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“Ripensare la fede nella fedeltà a Gesù e al proprio tempo”. Un libro di Vittorio Mencucci

“Ripensare la fede nella fedeltà a Gesù e al proprio tempo”. Un libro di Vittorio Mencucci

Tratto da: Adista Notizie n° 1 del 11/01/2020

40088 ROMA-ADISTA. «Voi tradite Cristo e lo svendete per correre dietro alle sirene della modernità»: è una delle espressioni tipiche con cui i tradizionalisti cattolici rimproverano ogni tentativo di leggere in modo storico-critico la Bibbia o di indagare il profilo del Gesù storico ebreo di Palestina sotto il dominio romano, rispetto al Cristo ipostatizzato predicato dalla Chiesa a partire almeno da Paolo di Tarso. Eppure, sostengono gli autori del libro Ripensare la fede nella fedeltà a Cristo e al proprio tempo. Critica al ritardo culturale delle omelie (scritto a due mani da Vittorio Mencucci e Luigi Gianantoni per la casa editrice Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2019, pp. 184, euro 15; il libro può essere richiesto ad Adista, tel. 06/6868692; email: abbonamenti@adista.it; o acquistato presso la nostra libreria online), è esattamente il contrario di ciò che conservatori e tradizionalisti pensano. Un cambiamento di prospettiva nell’approccio al messaggio di Gesù, alla storia della Chiesa, alla comprensione delle scritture non allontana le persone dalla fede, ma le aiuta a tornare al cuore del messaggio di Gesù, liberandolo da tutte le indebite incrostazioni della storia e dalle inadeguate ed anacronistiche letture.

L’analisi storica e la riflessione sull’ermeneutica biblica costituiscono le due sezioni (curate rispettivamente da Mencucci e da Gianantoni) che compongono il libro e ne sviluppano la significativa riflessione.

Nella dimensione storica, Mencucci rileva che a partire da Costantino la Chiesa diventa progressivamente una istituzione mondana che ricerca il potere e la ricchezza e i suoi esponenti (quasi tutti provenienti dalle elite dominanti) se ne sono spesso serviti, e senza troppi scrupoli, per la propria affermazione temporale. Durante il Medio Evo Gregorio VII con il Dictatus papae, Innocenzo III con la lettera Sicut universitatis Conditor, Bonifacio VIII con la bolla Unam sanctam, hanno dato alla Chiesa una struttura di potere imperiale. Questo processo ha plasmato tutte le espressioni di fede, oscurando inevitabilmente lo spirito evangelico. E se oggi papa Francesco nella lettera al popolo di Dio (agosto 2018) denuncia le responsabilità del clericalismo vuol dire che ancora permane uno strascico della vecchia supremazia di origine storica. La pratica ordinaria religiosa comporta la confessione delle proprie debolezze al sacerdote, lui e solo lui parla pubblicamente, gli altri debbono tacere, ascoltare e mettere in pratica.

La questione che pongono gli autori è che l’uomo contemporaneo decisamente rifiuta di vivere in questo orizzonte, perciò, pur ammirando il messaggio evangelico, si definisce sempre più spesso credente, ma non praticante; guardando con diffidenza, sospetto e crescente sfiducia alla figura del chierico. Al contempo, spiega Mencucci, generano un senso di crescente fastidio i sontuosi palazzi e i privilegi degli ecclesiastici, i paramenti e gli stemmi, le liturgie e i formalismi, mentre suscita addirittura sdegno e ribellione il ricordo dei roghi degli eretici e delle “streghe”, dell’indice dei libri proibiti e di ogni forma di inquisizione in genere. Il cammino della Chiesa verso il ripensamento critico di sé è quindi indispensabile per mantenere viva e credibile l’istituzione attraverso cui il messaggio di Gesù è stato sinora tramandato a tanti.

La parte del libro curata da Gianantoni mette in luce come i moderni metodi ermeneutici permettano una più approfondita interpretazione della parola di Dio, smascherando tanti pregiudizi e rendendo la Bibbia un testo che ha ancora molto da dire all’uomo ed alla società contemporanei. Liberata dalle scorie della millenaria storia della Chiesa e del magistero, la stessa figura di Cristo appare in una diversa luce. Del resto, è proprio dopo il Concilio Vaticano II che la figura di Gesù va sempre più compresa nella prospettiva di sottolinearne chiaramente l’umanità. E un Dio che si incarna e condivide la nostra condizione umana, necessariamente si esprime alla maniera umana, usa il nostro linguaggio, vive nel nostro mondo e prende parte alla nostra storia, di lui si può parlare solo con le categorie umane.

Il punto è che mentre la ricerca teologica si mantiene al passo con la cultura moderna, la fede di gran parte del popolo cattolico è sostenuta quasi esclusivamente dalla predicazione dell’omiletica domenicale ed è ancorata ad un orizzonte che oscilla tra mito e dogmatismo, spesso in assenza di ogni senso critico. Perciò accade che tanti abbandonino la pratica della fede con un senso di sdegnosa superiorità, come di fronte a un residuo di Medioevo. Non solo secondo gli autori è quindi possibile, ma è assolutamente necessario insegnare ai fedeli cattolici il senso critico nell’approccio alle Scritture, alla figura di Gesù, nello studio della storia della Chiesa, in funzione di un ripensamento della fede con nuove categorie che consenta di essere essere credenti in piena consapevolezza e libertà.  

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