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SE LA LEGGE CONTA PIÙ DELLA VITA DI UNA BAMBINA. TRAVOLTO DALLE CRITICHE IL VESCOVO BRASILIANO DELLA SCOMUNICA

Tratto da: Adista Documenti n° 35 del 28/03/2009

DOC-2119. ROMA-ADISTA. Una valanga di critiche ha sommerso dom José Cardoso Sobrinho, l’arcivescovo di Olinda e Recife che ha dichiarato la scomunica nei confronti della madre della bambina di nove anni stuprata dal patrigno e dei medici che l’hanno sottoposta ad aborto terapeutico (v. Adista n. 31/09). Incassato l’appoggio del card. Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i vescovi, il quale ha ricordato che “per il Codice di Diritto Canonico chi pratica o collabora direttamente all’aborto cade ipso facto nella scomunica” e che “la Chiesa ha sempre difeso la vita e deve continuare a farlo senza adattarsi agli umori dell’epoca o all’opportunità politica”, l’arcivescovo di Olinda e Recife si è visto travolgere però dal biasimo di fedeli, teologi e vescovi fuori e dentro il Brasile, e persino di un esponente vaticano, mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. “Prima di pensare alla scomunica - ha scritto in maniera molto netta mons. Fisichella sulle colonne dell’Osservatore Romano del 15 marzo - era necessario e urgente salvaguardare” la “vita innocente” della bambina “e riportarla a un livello di umanità di cui noi uomini di Chiesa dovremmo essere esperti annunciatori e maestri. Così non è stato e, purtroppo, ne risente la credibilità del nostro insegnamento che appare agli occhi di tanti come insensibile, incomprensibile e privo di misericordia”.

E se i vescovi del Brasile hanno fatto ben poco per restituire un po’ di credibilità a tale insegnamento - esprimendo, sì, totale ripudio per lo stupro e l’abuso e piena solidarietà alla vittima, ma senza prendere apertamente le distanze dal gesto di Cardoso Sobrinho - altri vescovi sono stati molto più espliciti e severi. Dalla Francia, ad esempio, sono giunte le critiche di mons. Gérard Daucourt, di mons. Francis Deniau e di mons. Yves Patenôtre, rispettivamente vescovi di Nanterre, di Nevers e della Mission de France. “Al vescovo di Recife e al cardinale che l’ha sostenuto - ha scritto mons. Deniau - devo dire che non comprendo il loro intervento. Davanti a tale dramma, davanti alla ferita di una bambina stuprata e incapace, anche fisicamente, di portare a termine una gravidanza, c’erano altre cose da dire e soprattutto domande da farsi: come accompagnare, incoraggiare e aiutare ad uscire dall’orrore, a ritrovare il senso e il gusto della vita? Come aiutare la figlia e la madre a risollevarsi? Noi balbettiamo, soprattutto noi uomini, e dobbiamo contare sulle donne per essere lì con la presenza più che con le parole. Condannare, richiamare alla legge per quanto giusta: è questo che non bisogna fare”. Sulla stessa lunghezza d’onda mons. Patenôtre: “Come può essere - ha detto - che davanti a un tale dramma la Chiesa si sia esposta per giudicare e condannare piuttosto che per esprimere compassione e ricondurre alla vita? (...) La brutale decisione di scomunicare è inaccettabile. Non tiene conto né del dramma vissuto né del pericolo fisico e morale corso da questa bambina. (...). Noi lo diciamo fermamente a tutti coloro che sono turbati: non ci riconosciamo in questa misura e chiediamo che sia ritirata il più presto possibile”.

Di seguito l’intervento di mons. Rino Fisichella, la lettera di mons. Gérard Daucourt a Cardoso Sobrinho (la-Croix.com), i commenti di Aisha S. Taylor ed Erin Saiz Hanna, rispettivamente direttrice e vice direttrice della Womens Ordination Conference (pubblicato sul National Catholic Reporter il 12 marzo), della teologa brasiliana Ivone Gebara e dei teologi, anch’essi brasiliani, Eduardo Hoonaert e Frei Betto. (claudia fanti)

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