TEOLOGHE, MUSULMANE, FEMMINISTE: IN UN LIBRO, L’ALTRO SGUARDO SULL’ISLAM
Tratto da: Adista Notizie n° 5 del 23/01/2010
35397. ROMA-ADISTA. Siamo abituati a pensare all’Islam come ad una realtà monolitica, compatta, senza sfaccettature, basata su una rigida e incontrastabile ermeneutica coranica da cui discende un’unica realizzazione politica e pericolose ricadute sociali, quali ad esempio una visione della donna relegata ad un ruolo secondario e subalterno. Ma il libro Teologhe, musulmane, femministe di Jolanda Guardi e Renata Bedendo (Effatà Editrice, 2009, pp. 156, 11 euro) sta a dimostrare che non è così, che un altro punto di vista sull’Islam è possibile. Il libro, attraverso un costante richiamo alle fonti principali - il Corano e la sunna costituita dai detti del profeta, il lavoro di diverse teologhe musulmane contemporanee - apre ad un ripensamento dell’identità e del ruolo delle donne nei Paesi islamici e non, e più in generale ad una nuova esegesi del Corano che in parte si richiama “a modelli di interpretazione già consolidati all’interno del mondo musulmano, pur se non prevalenti”.
Una delle parole chiave per la lettura di questo libro è igtihad ossia lo sforzo intellettuale per interpretare la legge, che è peraltro un obbligo collettivo. “Alla base dell’igtihad - scrivono le autrici - c’è l’idea che la legge debba evolversi e muoversi al passo con la realtà sociale”. La situazione è cambiata a partire dall’XI secolo quando si è deciso di chiudere la “porta dell’interpretazione” (bab al-igtihad) e questo ha favorito un progressivo irrigidimento della dottrina e si è imposta, non senza resistenze, l’accettazione acritica della dottrina delle scuole più autorevoli e accreditate. L’impegno delle teologhe contemporanee citate nel testo e di quelle intervistate va verso il ripristino della igtihad e si esprime in una nuova ermeneutica del Corano. Del resto, nella sura Al-Imran (La gente di Imran, III) si parla di versetti chiari e versetti elusivi del testo sacro, senza che venga specificato quali siano, e, come sostiene Penda Mbow, professora associata di Storia presso l’Università di Dakar, “ci sono certamente alcuni passaggi che non sono chiari a tutti e sui quali è possibile applicare la riflessione o utilizzare la ragione per comprenderli”.
Si inserisce in questa linea di pensiero la teologa Asma Barlas, direttora del Centro per gli Studi sulla Cultura, la Razza, e l’Etnia dell’Ithaca College (New York), la quale sostiene che “un’esegesi del Corano che vi legga il principio della superiorità ontologica del maschio e la subordinazione femminile all’uomo – l’idea di inuguaglianza sessuale – sia una lettura illegittima dal punto di vista del contesto”. Il concetto che illumina e sostanzia questa nuova esegesi del Corano è quello del tawhid che la stessa Barlas spiega così: “Dio è uno e nessuno - re, profeta o marito - può reclamare la sovranità oltre Lui. In secondo luogo, Dio è increato e non rappresentabile, tanto meno ‘mascolinizzabile’: una tale concezione è da rifiutare in quanto a-coranica”. La teologa Amina Wadud, professora di Studi Islamici all'Università del Commonwealth della Virginia, va oltre: il tawhid è il principio operativo di equilibrio e armonia cosmica e implica che gli esseri umani, uomini e donne, sono tra loro in rapporto allo stesso livello. Leggendo la sura Al-hugurat (Le stanze, XLIX) si evince che tutti gli esseri umani sono ontologicamente uguali e si distinguono non in base al sesso bensì in base alla qualità morale della propria vita. “Dunque non c’è contraddizione tra essere una musulmana e una femminista se per femminismo si intende il perseguimento di un sistema di genere più equo”.
L’importanza del contributo di questo libro risiede quindi nel dare conto di un fermento del pensiero, sconosciuto ai più sia nei Paesi islamici che al di fuori di essi. Lo sintetizza con efficacia Rafi’a al-Tali, teologa e giornalista dell’Oman: “Io conosco l’Islam, conosco i hadit (detti e comportamenti del profeta, ndr) e so che nel Corano non c’è niente che dica che una donna non può candidarsi alle elezioni o giocare un ruolo in politica o fare qualcosa di uguale agli uomini o persino di migliore o di diverso da loro”. (linda di ianni)
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