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SCISMA DI “RITORNO”? I LEFEBVRIANI INTERROMPONO LE TRATTATIVE CON IL VATICANO

Tratto da: Adista Notizie n° 26 del 13/07/2013

37238. ECÔNE-ADISTA. I lefebvriani hanno detto basta. Basta con il dialogo con il Vaticano e con i tentativi di trovare un accordo con la Chiesa per la reintegrazione. Sfumata la possibilità di un’intesa, la cui volontà era garantita dal più acceso fautore nella questione, papa Ratzinger, i seguaci di mons. Lefebvre hanno capito che con papa Francesco “non c’è trippa per gatti” e fanno sapere che rinunciano a qualsiasi ulteriore trattativa. Lo hanno affermato, in una lettera scritta in occasione dei 25 anni dalla loro consacrazione episcopale, avvenuta il 30 giugno 1988, tre dei quattro vescovi lefebvriani, mons. Bernard Fellay, mons. Bernard Tissier de Mallerais e mons. Alfonso de Galarreta (mons. Williamson è stato espulso dalla Fraternità nel 2012, vedi Adista Notizie n. 39/12).

Dopo aver espresso gratitudine per il gesto compiuto allora da mons. Lefebvre, i tre firmatari affermano che «la causa dei gravi errori che stanno distruggendo la Chiesa non è una cattiva interpretazione dei testi conciliari, un’ermeneutica della rottura che si opporrebbe a un’ermeneutica della riforma nella continuità, ma nei testi stessi, a causa della scelta inaudita operata dal Concilio Vaticano II». Scelta che si esprime nei suoi documenti: un «culto dell’uomo» – menzionato da Paolo VI nel discorso di chiusura del Concilio – che si affianca al culto di Dio e che «è radicalmente opposto alla fede cattolica, che ci insegna a dare culto supremo e il primato esclusivamente al solo vero Dio e al suo unico Figlio Gesù Cristo». Il Concilio, continuano, ha inaugurato un tipo di magistero «senza radici nella Tradizione», imbevuto di soggettivismo, immanentismo, modernismo. Libertà religiosa, ecumenismo e dialogo interreligioso hanno «ucciso la verità sull’unica Chiesa» con la ricerca di una «falsa unità» che ridurrebbe la missione della Chiesa all’annuncio di un messaggio di pace solo terrestre e a un ruolo umanitario di sollievo dalla miseria nel mondo, che la metterebbe «a rimorchio delle organizzazioni internazionali».

I lefebvriani citano poi come mali della Chiesa la collegialità, lo spirito ugualitario e democratico e la nuova messa, che soffocherebbe e oscurerebbe «la natura sacrificale e propiziatoria del sacrificio eucaristico». E poiché, 50 anni dopo, gli effetti del Concilio sono presenti e operanti nella Chiesa, «noi perseveriamo nella difesa della Tradizione cattolica e la nostra speranza resta integra, poiché sappiamo per fede certa che “le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (Mt16,18)». I tre vescovi lefebvriani concludono con l’espressione della loro volontà di «esercitare l’episcopato che abbiamo ricevuto per l’onore di Dio, il trionfo della Chiesa e la salvezza delle anime».Considerando che, il 26 giugno, il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede mons. Gerhard Müller aveva rilasciato a diverse testate diocesane tedesche un’intervista in cui affermava che «la palla ora è nel campo dei tradizionalisti», dal momento che risale a più di un anno fa il documento dottrinale la cui sottoscrizione il Vaticano ha offerto come condizione per la reintegrazione in seno alla Chiesa cattolica, e che ancora manca una risposta ufficiale da parte della Fraternità, viene spontaneo pensare che, almeno ufficiosamente, la lettera dei tre vescovi lefebvriani costituisca una chiara affermazione della conclusione delle trattative. (ludovica eugenio)

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