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La religione della Troika e l’Europa senz’anima

La religione della Troika e l’Europa senz’anima

Tratto da: Adista Notizie n° 26 del 18/07/2015

Nel loro ruolo di manipolatori dell’informazione i media, da un capo all’altro d’Europa, hanno fatto passare il referendum greco come una scelta fra rimanere nell’euro o tornare alla dracma. In realtà la scelta era fra continuare a fare da cavie o recuperare dignità.

Quella del debito pubblico greco è una storia di interessi privati in gestione pubblica. La commissione internazionale di audit, insediatasi ad aprile per verificare la legittimità del debito greco, afferma senza mezzi termini che il macigno non si è formato per permettere ai greci di gozzovigliare, ma prima di tutto per garantire interessi alle banche attraverso quel meccanismo perverso che i ragionieri conoscono come interesse composto. A seguire, le regalie fiscali agli alti redditi, accompagnate da spese inutili e dannose come le opere per le Olimpiadi 2004 o l’acquisto di armi, il tutto ben condito da buone dosi di corruzione. E, come se non bastasse, nel 2008 è sopraggiunta la crisi, dolce regalo dell’avventatezza bancaria, che ha dato l’ultimo scrollone a quel corpo vilipeso. L’assetto produttivo, già in crisi per la concorrenza dei prodotti tedeschi che in virtù della moneta unica avanzavano in Grecia come bulldozer, ha perso altri pezzi. I disoccupati sono cresciuti ovunque, e gli Stati europei hanno dovuto decidere cosa farne. E anche il traballante Stato greco ha fatto quello che tutti facevano: ha aumentato la spesa sociale per tamponare la situazione. Ma il debito è cresciuto ancora, finché i mercati hanno decretato che la Grecia non era più meritevole di fiducia, tagliando i prestiti. Apparente ragionamento da ragionieri, in realtà cinica mossa da speculatori che al botteghino avevano scommesso sul fallimento della Grecia.  In condizioni normali il Paese avrebbe chiesto nuovi prestiti per saldare i vecchi, così fan tutti, ma dopo la sentenza del mercato è fuori gioco.

Chi ha tremato di più di fronte all’insolvenza greca sono state le banche tedesche e francesi, che per incassare interessi avevano prestato fiumi di denaro senza verificare la solidità greca. Del resto, sapevano bene che in caso di difficoltà sarebbe stato sufficiente mandare un messaggino ai loro governi. E così è stato: nel 2010, l’Ue, il Fmi, la Banca Centrale, la famosa Troika, prontamente hanno offerto alla Grecia quanto serviva per saldare le banche, diventando loro i nuovi creditori. E la Grecia ha così sperimentato la tirannia dei creditori pubblici, esattamente come successo in passato ai Paesi del Sud del mondo: i poteri privati sono animati dai soldi, i poteri pubblici dai dogmi e i dogmi sono più pericolosi dei soldi. La religione che la Troika custodisce si chiama liberismo, una fede che proclama la restituzione dei debiti come primo comandamento, ma che, inoltre, eleva il mercato a verità assoluta. E quando la Grecia è finita sotto il suo dominio, la Troika ha deciso di farne la vittima sacrificale. Al grido di austerità e crescita, la Grecia è stata sottoposta ad ogni sorta di sacrificio pur di liberare risorse da destinare al debito. E, argomentando, fino ad ora, che i ricchi non si toccano perché la loro ricchezza è utile alla crescita, il peso dei sacrifici è gravato sui più poveri, con aumenti di tasse indirette e tagli alle pensioni, alla sanità e agli stipendi. Così la povertà è salita al 35% (tre milioni di persone), mentre il 27% della popolazione resta senza copertura sanitaria. La mortalità alla nascita è aumentata del 21%, quella infantile del 43%. Ma scoprendo che i sacrifici mettono in crisi l’intera economia (in tre anni il Pil è diminuito del 25% e i disoccupati sono saliti al 30%), la ricetta della Troika si è arricchita delle famose riforme, ossia l’obbligo di comprimere la democrazia e i diritti dei lavoratori per attirare gli investimenti esteri.

Domenica 5 luglio i greci hanno detto basta a questo gioco al massacro. Hanno detto che prima dei debiti e dei dogmi vengono le persone, i diritti, la dignità umana. Hanno detto che si può fare perché il problema non sono i soldi, visto che la Bce regala 60 miliardi al mese al sistema finanziario. Il problema è l’anima. L’Europa l’ha persa perché l’ha venduta ai mercanti. A noi il compito di recuperarla.

Francesco Gesualdi è fondatore e coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo. 

Ha appena pubblicato il libro Risorsa umana. L'economia della pietra scartata (in vendita presso Adista; clicca qui per leggere la nostra recensione)

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