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 El Salvador, sulla legge di riconciliazione nazionale “non aprite il vaso di Pandora”

El Salvador, sulla legge di riconciliazione nazionale “non aprite il vaso di Pandora”

SAN SALVADOR-ADISTA. «Aprire il vaso di Pandora può avere conseguenze catastrofiche» e «nessuno potrà richiuderlo». Così il cardinale Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, ha ammonito i partecipanti al tavolo di consultazione per la definizione di una legge di riconciliazione nazionale in El Salvador, evidentemente perplesso dall’andamento dei colloqui. Dopo la sonora bocciatura (urbi et orbi) della prima bozza di provvedimento presentato dalla Commissione Politica a metà mese (si veda Adista notizie 20/19), la presenza del cardinale Rosa Chavez al tavolo di concertazione rientra nella volontà, espressa dagli stessi membri della Commissione, di allargare la discussione del progetto di legge di riconciliazione nazionale alle organizzazioni della società civile, ai rappresentanti del mondo universitario, delle Forze armate e della Chiesa cattolica, per giungere ad un prospetto quanto più possibile condiviso. Dopo più di 27 anni dalla fine del conflitto (iniziato nel 1980), El Salvador attende ancora una legge che assicuri giustizia e ristoro per le vittime.

Come ha notato Raymond Bonner in un suo intervento sul New York Times e ripreso dal sito infoabe.com, coloro i quali durante la guerra civile erano acerrimi nemici, il FMLN (gruppo di guerriglieri di sinistra) e l’ARENA (partito di estrema destra), oggi sono rispettivamente promotori e sostenitori di un progetto di legge di amnistia che lascerebbe impuniti i criminali (evidentemente da una parte e dall’altra) e senza giustizia le vittime.

Sul tavolo di confronto tra società civile, Chiesa, deputati e militari, aperto lunedì 27 maggio, c’erano due documenti: il primo, che avrebbe dovuto essere messo ai voti giovedì 23 (e che poi è stato ritirato), su cui organizzazioni internazionali, Chiesa e, non in ultimo, la Corte interamericana dei diritti umani - CIDH (che il 28 maggio ha ordinato di «sospendere immediatamente la procedura per l'approvazione della legge»), hanno espresso forti dubbi di legittimità, dal momento che prevedeva la modifica delle pene detentive in favore di «lavori di pubblica utilità» per un massimo di 10 anni («un'altra legge di amnistia ingiusta, una legge spuria e totalmente illegittima che cerca di proteggere i criminali», l’aveva bollata l'arcivescovo di San Salvador, José Luis Escobar Alas); il secondo, redatto dalle associazioni per i diritti umani e delle vittime dei massacri della guerra civile, più focalizzato sulla necessità di avviare indagini e perseguire coloro i quali si sono macchiati di crimini di guerra e contro l’umanità, dando loro la giusta punizione e garantendo alle vittime il dovuto ristoro.

Un confronto caratterizzato dalla difesa, da parte di ciascuno, delle proprie posizioni, al termine del quale il cardinale Rosa Chavez ha espresso le proprie perplessità: «Dovrebbe prevalere un atteggiamento di perdono sincero», si legge sulle pagine di Elsavador.it, che ha ripreso l’intervento del prelato a margine della seduta, altrimenti si avrebbe una legge che invece di calmare le «ansie» delle vittime, lascerebbe tutti in una condizione in cui «continueranno a sanguinare le ferite, alimentando nelle future generazioni un astio senza fine, fonte di vendetta e causa di nuove rovine».

«Sento il dovere di esprimere la mia preoccupazione per alcuni gesti e dichiarazioni che invece di promuovere la riconciliazione possono incoraggiare atteggiamenti di vendetta» ha detto ancora il cardinale. Seppure è vero che il perdono che le vittime possono concedere non diminuisce o elimina l'esistenza di riparazione come parte del processo giudiziario nelle violazioni dei diritti umani, «nessuna punizione dovrebbe offendere l'inalienabile dignità di chi ha fatto torto. La porta al pentimento e alla riabilitazione dovrebbe essere sempre aperta» poiché «chi offre il perdono riceve la pace» ha affermato, riprendendo il messaggio di papa Giovanni Paolo II per la XXX Giornata Mondiale sulla Pace del 1997 ed evitando, tuttavia, di palesare la propria posizione sull’uno o l’altro documento.

Il Comitato politico dell'Assemblea si riunirà a giorni per valutare i contributi ricevuti da tutti i partecipanti. Intanto, però, la Corte Interamericana per i diritti dell’uomo, adita dai familiari delle vittime della guerra civile per bloccare quella legge di riconciliazione tanto contestata, si è pronunciata. Il suo Presidente, Eduardo Ferrer MacGregor Poisot, come si legge nel comunicato ufficiale diffuso alla stampa lo stesso 28 maggio, ha disposto la sospensione dell’iter legislativo, «fino a quando la plenaria della Corte non si pronuncerà sulla richiesta di misure provvisorie durante la sua prossima sessione».

A poco serviranno le proteste di alcuni membri dell’establishment salvadoregno, come Norman Quijano, presidente dell’Assemblea legislativa, secondo cui «non è possibile attenersi alla risoluzione della Corte» e che la «Costituzione prevale sui trattati» poiché, al contrario, alcuni membri del partito ARENA non hanno alcuna intenzione di metterne in dubbio la legittimità.

In attesa della pronuncia della CIDH, il primo giugno il neo eletto presidente Nayib Bukele inizierà il suo mandato e, come ha già più volte assicurato al popolo salvadoregno, non apporrà mai la firma su un provvedimento di amnistia il cui avallo, ha detto, sarebbe «un’infamità».

* Il card. Gregorio Rosa Chávez in una foto [ritagliata] di Octisanduran del 2015 tratta da wikimedia commons, licenza Creative Commons

 

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