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Un parroco triestino apre le porte ai profughi. Ma il paese si ribella

Un parroco triestino apre le porte ai profughi. Ma il paese si ribella

Tratto da: Adista Notizie n° 38 del 05/11/2016

38726 ROMA-ADISTA. Non solo Goro e Gorino, i paesi del ferrarese che hanno fatto le barricate per scongiurare l’arrivo di 12 donne profughe con i loro 8 bambini. Stavolta la pietra dello scandalo è un prete del triestino, don Paolo Iannaccone, parroco a S. Benedetto Abate ad Aquilinia, nel comune di Muggia, che ha risposto all’appello dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, il quale aveva chiesto (19/10) che i preti diocesani aprissero di notte i locali disponibili all’interno delle loro parrocchie per l’accoglienza di alcuni richiedenti asilo, che di giorno sarebbero stati aiutati dalle istituzioni incaricate. Ebbene, don Paolo aveva dichiarato la sua disponibilità ad accogliere questi profughi nella parrocchia, offrendo l’edificio della scuola materna gestito dalle suore canossiane, attiguo alla chiesa, ma non più utilizzato. L’iniziativa di don Paolo era stata peraltro annunciata dopo che il parroco aveva incontrato la comunità dei residenti, garantendo la sicurezza degli abitanti (in particolare di genitori preoccupati per la vicinanza dell’ex scuola materna con una scuola elementare), ma anche la doverosa solidarietà nei confronti dei più deboli. Nonostante ciò, si sono verificate in paese reazioni scomposte, post e messaggi sui social network di persone allarmate che hanno definito «inaudito» e «inaccettabile» che dei migranti potessero essere ospitati a una decina di metri da una scuola elementare. Non solo: è stato creato un comitato per la raccolta di firme contro l’arrivo dei migranti. Poi, alle parole sono seguite anche azioni minatorie. Durante la messa del 23 ottobre, l’auto del parroco è stata infatti danneggiata. Ma don Paolo, che è anche giornalista e conduce una rubrica religiosa su Rai Trieste, non è rimasto in silenzio: «Ritengo un’azione barbara, vigliacca e testimone di profonda immaturità umana quella di chi ha ben pensato questa mattina, probabilmente mentre celebravo messa, di manifestare il suo dissenso verso l’avviata iniziativa emergenziale di accoglienza di profughi rompendo il fanale posteriore della mia vettura», ha scritto il prete sul proprio profilo Fb. «Sono segnali intimidatori che fanno scaturire dal mio cuore una preghiera perché si abbassino i toni e ci si riappropri di un guizzo di civiltà». Don Paolo ha raccolto la solidarietà dei confratelli, dei suoi parrocchiani e di tanti cittadini triestini. Tra i tanti, attestati di stima e affetto, è spiccato però il silenzio di mons. Giampaolo Crepaldi, che dopo l’atto vandalico non ha inviato alcun messaggio di solidarietà a don Paolo. Intanto, i genitori della vicina scuola elementare per tutta risposta hanno ribadito l’intenzione di proseguire la raccolta di firme contro l’iniziativa di accoglienza umanitaria avviata dalla parrocchia di S. Benedetto Abate. 

Sulla vicenda è intervenuta anche il prefetto, Annapaolo Porzio: «L’accoglienza attuata da parte della parrocchia di Aquilinia è un provvedimento provvisorio e assolutamente non a lungo termine. Di fronte a un numero maggiore di persone rispetto ai posti letto disponibili, gli aiuti offerti dalle parrocchie di Aquilinia e di via Sant’Anastasio a Trieste sono fondamentali». «Come stanno già facendo Trieste e Monrupino – ha proseguito il prefetto – nessun territorio può rifiutarsi di accogliere i profughi. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. La petizione preventiva dei genitori e dei cittadini contro l’accoglienza dei profughi ad Aquilinia mi sembra una protesta “di pancia”. Anche perché fino ad ora non hanno visto nemmeno un immigrato».

Una vicenda, quella di Aquilinia, che assomiglia molto ad un’altra, capitata a giugno 2015 a Roncone (Tn), dove il parroco, don Celestino Ritz, assieme al consiglio pastorale, voleva ospitare un certo numero di profughi sbarcati a Lampedusa nella casa per sordomunti, situata nella parte alta del paese. Un edificio con 24 posti letto, di proprietà dell’ex Istituto arcivescovile per sordi di Trento, realizzato anni prima grazie alle donazioni di un vecchio sacerdote, utilizzato saltuariamente come soggiorno estivo per persone con problemi di udito, e all’occorrenza anche dal comune per ospitare cori o squadre di calcio. Un complesso inutilizzato, ma la cui sola eventuale destinazione ad un gruppo di circa 15 profughi scatenò la reazione infuriata degli abitanti, che se la presero col parroco e con il consiglio pastorale, colpevoli – a loro dire – di innescare una bomba sociale. 

* Foto di Hunter. Foto tratta dal sito Flickr. Immagine originale e licenza.

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