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L’afonia dei cattolici nella polis: la proposta di Enzo Bianchi su “Vita Pastorale”

L’afonia dei cattolici nella polis: la proposta di Enzo Bianchi su “Vita Pastorale”

Si torna a parlare dei cattolici in politica sul primo numero del 2020 di Vita Pastorale, mensile dei paolini. La firma è quella – rinomata – di Enzo Bianchi, fondatore ed ex priore della comunità monastica di Bose. La «crisi» attuale è spiegata bene dal temine «aporia», spiega Bianchi: «Aporia come incertezza», come incapacità di compiere una scelta, «perché manca l’operazione faticosa e paziente del discernimento, della lettura dei segni dei tempi e delle urgenze emergenti oggi nel nostro mondo globalizzato». In questa situazione, in particolare, si percepisce l’«afonia» dei cattolici, continua l’analisi, legata principalmente ad un modo di vivere la fede sempre più svincolato dall’impegno nella cosa pubblica.

Nel corso del tempo le gerarchie cattoliche hanno silenziato i laici pretendendo di avere l’ultima parola su materie come cultura, politica e società. In questo modo, spiega l’ex priore di Bose, «s’è negata ai laici cattolici la possibilità di essere cristiani maturi, adulti» e «s’è zittita la loro voce».

Non spetta dunque all’istituzione ecclesiastica ma ai laici credenti partecipare alla vita pubblica per il bene comune. Ma come? Gastone Simoni parlava «di un nuovo partito democratico di piena ispirazione cristiana», «impegnato a tradurre laicamente e democraticamente» la Populorum progressio di Paolo VI. Stefano Zamagni ha lanciato di recente il suo “Manifesto per un nuovo soggetto politico d’ispirazione cristiana” (v. Adista Notizie 43/19). Eppure Bianchi ritiene «che oggi non sia sufficiente convocare, radunare ma, se si vuole compiere un’operazione politica efficace e duratura, occorre dedicare molto tempo alla formazione, a un cammino ecclesiale e nella polis di ascolto attento e continuo».

Su un fronte diverso c’è poi la proposta di un Sinodo per la Chiesa in Italia lanciata da p. Bartolomeo Sorge su Civiltà Cattolica. Sulla scia della sinodalità, Bianchi propone «una via concreta che permetterebbe una polifonia di voci e azioni ispirate da una stessa fede. Contro ogni tentazione di integralismo e di ricerca di una presenza “occupante” nella politica, a mio avviso i cattolici dovrebbero imparare ad abitare lo spazio in cui regna Cesare senza per questo renderlo uno spazio teocratico. Finita la stagione della cristianità, finita la stagione del partito cattolico ed esauritosi il “progetto culturale”, occorre iniziare un nuovo percorso che può solo realizzarsi mediante una prassi ecclesiale vissuta a livello di comunità cristiane e di chiese locali. La proposta è, dunque, quella di dare vita nelle nostre chiese locali, diocesane o regionali, a uno spazio al quale tutti i cattolici possano essere convocati e quindi partecipare. Non un’assemblea dei soliti scelti o eletti in base all’appartenenza ad associazioni o istituti pastorali, ma un’assemblea realmente aperta a tutti, che sappia convocare uomini e donne muniti solo della vita di fede, della comunione ecclesiale, della consapevole collocazione nella compagnia degli uomini». Un luogo di discernimento, dove si leggono i problemi del Paese alla luce del Vangelo, in un contesto di ascolto e confronto capace di dar vita a «convergenze pre-politiche, pre-economiche, pre-giuridiche che confermano l’unità della fede ma lasciano la libertà della loro realizzazione». Come dice Francesco: «Una polifonia ispirata a una stessa fede e costruita con molteplici suoni e strumenti».

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