
Argentina: l'aborto rimane un reato
BUENOS AIRES-ADISTA. Sconfitti, in Argentina, i fautori della legalizzazione della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza: l’8 agosto, il Senato dopo 12 ore di discussione ha respinto con 38 voti contro 31 il progetto di legge che alla Camera il 14 giugno scorso era passato con 129 voti a favore e 125 contro. L’aborto dunque rimane depenalizzato solo per gravidanze frutto di stupro o se esiste pericolo di vita per la madre. Continuerà a prosperare l’aborto clandestino (se ne calcola mezzo milione di casi ogni anno). E a mietere comunque le sue vittime. Al cui numero inoltre le donne continueranno a dare quel macabro contributo che la legge sull’igv avrebbe potuto evitare.
Come nella sede legislativa, anche nella cittadinanza la spaccatura tra i pro e i contro è risultata profonda ed evidente, non lasciando spazio alcuno alla tiepidezza. Numerose, ripetute e partecipate le manifestazioni degli uni e degli altri. A sorpresa troppo forti quelle contro la legalizzazione, tanto da far temere ai partiti che avessero voluto sostenerla di perdere il favore elettorale.
Esplicito, continuo l’impegno della Chiesa cattolica – ma anche delle altre più importanti denominazioni religiose – esplicitatosi nella campagna “Vale toda vida” (vale ogni vita) per muovere deputati e senatori alla bocciatura del progetto.
Il giorno dopo il voto del Senato, la Conferenza episcopale ha emesso una dichiarazione per «ringraziare i tanti uomini e donne, i senatori, le organizzazioni e le istituzioni che hanno parlato in difesa della vita. Apprezziamo particolarmente la testimonianza dei poveri, che ci insegnano sempre a ricevere la vita così come viene e sanno come prenderci cura di essa perché è un dono di Dio».
Al capillare dibattito protrattosi sul tema dell’aborto i vescovi riconoscono, oltre all’aver contribuito all’affossamento del progetto legislativo, anche un particolare merito: «Il dialogo ecumenico interreligioso – scrivono – è cresciuto unendo le forze per proteggere la vita dal concepimento fino alla morte naturale».
Sono consapevoli però i vescovi che la loro “vittoria” sarà “di Pirro” se la Chiesa non interverrà anche su altri fronti per alleviare la “piaga” dell’aborto. «Si tratta ora – afferma in chiusura la breve dichiarazione – di prolungare questi mesi di dibattiti e proposte nella concrezione dell'impegno sociale necessario per essere vicini a tutta la vita vulnerabile. Siamo di fronte a grandi sfide pastorali per annunciare più chiaramente il valore della vita: educazione sessuale responsabile, l'accompagnamento delle case di maternità che sono sorte specialmente nei nostri quartieri più umili per accompagnare le donne incinte in situazioni di vulnerabilità e cura per le persone che Hanno attraversato il dramma dell'aborto».
*Foto di Agumyr tratta da Wikimedia Commons immagine originale e licenza
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