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Quando i fantasmi escono dall’ombra. Il Brasile di fronte alla verità del suo passato

Tratto da: Adista Documenti n° 2 del 17/01/2015

DOC-2683. SÃO PAULO-ADISTA. Per gli 80 milioni di brasiliani nati dopo la fine della dittatura militare (ma anche per l’oltre 80% della popolazione venuta alla luce dopo il golpe del 1964), sarà ora molto più facile conoscere da vicino la recente e drammatica storia del Paese: è giunto a conclusione proprio nella Giornata internazionale dei diritti umani, celebrata il 10 dicembre scorso, il complesso lavoro della Commissione Nazionale per la Verità (CNV), costituita nel 2011 con il compito di far luce sulle più gravi violazioni dei diritti umani commesse in Brasile dalle istituzioni dello Stato e dai loro rappresentanti nel periodo compreso tra il 1946 e il 1988 - e, soprattutto, durante la dittatura militare (1964-1985) di cui è ricorso proprio nel 2014 il 50° anniversario - al fine di riscattare la memoria storica e di promuovere la riconciliazione nazionale. Un lavoro, quello realizzato dal gruppo di esperti designati dalla Presidenza della Repubblica e coordinato dall’avvocato e docente universitario Pedro Dallari, che si è tradotto in un ponderoso rapporto diviso in tre volumi (che può essere letto integralmente all’indirizzo www.cnv.gov.br/index.php?option=com_content&view=article&id=571). Il primo volume comprende la spiegazione delle attività della CNV, la descrizione delle istituzioni e degli organismi statali coinvolti, dei metodi e della dinamica delle violazioni dei diritti umani - con tanto di nomi di oltre 370 agenti dello Stato coinvolti in crimini di lesa umanità - e la presentazione delle conclusioni e delle raccomandazioni, compresa quella di processare i circa 100 responsabili ancora in vita (finora protetti dalla Legge di Amnistia promulgata nel 1979, di cui il Supremo Tribunale Federale ha riconosciuto la costituzionalità ancora nel 2010) e quella di dar vita a una Commissione Indigena della Verità, al fine di affrontare i casi non esaminati nel documento (nel periodo considerato, gli indigeni assassinati risultano 8.350, ma il loro numero è di gran lunga superiore, «giacché solo una minima parte dei popoli originari è stata esaminata»). Il secondo volume raccoglie i casi di violazioni dei diritti umani suddivisi in categorie (militari, lavoratori urbani, contadini, indigeni, rappresentanti delle Chiese cristiane, persone lgbt, docenti e studenti universitari) e quelli della resistenza alla dittatura. Il terzo volume, infine, racconta la storia di 434 persone uccise o scomparse, a partire dai dati esaminati nei due precedenti volumi: una lista delle vittime certamente non definitiva e che dovrà essere completata da indagini successive, a proposito delle quali il rapporto non manca di proporre la creazione di un organismo pubblico incaricato di dar seguito alle azioni e alle raccomandazioni della CNV. 

Affrontando i fantasmi del passato

E se il lavoro condotto dalla Commissione chiarisce al di là di ogni possibile dubbio che le gravi violazioni dei diritti umani commesse nel periodo considerato sono state il frutto di un’azione generalizzata e sistematica dello Stato, è altrettanto evidente che il ruolo principale è stato esercitato dalle forze armate, a cominciare dalla catena di comando, e che pertanto, come hanno sottolineato i componenti della CNV in un articolo pubblicato sulla Folha de S. Paulo (10/12), «è imperativo che vi sia, da parte delle forze armate, il riconoscimento della propria responsabilità istituzionale». Perché solo così, concludono, si potrà «preparare la strada per il superamento definitivo del passato, consolidando in maniera permanente l’impegno dei militari a favore dello Stato di diritto e riconciliandoli pienamente con la società brasiliana». 

n auspicio, quello dei componenti della CNV, che è stato finora chiaramente disatteso: lungi dal riconoscere le proprie responsabilità, le forze armate hanno anzi cercato, con evidente irritazione, di impedire fino all’ultimo minuto la divulgazione del rapporto, sostenendo la necessità di indagare non solo gli «eventuali eccessi» commessi dagli agenti dello Stato, ma anche i «crimini» praticati da quanti «si scontravano con le forze del governo» ed esprimendo la convinzione che, anziché «alimentare scontri ideologici in pieno XXI secolo», sia assai più produttivo «guardare al futuro» (BBC, 9/12). 

Ad esprimere la speranza che il rapporto «contribuisca a far sì che i fantasmi di un passato doloroso e triste non possano più nascondersi tra le ombre del silenzio e delle omissioni» è stata invece la presidente Dilma Rousseff, lei stessa catturata e torturata dal regime militare per la sua partecipazione alla guerriglia, a cui il rapporto è stato consegnato il 10 dicembre durante una cerimonia al Palazzo del Planalto: «Soprattutto – ha dichiarato – meritano di conoscere la verità coloro che hanno perso familiari e parenti e che continuano a soffrire come se questi morissero di nuovo e sempre ogni giorno». 

Di seguito, in una nostra traduzione dal portoghese, alcuni stralci della sezione relativa alle violazioni dei diritti umani commesse nell’ambito delle Chiese cristiane, tratta dal secondo volume del rapporto, e una parte del capitolo dedicato alla tragica vicenda di Tito de Alencar Lima, raccontata nel terzo volume, dal suo arresto nel 1969, insieme ad altri giovani domenicani, como Frei Betto, Fernando Brito, Ives Lesbaupin, Giorgio Callegari (tutti accusati di collaborare con l’Ação Libertadora Nacional guidata dal leader rivoluzionario Carlos Marighella) fino al suo suicidio a Parigi il 10 agosto del 1974 (una vicenda raccontata nel libro Batismo de Sangue di Frei Betto pubblicato nel 1983 e a cui si è ispirato l’omonimo film diretto nel 2006 da Helvècio Ratton). (claudia fanti)

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