
Papa Francesco tra scogli e flutti
Tratto da: Adista Notizie n° 24 del 30/06/2018
Il discorso tenuto dal papa ai delegati del Forum delle famiglie il 16 giugno scorso ha attirato l’attenzione dei media per le affermazioni in esso contenute sulla famiglia intesa come unione tra uomo e donna, sui tradimenti e sull’aborto selettivo. Il discorso, in realtà, contiene ulteriori affermazioni, generalmente passate inosservate, che avrebbero potuto meritare qualche considerazione, se non fosse che la concomitanza con la nomina del ministro per le politiche della famiglia, Lorenzo Fontana, e con il clamore destato dalle sue esternazioni ha orientato la scelta dei media. Quelli di stampo conservatore hanno sottolineato con soddisfazione la coincidenza delle frasi del papa con le loro posizioni; mentre quelli del fronte opposto le hanno lette come condanna e chiusura. Credo sia necessaria un’ermeneutica ulteriore che, per brevità di spazio, prenderà in esame qui il solo esempio della famiglia.
La prima considerazione riguarda la situazione comunicativa, in quanto i destinatari del discorso costituiscono una chiave di lettura importante: il papa ha parlato di famiglia cattolica a famiglie cattoliche. Dunque non credo che quelle affermazioni si possano estendere alla famiglia così come può essere concepita in una società laica e plurale. La questione mi sembra interna al mondo cattolico, sebbene ciò non tolga che tanto le frasi quanto l’amplificazione dei media sono sale su tante ferite aperte, dentro e fuori la Chiesa. Nello stile comunicativo di questo papa, però, la contestualizzazione e il destinatario delle sue riflessioni sono decisivi: ci si trova di fronte ad una sorta di sitz im leben (contesto vitale) prescindendo dal quale non si coglie il senso del discorso. Ignorare ciò ha condotto, in altre occasioni, a enfatizzare o aborrire, a seconda della propria collocazione ideologica, alcune manifestazioni considerate di segno opposto, come l’abbraccio a Yayo Grassi e al suo compagno incontrati presso la Nunziatura di Washington nel 2015.
La seconda considerazione riguarda il rapporto tra le recenti affermazioni di Francesco e l’Amoris laetitia. Mi sembra il caso di ricordare che nulla rispetto alla dottrina tradizionale del matrimonio in quel documento appare mutato. Le aperture che vi si registrano riguardano i divorziati risposati e l’accesso ai sacramenti. Il tema dell’omosessualità, pur essendo stato discusso durante il Sinodo sulla famiglia, è stato poi tralasciato.
La terza considerazione riguarda il peso e il senso “magisteriale” di quanto proferito a braccio; sotto questo profilo, Francesco impone una sorta di ricondizionamento ermeneutico. Come interpretare la famosa frase: «Se […] mi dice una parolaccia contro la mia mamma ma gli aspetta un pugno» e, nel discorso in oggetto, la seguente affermazione: «Può darsi che un uomo e una donna non siano credenti: ma se si amano e si uniscono in matrimonio, sono immagine e somiglianza di Dio, benché non credano»? Chiunque abbia una qualche idea di teologia dei sacramenti e di diritto canonico si accorge subito che qui c’è da interpretare.
In aggiunta alle considerazioni fatte, restano alcuni aspetti di fondo che una lettura in chiave storica di questo pontificato si trova a ipotizzare. La pluralità di visioni all’interno della Chiesa cattolica è cresciuta enormemente. Il cosiddetto dissenso degli anni postconciliari, più definito e circoscritto, è divenuto proteiforme ed esiste una difficoltà oggettiva a mantenere insieme le diverse anime del cattolicesimo contemporaneo. Rispetto ai pontificati più recenti che hanno retto la navicula Petri instaurando una relazione non particolarmente dialettica tra unità e uniformità, Francesco, che ne ha ereditato i rischi di frattura, prova a tenere insieme la cattolicità, virando, tra scogli e flutti, per mantenere una rotta. Un percorso, di sicuro, non indolore.
* Anna Carfora è docente di Storia della Chiesa presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Sezione San Luigi
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