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NESSUN ALTRO OLOCAUSTO

- Netanyahu paragona Ahmadinejad a Hitler: approccio rozzo e inefficace al problema strategico israeliano

Tratto da: Adista Contesti n° 50 del 09/05/2009

È firmato da Aluf Benn questo articolo pubblicato sul quotidiano israeliano “Haaretz” (23/4/2009). Titolo originale: “The Holocaust is not a cliché”

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha paragonato la minaccia iraniana a Israele al-l’Olocausto, e Mahmoud Ahmadinejad ad Adolf Hitler. Lo ha fatto quando era il leader dell’opposizione e lo ha continuato a fare una volta ritornato al potere. “Non permetteremo a chi nega l’Olocausto di perpetrare un altro Olocausto sul popolo ebraico”, ha dichiarato durante la celebrazione del Giorno della Memoria, all’indomani dell’aggressivo discorso di Ahmadinejad alla conferenza Onu di Ginevra sul razzismo.

Il dibattito politico è pieno di analogie con la Repubblica di Weimar, la seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto che sono già diventate dei clichè. I sostenitori di Israele hanno l’abitudine di paragonare i loro avversari ai nazisti, ed è facile capire il perché. Il pubblico conosce i fatti e sa chi sono i buoni e i cattivi. Si tratta di un paragone esagerato, che viene respinto tanto da destra che da sinistra.

I critici di Israele non sono necessariamente seguaci di Hitler, così come i posti di blocco e le colonie nei Territori non sono il ghetto di Varsavia o Treblinka. Trasformare l’Olocausto in un luogo comune della politica è un segno di mancanza di rispetto per la sua unicità storica e per la memoria delle sue vittime, ma per politici e commentatori è difficile vincere la tentazione.

Il presidente iraniano, con i suoi discorsi pieni d’odio, col suo invocare l’eliminazione del “regi-me sionista” e col suo descrivere l’Olocausto come un mito architettato per danneggiare i musulmani, rispecchia più lo stereotipo del tiranno che quello dei passati nemici di Israele – quali Hajj Amin al-Husseini, gran mufti di Gerusalemme prima della nascita dello Stato, Gamal Abdel Nasser e Yasser Arafat. Gli sforzi dell’Iran di entrare in possesso di armi nucleari e di esercitare un’influenza egemonica sulla regione, il suo attivo sostegno a Hezbollah e Hamas e la tendenza crescente dell’Occidente di cercare di arrivare ad una soluzione pacifica con l’Iran aumentano questo senso di minaccia. Anche se un Iran nucleare potrebbe esitare a lanciare una bomba atomica su Tel Aviv, secondo Netanyahu potrebbe sentirsi abbastanza forte da costringere Israele a piegarsi alle sue richieste e relegarlo così in una situazione di inferiorità strategica.

Non c’è alcun dubbio che questa non sarebbe una situazione piacevole, eppure essa non porterebbe ad una catastrofe nazionale o al genocidio. Anche di fronte ad un nemico deciso e pericoloso come Ahmadinejad, è necessario muoversi con intelligenza e buon senso, senza seminare il panico o provocare una paralisi nazionale. Gli avvertimenti di Nethanyahu su un prossimo secondo Olocausto, uniti alle rivelazioni sull’avanzata fase di elaborazione dei piani di  un possibile attacco alle installazioni nucleari di Natanz, Arak e Isfahan, vengono interpretati come il tentativo di mobilitare l’opinione pubblica interna ed internazionale a favore di un guerra preventiva contro l’Iran. “Se voi non agite, lo faremo noi”, è l’avvertimento che Netanyahu lancia al mondo, ma il mondo non sembra scaldarsi più di tanto. Anzi, ha rilanciato la palla all’ufficio del primo ministro a Gerusalemme.

La retorica di Netanyahu sta così avvicinando Israele al punto in cui non sarà più in grado di tirarsi indietro da una guerra contro l’Iran. Con i suoi discorsi sull’Olocausto, il primo ministro sta bloccando la via di fuga sua e del Paese da un conflitto militare, e sta abbandonando tutte le altre strade possibili. La domanda non è più se Israele possa e debba attaccare, ma se sia possibile non attaccare.

Questo è un approccio diretto e rozzo ad un complesso problema strategico. Il messaggio interno di Netanyahu al suo pubblico è ancora più preoccupante, e potenzialmente demoralizzante. Se il programma nucleare iraniano è il treno che porta ad Auschwitz, cosa faranno gli israeliani e gli ebrei se il piano per bloccarlo fallisce e l’Iran ottiene la bomba? Cosa dovrebbero pensare i giovani quando riflettono sul loro futuro? Se si accetta l’analogia con l’Olocausto per quella che è, la risposta è semplice: dovrebbero rifugiarsi da qualche altra parte. La maggior parte di quelli che si salvarono dall’Olocausto lasciarono l’Europa in tempo, prima della conquista nazista, diretti soprattutto negli Stati Uniti e nella terra di Israele. Se Israele sta affrontando un altro Olocausto, allora Netanyahu dovrebbe chiedere a Barack Obama visti di immigrazioni per sei milioni di israeliani, e non semplicemente un permesso per attaccare l’Iran.

Certo, Netanyahu vuole stimolare la mobilitazione nazionale e non provocare terrore o emigrazioni. Sottolinea che, diversamente dal 1939, gli ebrei hanno uno Stato ed un esercito e la capacità di difendersi, e che il nuovo Olocausto può essere bloccato prima che accada. Ma se la responsabilità del destino dello Stato è nelle sue mani, dovrebbe pensare al significato delle proprie parole.

Se gli israeliani si convincono che la loro esistenza fisica è minacciata e che devono fuggire di fronte al nemico, Ahmadinejad avrà ottenuto il proprio scopo senza bisogno di sparare un colpo. Invece di temere l’Olocausto in casa nostra, Netanyahu deve dimostrare di essere un vero uomo di Stato, capace di gestire la minaccia iraniana e di minimizzarne il danno. n

 

 

 

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