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FRA IL PO E IL VANGELO. “IL DIO DEI LEGHISTI” SECONDO AUGUSTO CAVADI

Tratto da: Adista Notizie n° 17 del 05/05/2012

36659. ROMA-ADISTA. Alla radice della questione cattolico-leghista – ovvero le relazioni fra cattolicesimo, Chiesa e Lega Nord – c’è un problema teologico che riguarda soprattutto la Chiesa cattolica. Perché se così non fosse, quasi la metà dei militanti dei militanti leghisti – il 39%, secondo le statistiche più recenti – non potrebbe definirsi senza titubanza, anzi con granitica certezza, «cattolico praticante». Dal momento che invece lo fa, senza peraltro essere smentita da nessuna autorità ecclesiastica, significa che la teologia e l’ecclesiologia cattolica, così come viene declinata da qualche decennio, appare pienamente compatibile con le idee e i princìpi di Bossi, Maroni e dei loro seguaci. «È la tradizione cattolica ad aver prodotto le menti leghiste o sono le menti leghiste ad aver stravolto la dottrina cattolica?». Più probabilmente «è stato l’incontro del cattolicesimo mediterraneo tradizionalista con l’egoismo piccolo-borghese ipermoderno a costruire» questa «miscela infernale» catto-leghista.

È la tesi documentata con rigore e illustrata con chiarezza dal filosofo e teologo Augusto Cavadi nel volume, appena pubblicato dalle Edizioni San Paolo, Il Dio dei leghisti (pp. 192, euro 14, acquistabile presso Adista, tel. 06/6868692, e-mail: abbonamenti@adista.it). Rispetto ad altre ricerche sulla relazioni fra Chiesa cattolica e Lega Nord di taglio prevalentemente politico-sociale (v. Adista n. 48/11), Cavadi ha il merito, e la competenza, per affrontare un nodo fino ad ora poco studiato: la dimensione teologica. Perché, sostiene, tutto parte da lì. Il codice culturale leghista – analizzato con rigore, dalla concezione antropologica “padana” alla concezione dello Stato e della società – e le idee portanti in materia religiosa sono «del tutto compatibili con una lettura istituzionale, moralistica, moderata e identitaria del cristianesimo», scrive Cavadi. Non lo sarebbero però con «un’interpretazione profetica, agapica, rivoluzionaria ed universalistica» che evidentemente è assente nella Chiesa dei nostri tempi, per lo meno in quella «Chiesa di sempre, la cui voce potente e austera coincide con la voce del popolo» tanto amata dai leghisti e tanto lontana dalla Chiesa del Concilio e del post-Concilio.

È semplicistico, sostiene Cavadi, spiegare la consonanza Chiesa-Lega con la categoria dell’ipocrisia elettoralistica («i leghisti non sono cattolici, sanno di non esserlo, ma fingono per avere un vantaggio elettorale») o con l’equivoco «in buona fede» di chi è incapace «di afferrare davvero la mentalità cattolica e la sua incarnazione storico-istituzionale». Ed è errato anche considerarla un «fidanzamento di interesse». La questione è più profonda della «mera ricerca del potere in sé». C’è la «convinzione sincera, autentica e radicata che la Chiesa cattolica sia depositaria della verità integrale sull’uomo, sul cosmo e sulla storia e che abbia il dovere (prima ancora che il diritto) di “convertire” alla propria dottrina, alla propria etica, alla propria organizzazione gerarchica e alla propria “pastorale” l’intera umanità». E di fronte a un fine così elevato, «ogni mezzo risulta secondario, redimibile, legittimato, santificato». È il «paradosso di una Chiesa cattolica che ritiene di poter negoziare con qualsiasi potere mondano in vista di una prospettiva sovramondana», perché «chi è convinto di avere le chiavi del paradiso, qui in terra, nell’aldilà o in entrambi i regni, non va per il sottile». E sposa anche la Lega, rischiando però di ripetere lo stesso errore già commesso con il «fascismo» e con la «mafia»: fare, «con sistemi in sé aberranti e di cui le gerarchie cattoliche vedono più o meno acutamente le deformazioni religiose e umane, un tratto di strada insieme per combattere nemici che sono o vengono erroneamente ritenuti molto più perniciosi», come il «comunismo» o il «laicismo».

I «valori non negoziabili» sono il nodo. O meglio quei valori che la Chiesa di Wojtyla-Ruini-Bagnasco-Ratzinger ha scelto come «non negoziabili»: la vita dal concepimento alla morte, la famiglia fondata sul matrimonio, la libertà di educazione, ovvero la scuola cattolica. Ma se, Vangelo alla mano, altri fossero i «valori non negoziabili – «l’agape divina, la tenerezza del Padre verso i deboli, l’accoglienza di chi versa nel bisogno», «la cura per la bellezza del creato, la resistenza caparbia ad ogni genere di violenza interpersonale e collettiva, l’equa distribuzione dei beni materiali», scrive Cavadi –, allora «gli Stati, i movimenti sociali, i partiti politici che enfatizzano l’egoismo individuale e di gruppo, il privilegio dei privilegiati, la sacralità dei confini, la liceità della guerra come mezzo per dirimere i conflitti, l’autonomia della sfera economica rispetto a qualsiasi parametro etico si guarderebbero bene dal chiedere la compagnia della Chiesa». E anche ai leghisti non resterebbe che il dio Po. (luca kocci)

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