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NEL SEGNO DI FRANCESCO LE ULTIME NOMINE: VESCOVI PASTORI MA CONSERVATORI

Tratto da: Adista Notizie n° 34 del 04/10/2014

37802 CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Due moderati con una notevole carica e competenza pastorale. Sono assolutamente coerenti con la direzione data da papa Francesco al ruolo episcopale le nomine, in due diocesi di fondamentale rilevanza, Chicago e Sydney, dei nuovi arcivescovi: mons. Blase Cupich, vescovo di Spokane (Washington) dal 2010 ad oggi, va a succedere al campione di un enfatico conservatorismo, il card. Francis Eugene George il quale, a 77 anni, dopo 17 anni di guida dell’arcidiocesi di Chicago, in età da pensione e in condizioni di salute critiche, ha lasciato il suo posto; in Australia, il vuoto lasciato dal card. George Pell, distintosi per un atteggiamento dottrinalmente molto conservatore e autoritario (v. Adista Notizie nn. 66/01; 37, 65, 81/02; 22, 57/06; 43/07; 44, 59, 90/10), chiamato a Roma a reggere la neonata Segreteria per l’Economia, è stato colmato con la nomina di mons. Anthony Colin Fischer, 54 anni, finora vescovo di Parramatta, tendenzialmente affine al suo predecessore (che peraltro ha sempre sostenuto e dal quale, probabilmente, è stato ora supportato, v. Adista Notizie n. 9/14). Due scelte importanti anche perché si tratta di due sedi cardinalizie, i cui titolari parteciperanno dunque, a Dio piacendo, al prossimo Conclave.


Cupich, il pastore dai toni pacati

La nomina di Cupich è arrivata il 20 settembre ed è suonata alle orecchie statunitensi come un messaggio forte e chiaro da parte del papa che, sostituendo nella terza diocesi Usa per importanza (2milioni e 200mila i cattolici) un aggressivo difensore dell’ortodossia con un pastore orientato al dialogo e poco propenso alle guerre culturali, ha dato certamente un segnale inequivocabile alla Chiesa statunitense. L’episcopato di George – che è stato anche, nel triennio 2007-2010, presidente della Conferenza episcopale – ha rappresentato un’inversione a “u” rispetto al suo predecessore, il card. Joseph Bernardin che aveva incarnato la volontà di applicare il Vaticano II e di trovare un “terreno comune” di dialogo tra cattolici e no. 

A quanto sembra, la scelta di Cupich – 65 anni, di origini croate – è stata una sorpresa, farina del sacco di Francesco (forse coadiuvato nella decisione dal nunzio Carlo Maria Viganò), se è vero, come si dice, che il suo nome non compariva nemmeno tra quelli indicati dalla Congregazione per i Vescovi. Ritenuto un progressista dai suoi confratelli – tanto che in occasione dell’elezione del presidente della Conferenza episcopale, nel 2013, ottenne poche preferenze – è in realtà un moderato dai toni pacati. Contrario al matrimonio omosessuale, si è schierato contro l’ostilità nei confronti di chi difende i diritti gay; ha criticato i confratelli che minacciavano di chiudere gli enti assistenziali invece di cercare una via di dialogo con la Casa Bianca nella questione delle coperture assicurative obbligatorie per i datori di lavoro religiosi; ha imposto ai suoi sacerdoti di non inscenare sit-in davanti alle cliniche dove si praticano aborti. Ma sempre abbassando i toni del confronto culturale, per restare nel dialogo senza arrivare al conflitto frontale.

Cupich ha una lunga e variegata esperienza pastorale: è stato parroco, docente in una scuola superiore e rettore del seminario Josephinum a Columbus (Ohio). Ha lavorato presso la nunziatura apostolica e nei suoi 16 anni da vescovo – prima a Rapid City, nel South Dakota, poi a Spokane – in diverse commissioni episcopali, tra cui quella per la tutela dei minori, nell’ambito dello scandalo degli abusi sessuali. Il suo background di nipote di immigrati lo ha reso particolarmente attento alle tematiche della riforma della legge sull’immigrazione: elemento, questo, che gli sarà certamente di aiuto a Chicago, dove il 44% dei cattolici è di origine ispanica. 


Fisher, il domenicano amico di Pell

Se bisogna prendere atto del fatto che papa Francesco nutre una grande stima per il card. George Pell, campione di un’intransigenza aggressiva, non deve stupire che si sia fatto consigliare da lui per trovare il nome del nuovo arcivescovo di Sydney, che guiderà 600mila cattolici. Grande organizzatore della Giornata mondiale della Gioventù del 2008, fondatore del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia a Melbourne nel 2000, Anthony Fisher, che è avvocato ed esperto di bioetica, è stato anche membro della Pontificia Accademia per la vita. Rappresentante di un certo “cattolicesimo evangelico” intransigente nel campo dottrinale, per lui Sydney è un ritorno: dal 2003 al 2010, infatti, ne è stato vescovo ausiliare sotto Pell, rispetto al quale è più incline all’ascolto, alla comunicazione e alla mediazione. Poca sorpresa, dunque, ha suscitato la sua nomina, che era stata ampiamente prevista tra le possibilità. Se nel 2008, all’epoca della Gmg, era stato criticato per alcune affermazioni con cui mostrava di sottovalutare l’ampiezza dello scandalo degli abusi sessuali, ora ha detto che «le vittime degli abusi e i giovani vengono per primi: senza scuse, senza coperture». «La Chiesa deve fare di meglio in questo campo – ha aggiunto – e io mi sono impegnato a svolgere un ruolo di primo piano nel riguadagnare la fiducia della comunità e dei membri della Chiesa. La Chiesa cattolica in Australia sta attraversando un periodo di autoanalisi ed è sotto pubblica osservazione», ha spiegato, facendo riferimento all’inchiesta governativa sulla risposta della Chiesa agli abusi. «Spero che emerga da tutto ciò purificata, più umile, più compassionevole e spiritualmente rigenerata».


... e via il card. Burke dalla Curia

È un “licenziamento” a puntate, poi, quello che papa Francesco sta operando nei confronti di un altro “mastino” statunitense dell’ortodossia, il card. Raymond Burke. Membro della potente e prestigiosa confraternita dei Cavalieri di Colombo, Burke, lo scorso novembre, non era stato riconfermato da papa Francesco all’interno della Congregazione per i Vescovi (v. Adista Notizie n. 46/14). Ora pare molto più di una voce di corridoio la notizia secondo cui il cardinale canonista sarebbe stato sollevato anche dall’incarico di Prefetto della Segnatura apostolica – il massimo tribunale vaticano – e trasferito all’Ordine dei Cavalieri di Malta nella veste di “cardinale patrono”: un ruolo eminentemente onorifico che normalmente viene attribuito in aggiunta a incarichi di rilievo, ma che qui, invece, resta l’unica gloria di un cardinale che, con i suoi 66 anni, è ancora giovane. Una notizia che inoltre appare piuttosto strana, vista l’appartenenza di Burke ai Cavalieri di Colombo. (ludovica eugenio)

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