Messico, lo Stato che non c’è. Voci di lotta dal regno della barbarie
Tratto da: Adista Documenti n° 14 del 16/04/2016
DOC-2777. ROMA-ADISTA. Se il compito dello Stato è quello di proteggere i suoi cittadini, di garantirne la sicurezza, di tutelarne i diritti, ebbene, il Messico è sicuramente un Paese senza Stato. Perché quello che c'è è, piuttosto, un cancro che divora il tessuto sociale, un carnefice che uccide, che fa scomparire, che occulta, che stravolge la realtà. Quello che c'è è il regno della barbarie, dove, dal 2006 – da quando, cioè, l'ex presidente Felipe Calderón scatenò la guerra contro il narcotraffico, portata poi avanti con eguale energia dal suo successore Enrique Peña Nieto – ogni giorno vengono uccise oltre 50 persone, per un totale di circa 155mila assassinati, di cui 55mila solo nei tre anni di governo dell'attuale presidente. Un Paese dove, secondo i dati ufficiali forniti dalla Segreteria Esecutiva del Sistema di Sicurezza Pubblica, esistono 25.398 casi di persone ufficialmente scomparse, ma in cui i desaparecidos sono in realtà tanti, tanti di più, perché in molti casi le famiglie hanno paura di denunciarne la sparizione o perché non c'è nessuno che possa farlo. Dove sarebbe vano cercare di distinguere le responsablità del crimine organizzato da quelle delle autorità statali, che siano coinvolte direttamente (come nel caso dei 43 studenti della Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa, nello Stato di Guerrero, scomparsi nel settembre del 2014) o indirettamente, per omissione, attraverso per esempio il tentativo di ridurre i casi di scomparsa forzata a reati comuni e scaricando ogni responsabilità sul narcotraffico.
Ed è di questo immenso dramma che ci hanno parlato due testimoni d'eccezione, invitati in Italia da Libera International, insieme ad altri rappresentanti di realtà associative dell'America Latina e della Tunisia, in occasione della XXI Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie “Ponti di memoria, luoghi di impegno”: Arturo Rojo Flores, padre di Vicente Rojo Martínez, scomparso il 21 marzo del 2009 nello Stato di Coahuila, nonché co-fondatore del movimento Forze Unite per i nostri desaparecidos in Coahuila, il quale, vivendo nel Sud del Messico, per seguire le indagini sul caso di suo figlio deve ogni volta compiere un viaggio di 1.000 chilometri; e la giornalista e scrittrice Daniela Rea, attivista di Periodistas de a Pie (una rete di giornalisti che si propone di evidenziare la dimensione sociale di qualsiasi avvenimento che diventi notizia mostrandone il volto umano) e autrice del libro, uscito di recente in Messico, Nadie les pidió perdon. Historias de Impunidad y Resistencia (“Nessuno ha chiesto loro perdono. Storie di impunità e di resistenza”), in cui ricostruisce alcuni degli episodi più dolorosi avvenuti in Messico, denunciando gli abusi commessi dallo Stato ma anche narrando indimenticabili storie di amore e di dolore.
Vi proponiamo l'intervista che ci hanno concesso durante la loro visita a Roma.
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