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TERMINI IMERESE: PARROCI IN PIAZZA CON OPERAI E SINDACATI PER SALVARE IL LAVORO

Tratto da: Adista Notizie n° 7 del 22/02/2014

37517. TERMINI IMERESE (PA)-ADISTA. C’erano anche i parroci di Termini Imerese alla manifestazione degli operai ex Fiat che lo scorso 13 febbraio, con la partecipazione di oltre 5mila persone, si è snodata per le strade del centro siciliano, sede di uno dei più grandi stabilimenti del gruppo automobilistico torinese, ora sempre più a stelle e strisce dopo l’acquisizione di Chrysler. La fabbrica venne aperta nel 1970, quando alla Fiat c’erano Giovanni Agnelli e Vittorio Valletta, che ottennero dalla Regione Sicilia un cospicuo finanziamento per portare le catene di montaggio sull’isola. Il territorio tutto spiagge ed agrumeti di questa parte di costa a due passi da Cefalù venne irrimediabilmente stravolto. Ma migliaia di siciliani trovarono lavoro senza dover emigrare al nord. Fino al dicembre 2009 – ma la crisi durava da anni –, quando Sergio Marchionne decise la chiusura dello stabilimento. Il prossimo 30 giugno, dopo oltre quattro anni di inutili trattative e di vani tentativi di riconversione durante il quali il ritornello della Fiat è stato sempre e solo “Termini Imerese deve chiudere”, scadrà la cassa integrazione per i 1.200 operai, che qualche giorno fa sono scesi in piazza insieme alle loro famiglie. Con loro gli altri lavoratori di Termini – che hanno aderito alla giornata di sciopero generale proclamata dai sindacati –, i commercianti che hanno abbassato per un giorno le saracinesche dei loro negozi, gli studenti e i parroci che hanno incoraggiato la mobilitazione, scrivendo una lettera aperta a tutti i cittadini, invitandoli a manifestare.

«Uscite dalle vostre case e partecipate allo sciopero generale», scrivono i preti che hanno invitato «tutti gli uomini di buona volontà» a partecipare alla mobilitazione. «La crisi che attanaglia il nostro comprensorio è diventata sempre più grave», proseguono. «Noi cristiani siamo chiamati ad agire, a operare per il bene nostro e dei nostri figli. È in gioco il futuro dei nostri paesi, delle nostre famiglie. Non possiamo e non dobbiamo rimanere immobili, senza lavoro non c’è futuro».

Uno dei parroci, don Francesco Anfuso, da sempre in prima linea nelle manifestazioni degli operai, ha firmato anche la lettera che le tute blu di Fim, Fiom e Uilm hanno indirizzato all’ormai ex premier Enrico Letta e al governo. «Nel dicembre del 2009 il governo prese atto a Palazzo Chigi del piano industriale di Fiat presentato da Sergio Marchionne, nonostante prevedesse la cessazione dell’attività produttiva dello stabilimento di Termini Imerese», si legge nella lettera. «La chiusura sarebbe stata affrontata e risolta al tavolo di crisi che venne istituito presso il ministero dello Sviluppo. A oggi, quattro anni dopo il drammatico annuncio, la soluzione non c’è». Il 31 gennaio scorso, nella riunione al ministero, prosegue l’appello, «è emerso un dato preoccupante, la palese ammissione del fallimento del piano di reindustrializzazione dell’area di Termini Imerese avviato nel 2009: non è stato impegnato a oggi un solo euro e non ci sono manifestazioni di interesse esecutive da qui a 36 mesi». «Il governo da lei guidato – si rivolgono direttamente a Letta – deve chiedere a Fiat di ricercare una missione produttiva per lo stabilimento». «Questo è possibile – proseguono sindacalisti, parroco e sindaco, anche lui firmatario del testo – anche perché i lavoratori di Termini Imerese sono a pieno titolo dipendenti di Fiat e della Magneti Marelli e oltretutto gli impianti produttivi siciliani sono funzionanti e pronti alla ripartenza. Il grande processo di fusione con Chrysler può e deve riservare questa opportunità».

Il giorno dopo lo sciopero generale e il corteo per le vie di Termini Imerese, il 14 febbraio – mentre Adista è in stampa – al ministero dello Sviluppo economico si è svolto un incontro con le parti sociali. Un incontro «che potrebbe essere decisivo per la risoluzione della vicenda Fiat, madre del progressivo dissesto economico della nostra zona», scrivono i parroci. Ma le speranze sono ridotte al lumicino. (luca kocci)

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