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Diritti, welfare, cultura, femminicidi: tutte le contraddizioni del Contratto Lega-M5s

Diritti, welfare, cultura, femminicidi: tutte le contraddizioni del Contratto Lega-M5s

Una condanna senza appello: sui temi della giustizia sociale e dei diritti, il “governo del cambiamento” si rivela persino più conservatore dei precedenti prima ancora di nascere. Secondo l'Arci, il Contratto di governo stipulato tra Lega e Movimento 5 Stelle rappresenta «un progetto che si rivela pieno di contraddizioni, ma che al fondo vuole favorire i ceti più forti».

La più grande associazione italiana di promozione sociale impegnata sui temi della cultura, della pace, dei diritti e della legalità, ammette che alcune parti del Contratto, «se sviluppate nella giusta direzione, potrebbero apparire interessanti»: tra queste, l'Arci annovera le pensioni (con l'impegno di riformare e non più di abrogare, come promesso invece in campagna elettorale, la Legge Fornero), l'ambiente e l’acqua pubblica, che le sembrano però «piuttosto specchietti per allodole per nascondere la mancanza di un disegno complessivo volto al superamento delle crescenti diseguaglianze, alla tutela dei diritti, alla conquista di una piena dignità del lavoro, alla costruzione di un nuovo futuro».

Al di là di tutto questo, nel Contratto si ravvisano «misure che sono in evidente contraddizione tra loro. Come si può pensare di finanziare un reddito di inclusione (visto che non si tratta, come era stato detto, di un reddito di cittadinanza universale e incondizionato) se al contempo si punta ad instaurare una flat tax, cavallo di battaglia di tutte le destre a livello mondiale, che abbassa enormemente il livello delle entrate fiscali e soprattutto viola il principio di progressività del sistema tributario dettato dalla nostra Costituzione? Si mette così a repentaglio l’esistenza stessa dello Stato sociale e si negano come valori fondanti i principi di libertà e di uguaglianza contenuti nell’articolo 3 della Carta».

Cosa dire poi di tutte quelle misure «securitarie» proposte dal patto firmato da Salvini e Di Maio? L'Arci condanna in particolare «l’abrogazione del principio di simmetria tra difesa e offesa, legata ai reati contro la proprietà privata» e «l’abolizione delle misure alternative al carcere». I due leader populisti intendono poi «chiudere i campi rom senza proporre alcuna soluzione abitativa alternativa, togliere addirittura la patria potestà ai genitori di bambini rom che non frequentano la scuola. Si prevedono norme più cogenti sui rimpatri, sulle espulsioni anche dei richiedenti asilo, con l’aumento dei centri di detenzione, si pretende (ed è un vero assurdo) che l’ammissibilità delle domande di protezione internazionale sia attestata dagli Stati di origine, quelli da cui i migranti fuggono».

Non tira aria buona nemmeno sul fronte della cultura, alla quale «è dedicato un breve paragrafo, in cui, al di là delle dichiarazioni generiche, non c’è niente sulla necessità di adottare misure che ne facilitino l’accesso o sul sostegno a pratiche che mirano a renderla sempre più diffusa e fruibile da tutti».

È buio pesto anche per quanto riguarda i femminicidi, ignorati da un Contratto che «fa solo un generico riferimento alla violenza sessuale, secondo una logica puramente repressiva, del tutto inefficace ai fini della prevenzione. Alle donne vittime di violenza serve invece il riconoscimento del trauma subito, un aiuto a superarlo, il rispetto in tutti gli ambiti giudiziari. Per quanto riguarda poi le situazioni che prevedono un intervento per l’affidamento della prole si propone una pericolosa equiparazione tra le due figure genitoriali, mettendo in ombra l’origine maschile della violenza anche dentro le mura domestiche e il clima di paura in cui si troverebbero a vivere i figli».

Il giudizio complessivo dell'Arci sul “Contratto per il governo del cambiamento” Lega-M5s è in definitiva nero, perché «premia i più forti, i ceti benestanti, gli uomini, naturalmente i “nostri”, cioè quelli di pelle bianca e nati nel nostro Paese».

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