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MA I VESCOVI PIEMONTESI INSISTONO SULLA “NON NEGOZIABILITÀ”

Tratto da: Adista Notizie n° 62 del 10/09/2011

36272. TORRE PELLICE (TO)-ADISTA. Le scelte del Sinodo della Chiesa valdese e metodista (v. notizia precedente) non sono piaciute a tutti. Con una nota del 26 agosto scorso, diffusa a «margine del Sinodo» (al quale aveva portato i saluti della Conferenza episcopale italiana il vescovo di Pinerolo, mons. Piergiorgio Debernardi), i vescovi piemontesi hanno ritenuto necessario esprimere «alcune considerazioni». Dopo aver elogiato «l’impegno che la Chiesa valdese e metodista ha sempre avuto nel diffondere la Parola di Dio, nel difendere i diritti degli immigrati e dei perseguitati e nel promuovere una ricca rete di solidarietà», i vescovi passano ai distinguo: «Riteniamo urgente oggi difendere la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna», «non si può stabilire una analogia neppure remota tra unioni omosessuali e il progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia». Anche se, proseguono, «ribadire questo non significa non accogliere, con attenzione, rispetto e premura, fratelli e sorelle che manifestano tendenze omosessuali». Quanto al testamento biologico, i vescovi che «pur ammettendo che ogni legge dello Stato può essere integrata e migliorata», si rigetta «ogni provvedimento che apra la strada a derive eutanasiche». «Ci pare che in questa stagione della storia, soprattutto nel nostro contesto europeo – concludono –, dobbiamo essere uniti tra ortodossi, protestanti e cattolici nell’annunciare con convinzione che quanto Dio rivela e Cristo conferma e porta a compimento, circa i grandi temi della vita dal suo primo istante al suo naturale tramonto e della famiglia fondata sul matrimonio, è certamente la più ragionevole e bella notizia per il futuro dell’umanità».

Un desiderio di unità certamente condiviso come dimostrano le parole della moderatora Bonafede (riconfermata nella sua carica per il settimo e, da regolamento, ultimo anno) a chiusura del Sinodo: «Sbarrare i ponti della comunicazione e del dialogo, anche aspro, non è la soluzione», ha detto. «Non è il tempo di chiudere i ponti, semmai di costruirne e di aprirne. Viviamo in una società che si chiude, che si frammenta, che fatica a immaginare il suo futuro. La nostra Chiesa può dare una testimonianza diversa, di segno radicalmente opposto. L’incontro, il dialogo, l’apertura, l’accoglienza sono elementi fondamentali della nostra predicazione». (i. c.)

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