno incessantemente animato la crescita dell'umanità lungo l'asse dei valori democratici, fra cui il primato della coscienza, il pluralismo, l'etica della responsabilità. Che dire allora di questa chiamata all'ubbidienza verso l'autorità e all'appartenenza ecclesiale in occasione del referendum? Che ne è del primato della coscienza, che ne è del pluralismo, che ne è dell'etica della responsabilità? Che ne è della lettera e dello spirito del Concilio? (...) Se tutti hanno impressa nella loro mente e nel loro cuore la legge di Dio, perché non dare fiducia agli uomini e alle donne? Perché non affidare la ricerca delle soluzioni più giuste al contesto della partecipazione democratica in cui coscienze responsabili si confrontano e infine trovano mediazioni politiche? Perché forzare le coscienze col principio di autorità per fare un fronte politico contrappositivo?

Si obbietta da parte dei vertici ecclesiastici che "I parlamenti che approvano e promulgano simili leggi (quelle che legalizzano l'aborto, ndr) devono essere consapevoli di spingersi oltre le proprie competenze e di porsi in palese conflitto con la Legge di Dio e con la legge di natura" (Giovanni Paolo II, Memoria e identità). È vero che la democrazia non è esente da errori, da ingiustizie e da misfatti anche gravi. La guerra preventiva, ma si può dire la guerra senza aggettivi, è un esempio attuale eclatante che brucia a due anni dall'inizio della guerra contro l'Iraq. Ma la soluzione è il principio di autorità? Quando l'autorità ecclesiastica gestiva, direttamente o indirettamente, il potere civile non ha forse commesso gli stessi errori e misfatti e massacri? No, la soluzione al problema del rapporto fra la legge umana imperfetta e la legge divina perfetta non è l'appello al principio di autorità, non è il ritorno al primato dell'apparte-nenza, non è un nuovo intruppamento dietro il potere che si fa scudo di Dio. La risposta è quella di Gesù: la profezia disarmata, la testimonianza che rifiuta il potere e che allontana da sé la tentazione stessa del potere. (...).

(da Adista n. 38/05)

 

NON CI NEGATE DI ESISTERE. LETTERA APERTA DI PRETI OMOSESSUALI CATTOLICI

 

33136. ROMA-ADISTA. Non abbiamo nulla da nascondere, e voi? La domanda sale dalla lettera aperta che un gruppo di preti omosessuali sottopone alla comunità cristiana e alla gerarchia cattolica che con la recente Istruzione della Congregazione per l'Educazione Cattolica li vorrebbe far scomparire dalla ‘presentabilità' ecclesiastica. (...). Non vogliono avere nulla da nascondere i preti omosessuali che hanno consegnato ad Adista in esclusiva la lettera aperta. E proprio per questo, questa Chiesa li costringe a nascondersi, a celare il loro volto: costretti a chiedere la garanzia dell'anonimato, pur avendo il coraggio di firmarsi a viso aperto nella redazione di Adista.

A firmare la lettera sono 39 preti: 26 diocesani e 13 religiosi, provenienti da tutte le regioni d'Italia (complessivamente 18 diocesi e 6 Istituti religiosi). Di seguito, la lettera integrale.

 

La recente "Istruzione della Congregazione per l'Educa-zione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali" ci spinge a presentare alcune riflessioni a riguardo. Ci rivolgiamo ai fratelli nel sacerdozio, ai Pastori e ai Superiori religiosi, ai consacrati e alle consacrate, agli uomini e donne della società. Siamo dei sacerdoti cattolici con tendenza omosessuale, diocesani e religiosi, e il fatto di essere tali non ci ha impedito di essere buoni preti. Alcuni di noi hanno speso la loro vita in missione, altri sono parroci e pastori d'anime, amati e stimati dalla loro gente, altri ancora vivono il loro sacerdozio nell'insegnamento con dedizione e professionalità. La nostra tendenza omosessuale, come il documento farebbe credere, non è stato un impedimento a far si che la vita del ministro sacro sia animata dal dono di tutta la sua persona alla Chiesa e da un'autentica carità pastorale. La nostra omosessualità non ci mette in una situazione tale da ostacolare gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne come afferma il documento al secondo paragrafo: come uomini e sacerdoti ci sentiamo feriti da questa affermazione assolutamente gratuita. Non abbiamo problemi maggiori degli eterosessuali a vivere la castità, perché omosessualità non è sinonimo di incontinenza, né di istinti irrefrenabili: non siamo malati di sesso e la tendenza omosessuale non ha intaccato la nostra salute psichica né le nostre doti morali e umane.

Il documento definisce determinante per il candidato il fatto che eventuali tendenze omosessuali transitorie siano chiarite e superate tre anni prima dell'ordinazione diaconale. Ora la maggior parte dei preti hanno vissuto il periodo del seminario come un momento sereno dal punto di vista sessuale. Infatti confrontandoci tra noi sacerdoti in varie occasioni, come ritiri o esercizi spirituali, ci siamo resi conto che i turbamenti, per gli eterosessuali come per gli omosessuali, sono venuti dopo, causati non dalla tendenza sessuale, ma dalla solitudine, dalla mancanza di amicizia, dal sentirsi poco amati e, qualche volta, abbandonati dai propri superiori, dai confratelli, dalle nostre comunità. Inoltre, per quanto ci riguarda, vari di noi hanno preso coscienza della loro omosessualità solo dopo l'ordinazione.

Si ha la sensazione che questo documento nasca come reazione ai casi di pedofilia recentemente manifestati, soprattutto nella Chiesa americana e brasiliana: ma la tendenza omosessuale non è assolutamente sinonimo di pedofilia.

Si ha pure un'altra impressione: che si pensi agli omosessuali come necessariamente inseriti in una cultura gaia, esibizionista, pungente, fuori degli schemi, una filosofia di vita che spesso appare agli occhi di molti come contraria ad ogni regola morale, in cui tutto è permesso. Certe manifestazioni del mondo gay nascono come rivalsa da anni di ghetto e di persecuzione in cui è stato imprigionato il mondo omosessuale, ma non tutto il mondo gay condivide tali manifestazioni. In ogni caso nessun di noi assume atteggiamenti stravaganti né accetta un permissivismo edonistico in cui non esistono leggi morali.

Nel documento sembrerebbe che il problema maggiore per poter essere buoni preti sia la tendenza sessuale, per poi sorvolare su certi stili di vita che pur ineccepibili dal punto di vista sessuale, creano scandalo tra i fedeli: ci riferiamo al lusso, all'attaccamento al denaro, alle egemonie di potere, alla lontananza dai problemi della gente. Noi, invece, consideriamo la nostra omosessualità come una ricchezza, perché ci aiuta a condividere l'emarginazione e la sofferenza di tante persone: per parafrasare san Paolo, possiamo farci tutto a tutti, deboli con i deboli, emarginati con gli emarginati. (...)

Quella Chiesa che ha ricevuto il ministero della riconciliazione ha bisogno di riconciliarsi con l'omosessualità, realtà di tanti credenti, figli e figlie di Dio: uomini e donne di buona volontà che hanno il diritto di trovare in essa il tetto della loro anima. (...) Ora, dopo la pubblicazione del citato documento, proviamo maggiore disagio, come se la nostra vocazione non fosse autentica. Ci sentiamo figli abbandonati e non amati da quella Chiesa alla quale abbiamo promesso e dato fedeltà e amore. Ci sentiamo "fratelli minori" in un presbiterio in cui sembra di essere entrati quasi clandestinamente.

(da Adista n. 89/05)

 

 

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