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IN LOMBARDIA E IN SICILIA, DIPENDENTI DEI SALESIANI IN VERTENZE SINDACALI

Tratto da: Adista Notizie n° 2 del 18/01/2014

37461 ROMA-ADISTA. Ai dipendenti della libreria salesiana Elledici di Milano, che a fine gennaio chiuderà i battenti come le gemelle di Firenze e Roma-Conciliazione (v. Adista n. 46/13), non restava che lo sciopero. E hanno scioperato, in un giorno generalmente promettente per le vendite, il 24 dicembre; ma più per protesta che come arma di pressione perché, tanto, i “giochi” sono più o meno fatti: il tavolo sindacale presso la Filcams-Cgil, dove si sono confrontati proprietà e rappresentanti delle tre librerie, si è chiuso a metà dicembre senza che sia stata trovata una soluzione occupazionale per i cinque lavoratori del capoluogo lombardo, tre full time e due part time post maternità. Irricevibile la proposta della proprietà per il ricollocamento dei dipendenti: solo due part time, uno a Torino e uno a Rivoli, a 150 km mediamente dalle loro abitazioni, e neanche destinati a loro con certezza. La proprietà ha precisato infatti che, «per quanto riguarda le prime due disponibilità (i part time), queste andranno valutate in concomitanza con eventuali altre candidature che dovessero emergere dalle altre librerie nell’evoluzione delle trattative in corso. In caso di più candidati si procederà a graduatoria di legge».

Ci sono da sistemare, per esempio, i 7 dipendenti della libreria romana di via della Conciliazione. Sarà difficile che possano trovare posto tutti nell’altra libreria romana Elledici, quella di via Marsala, vicino alla Stazione Termini (i lavoratori lì impiegati sono già altrettanti). A meno di non ricorrere a una generale riduzione oraria del contratto di lavoro e successiva applicazione del contratto di solidarietà, ipotesi gravida di tristi conseguenze economiche, ma per la quale si stanno battendo i dipendenti che porteranno la proposta al Ministero del Lavoro, dove a metà gennaio, visto il fallimento di tutte le trattative sindacali (a Roma come a Milano) ci sarà un ulteriore incontro tra le parti. «Si tratta di salvare il salvabile... E al momento è l'unica soluzione possibile per continuare a lavorare e sperare, nel frattempo, in una ripresa economica generale», ci ha confidato un dipendente di via della Conciliazione. Almeno «con questa soluzione “romana” non ci sarebbe necessità di spostare (o proporre di spostare) personale in giro per lo Stivale», ha considerato.

Comunque, per quanto riguarda la proposta della proprietà per la libreria di Milano, nessuno scivolo per i dipendenti più vicini alla pensione (son tutti piuttosto giovani, in realtà), né impieghi come promotori delle vendite, come ci aveva detto il rappresentante della proprietà (v. sul numero del 28 dicembre scorso già citato). Peraltro, fanno notare dalle librerie, un promotore che avesse in carico una sola casa editrice non ce la farebbe proprio a sbarcare il lunario.

Il guaio è che tutti i dipendenti che stanno per essere licenziati non possono godere delle risorse né della mobilità, né della cassa integrazione, perché con la cessazione delle librerie di Genova e Messina nella prima metà del 2013 la soglia dei lavoratori Elledici è scesa al di sotto dei 50 effettivi, numero stabilito per legge. «Perché non chiudere a giugno anche le nostre sedi insieme a Genova e Messina, ché almeno avremmo goduto della mobilità per la quale abbiamo pure versato regolari contributi?», si chiede Matteo Roganati della libreria di Milano da noi interpellato. Ed «è mai possibile che le strategie aziendali della Elledici fossero così miopi da non sapere a giugno quel che avrebbero fatto a ottobre, quando ci è stata comunicata la decisione della chiusura?». «Fosse così – rileva allarmato – le librerie rimanenti dovrebbero cominciare a preoccuparsi molto seriamente. E così gli stessi magazzinieri della Elledici ed i dipendenti della stessa sede».


