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Un regime di apartheid. L’arma del boicottaggio contro la deriva discriminatoria di Israele

Tratto da: Adista Documenti n° 20 del 26/05/2012

DOC-2443. ROMA-ADISTA. Prendere posizione contro Israele non è, come noto, la strada migliore per mettersi al riparo dalle polemiche. Ne sa qualcosa il Premio Nobel per la letteratura Günter Grass, travolto da una valanga di critiche per aver definito Israele, nella sua poesia “Quel che deve essere detto”, come potenza nucleare in grado di minacciare la pace del mondo, e immediatamente dichiarato dal governo israeliano “persona non grata”. Appare dunque tutt’altro che facile la decisione di un altro Premio Nobel (per la pace), l’arcivescovo emerito di Città del Capo Desmond Tutu, di sostenere la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele, allo scopo di obbligare il governo, scrive l’arcivescovo in un articolo pubblicato dal quotidiano della Florida Tampa Bay Times (1 maggio), «a porre fine alla sua lunga occupazione del territorio palestinese e ad estendere l’uguaglianza di diritti ai cittadini palestinesi vittime di circa 35 leggi discriminatorie». L’articolo di Tutu, per sua stessa ammissione il più duro da lui mai scritto, risponde alla lettera con cui circa 1.200 rabbini statunitensi hanno chiesto ai cristiani di non «unirsi alla campagna di disinvestimenti selettivi» nei confronti di quelle compagnie che traggono vantaggio dall’occupazione, in quanto tale posizione pregiudicherebbe «la relazione tra ebrei e cristiani costruita lungo decenni». Una posizione - quella del boicottaggio delle compagnie Caterpillar, Motorola e Hewlett Packard, accusate di coinvolgimento nelle pratiche di apartheid portate avanti dal governo israeliano - che è invece rivendicata dallo United Methodist Kairos Response - un movimento di pressione interno alla Chiesa metodista creatosi in risposta al Documento Kairos Palestina (l’appello lanciato da un gruppo di leader cristiani di diverse confessioni per mettere la parola fine all’eterno conflitto tra i popoli della Terrasanta; v. Adista n. 6/10) - e che sta valutando di adottare anche la Chiesa Presbiteriana. Che di apartheid si tratti ne è convinto Desmond Tutu, il quale cita al riguardo il Rapporto 2010 di Human Rights Watch, così come ne è convinto il noto giornalista e pacifista israeliano, oggi 89enne, Uri Avnery, fondatore del movimento pacifista Gush Shalom (in lingua ebraica, “il blocco della pace”), secondo il quale «il regime di apartheid già stabilito nei territori occupati si sta estendendo all’interno dello stesso Israele» cosicché «entro pochi anni avremo un regime di apartheid in perfetta regola in tutto il Paese, con una minoranza ebrea impegnata a comandare su una maggioranza araba palestinese».

Di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, l’articolo di Desmond Tutu, tratto dal Tampa Bay Times (1/5) e quello di Ury Avnery, ripreso dal sito di Gush Shalom (24/4; http://gush-shalom.org). (claudia fanti)

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