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Giubileo delle fedi. Lettera aperta agli artigiani di un mondo altro

Giubileo delle fedi. Lettera aperta agli artigiani di un mondo altro

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 44 del 19/12/2015

«La misericordia è un concetto fondamentale del Vangelo e chiave della vita di ogni cristiano e della società. È possibile addirittura riassumere tutto il Vangelo sotto il tema della misericordia», ha detto il card. Walter Kasper intervenendo, lo scorso 30 novembre all’Università Lumsa di Roma, al convegno, promosso dall’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi), dal titolo “La Misericordia nelle grandi religioni e nella cultura laica”. «Nel dialogo interreligioso», ha aggiunto il cardinale presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, riconosciamo la misericordia «come una base, come approccio per il bene comune condiviso anche dai non cristiani. In quasi tutte le culture e le religioni conosciute dell’umanità si trova questa cosiddetta regola d’oro: ciò che non vuoi sia fatto a te non farlo all’altro. Questa regola, eredità di tutta l’umanità, consente di mettersi dalla parte dell’altro e mostra una concezione dell’essere umano non individualista ma che si apre all’altro».

Con questo primo articolo di don Antonio Di Lalla, parroco a Bonefro (Cb), apriamo sulle pagine di Adista Segni Nuovi, uno spazio, a periodicità non fissa, dedicato al Giubileo straordinario della misericordia e in particolare al significato profondo della misericordia, così come viene declinato nelle varie Chiese cristiane e nelle altre religioni.


Indicendo a sorpresa il Giubileo, papa Francesco ha compiuto ancora una volta un gesto veramente rivoluzionario, perciò non possiamo non occuparcene. Se detrattori e benpensanti, paradossalmente accomunati dallo stesso obiettivo, chiedono perlomeno di rimandare l’Anno santo, col pretesto della carneficina di Parigi e la paura di possibili attentati, è perché o non ne hanno compreso la portata oppure ne temono il potenziale sovversivo sotteso. Nelle intenzioni del papa vi è la contestazione più radicale che si potesse mettere in atto contro il capitalismo, la finanza e le disuguaglianze sociali. Idealmente lo vedo come il prosieguo dell’intuizione del nostro conterraneo papa Celestino V che è stato il vero inventore del Giubileo nel 1294, universalizzato poi nel 1300 da Bonifacio VIII, con altre derive.

Pietro da Morrone viveva povero tra la gente, non essendo prelato di corte, e quando fu eletto papa, col nome appunto di Celestino, volle che fossero anzitutto i poveri a partecipare alla sua festa e che si sentissero accolti e amati da Dio. Mentre i ricchi e i nobili avevano l’opportunità di fare pellegrinaggi ed elemosine, penitenze tariffate ed elargizioni alla Chiesa, la gran massa poteva condividere solo fame e disgrazie. Lancia un proclama geniale: chiunque entra il 29 agosto, festa di san Giovanni Battista, nella basilica di Collemaggio a L’Aquila assetato di Dio e di riconciliazione ne esce rinnovato e risollevato perché l’Onnipotente ama tutti e a tutti dona speranza. Si annullano le differenze tra ricchi e poveri, nobili e plebei. Era una risposta meravigliosa alle istanze del tempo da parte di una Chiesa che spesso non aveva il Vangelo come unico punto di riferimento.

Francesco, con il Giubileo della misericordia, fa un’operazione identica nell’obiettivo: porre gli scarti umani al centro dell’attenzione e farli sentire amati da Dio, ma, giocando tutto sulla prossimità, incarna e storicizza la misericordia in una realtà che molti non sanno o non vogliono leggere. Un rapporto Oxfam asserisce: «Il divario tra ricchi e poveri è oggi più grande che mai e continua ad aumentare, mentre il potere si trova, sempre più, nelle mani di una piccola élite». Tradotto in questi termini da Pedro Casaldáliga: «85 persone possiedono una ricchezza che equivale al patrimonio della metà povera dell’umanità. E l’1% più ricco della popolazione, nel 2016, supererà il proprio record patrimoniale oltrepassando la barriera ideale del 50% della ricchezza mondiale: si è appropriato di mezzo mondo; al resto degli esseri umani, il 99% della popolazione mondiale, rimane da spartirsi l’altra metà» (v. Adista Documenti n. 35/15).

Papa Francesco nella bolla di indizione dell’Anno santo (Misericordiae Vultus), che suggerisco di leggere per comprendere la svolta che sta dando alla Chiesa, parte dall’invito biblico ad essere «misericordiosi come il Padre» e chiede che il pellegrinaggio, segno peculiare dell’Anno santo, sia «icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza» e porti ad «aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica». Vengono riproposte le cosiddette opere di misericordia corporale e spirituale come paradigma dei bisogni umani perché si presti attenzione alle miserie del mondo e ci si senta così provocati ad ascoltare il grido di aiuto che giunge da tantissime realtà. Il papa denuncia «la violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue» e la corruzione che «impedisce di guardare al futuro con speranza» arrivando ad affermare che «la misericordia non è contraria alla giustizia».

Il vescovo di Termoli-Larino, Gianfranco De Luca, nel tracciare le linee pastorali attuative del Giubileo per la diocesi traduce efficacemente in questo modo le intenzioni del papa: «La nostra Chiesa locale sceglie di celebrare la Divina Misericordia nei luoghi dove si vive la sofferenza, la malattia, l’esclusione e dove si attivano, in modo stabile, le molteplici forme delle opere di misericordia corporali e spirituali». E perché non ci siano fraintendimenti e false spiritualizzazioni mette a fuoco mese dopo mese degli obiettivi concreti: dagli immigrati agli ospedali, dalla mensa dei poveri al carcere, dalle case di riposo alle famiglie dove vi sono malati, fino ai centri di salute mentale. 

L’Anno santo serve per dire ad ogni altro “mi stai a cuore” e di conseguenza il pellegrinaggio è uscire da sé per andare incontro alle persone, varcare la porta santa è creare relazioni, lucrare indulgenze è prendere in carico il prossimo. E non si pensi che così si umanizza la divinità, semmai si divinizza l’umanità secondo il progetto per cui si è speso 2.000 anni fa un certo Gesù che, nella migliore tradizione biblica, proclamava: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso».

Molti, magari per fuggire da se stessi, andranno a Roma o per santuari e finiranno per essere funzionali al mercato e al commercio; i governi occidentali continueranno a soffocare l’anelito di giustizia dei popoli oppressi e sfruttati sotto una pioggia di bombe e proiettili; le nazioni alzeranno ancora muri e fili spinati alle frontiere per impedire la libera circolazione dei popoli; le persone, anziché accogliere, continueranno a guardare con diffidenza l’altro perché attenta alla propria egoistica brama di possesso e di sicurezza. Perché la rivoluzione innescata da Francesco non finisca banalizzata in vuoti ritualismi e le persone non restino prigioniere delle proprie paure occorrono necessariamente artigiani di un mondo altro. 

Antonio Di Lalla è parroco a Bonefro (Cb)

* Immagine di Diego Cambiaso, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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