In Sicilia invece…

La chiusura di opere e la dismissione di beni non riguarda solo la casa editrice salesiana, ma non è necessariamente segno di crisi della Congregazione di don Bosco. In Sicilia, precisamente a Palermo, Catania, Messina e Ragusa, la comunità religiosa ha messo in vendita (a tutt’ora senza successo) alberghi, complessi immobiliari di uso ricreativo e sportivo, qualche istituto, ben un 30% delle proprietà, pare; ma si tratta soprattutto di opere non in attività e comunque non di centri di formazione, assicurano dall’economato dei salesiani di Sicilia. E non è in questione una riduzione dell’impegno della congregazione, spiegano, ma di adeguarlo alla realtà, che oggi esige di andare nelle “periferie” del mondo per impiantare centri educativi o rafforzarne la presenza. Se poi nell’isola ci sono situazioni di crisi che coinvolgono i salesiani, non sono dovute, sostengono, a carenze dell’istituzione di don Bosco. È quanto avviene a Palermo e a Catania.

Nel capoluogo siciliano, una lettera dello scorso dicembre del consiglio direttivo ha comunicato al personale del Centro italiano Opere Femminili salesiane (Ciofs-Fp) che, a partire dall’inizio di quest’anno, non si avvieranno nuovi corsi formativi (pare tuttavia che saranno portati a compimento quelli in essere). Attualmente sono quasi 600 gli allievi fra i 14 e i 16 anni che frequentano 29 corsi per conseguire un attestato professionale nei campi della ristorazione, della grafica, dell'amministrazione e delle attività di segretaria o come operatori del benessere. E sono 170 i dipendenti che rischiano di restare senza lavoro. Nella lettera, la sospensione delle future attività è motivata dalla «assenza di presupposti oggettivi, verificabili e certi», ovvero dai ritardi accumulati nei pagamenti da parte della Regione Sicilia, che finanzia i corsi sul territorio siciliano in ottemperanza a preciso decreto.

Situazione analoga in provincia di Catania, dove di obbligo formativo si occupano i 140 lavoratori del Centro Nazionale Opere salesiane (Cnos-Fap). In credito di 21 mensilità, ormai allo stremo, hanno iniziato uno sciopero a oltranza il 13 dicembre scorso, chiedendo di essere convocati dai dirigenti per conoscere «lo stato di crisi economica dell’ente e per presentargli alcune richieste specifiche», ovvero una rendicontazione puntuale delle risorse, dei mandati regionali e delle spese. Dice il presidente del Cnos don Cataldo Ballistreri in una intervista pubblicata il 17 dicembre scorso sul sito Siciliamediaweb: «Noi salesiani non vogliamo chiudere questa realtà, abbandonando a loro stessi questi ragazzi in obbligo scolastico». Ma anche per l’istituto catanese il problema è nella mancata erogazione dei pagamenti da parte della Regione Sicilia: assommano oramai a 20 milioni di euro, spiega il religioso, «se no avremmo potuto essere regolarmente al passo». E informa: «Stiamo intentando anche delle azioni legali con decreti ingiuntivi nei confronti della Regione, ne abbiamo parecchi in atto». Spiegazione non sufficiente per i lavoratori da due anni in sofferenza economica: a confronto avvenuto fra lavoratori e don Ballistreri (16 dicembre), Guido Musumeci, rappresentante sindacale Snals Confsal, ha dichiarato che «l’incontro non è stato soddisfacente», tanto che «l’assemblea ha votato pressoché all’unanimità di proseguire nell’azione di protesta». Che tuttavia potrebbe non durare a lungo: dall’economato dei salesiani di Sicilia, abbiamo saputo che sarebbe in arrivo dalla Regione «qualche mandato di pagamento», insomma un po’ di ossigeno per i lavoratori, anche se questi non vedranno per ora saldato tutto il loro credito. (eletta cucuzza)

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