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PRESENTI NEL CUORE DEL PROCESSO LATINOAMERICANO: UNA LEZIONE DAL PASSATO PER LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

Tratto da: Adista Documenti n° 8 del 24/01/2009

DOC-2090. BRASILIA-ADISTA. Se il processo di trasformazione in corso in alcuni Paesi dell’America Latina ha trovato uno sbocco privilegiato nell’approvazione di nuove Costituzioni nazionali, ciò è avvenuto di sicuro con l’opposizione delle gerarchie ecclesiastiche (v. Adista n. 59/08). Dopo i casi del Venezuela e dell’Ecuador, anche in Bolivia, dove il referendum sulla nuova Costituzione si terrà il prossimo 25 gennaio, l’episcopato, pur non esprimendosi apertamente contro come è invece avvenuto in Ecuador (v. Adista n. 69/08), ha ripetutamente espresso svariate riserve sul testo costituzionale, denunciando l’eccessiva concentrazione di potere nell’esecutivo, i rischi per l’autonomia delle province, il disconoscimento del ruolo storico, sociale e culturale della Chiesa cattolica e l’ambiguità di norme che, a giudizio dei vescovi, aprirebbero le porte all’aborto, ai matrimoni tra omosessuali e alla limitazione dei diritti dei genitori.

Ma se i vertici della Chiesa hanno deciso di voltare le spalle alle forze più impegnate sulla via del cambiamento, preferendo allearsi con un’opposizione identificata, in tutti e tre i Paesi citati, con gli interessi di un’oligarchia razzista e oppressiva, cosa stanno facendo i cristiani legati alla Teologia della Liberazione? A porre con forza la questione è il teologo e monaco benedettino brasiliano Marcelo Barros, tra i più impegnati a favore del processo di trasformazione in corso nel continente. Sottolineando come neppure la Teologia della Liberazione abbia mostrato grande interesse nei confronti del nuovo corso latinoamericano – è anzi nota la diffidenza, per non dire l’ostilità, di alcuni teologi che si identificano con la TdL nei riguardi di Hugo Chávez -, Barros invita a un “nuovo radicamento nel processo”, in maniera da elaborare, a partire dalla prassi, “elementi nuovi della Teologia della Liberazione per il processo sociale e politico che si sta sviluppando in America Latina”. A tracciare la strada, ricorda il teologo benedettino, è già stato, del resto, Giulio Girardi, accompagnando i primi passi della rivoluzione sandinista: “La sua opera su cristianesimo e sandinismo (Sandinismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza, Borla, 1986, ndr) potrebbe ispirare oggi l'elaborazione di una nuova opera collettiva su ‘cristianesimo e bolivarianismo’. Non per canonizzare il processo, ma per collaborare con esso e aiutarlo a purificarsi”. Perché, se sono chiari i limiti presenti nel processo latinoamericano in corso, anche perché non può esistere alcun processo sociale e politico perfettamente puro e senza difetti, pure - afferma Barros - non si può negare che, con tutti i loro limiti, le esperienze in corso in diversi Paesi latinoamericani “abbiano rappresentato un servizio nuovo ed efficiente alla liberazione dei più poveri”. Perché allora – conclude il teologo brasiliano – “rifiutarsi oggi di pensare ad una presenza ecclesiale e ad una conseguente teologia” a partire da questi processi?

Di seguito l’intervento di Marcelo Barros, in una nostra traduzione dal portoghese. (claudia fanti)

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