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Amnesty International-Italia deplora i Decreti sicurezza: producono emarginazione e ghettizzazione

Si intitola “I sommersi dell’accoglienza. Conseguenze del decreto legge 113/2018” il rapporto di Amnesty International Italia sul sistema di accoglienza italiano derivante dai Decreti sicurezza approvati il 4 ottobre (legge 113/2018) e il 20 novembre 2018.

«Interrogarsi sulle migrazioni – vi si legge – e in particolare sulle condizioni di vita di migliaia di richiedenti asilo e beneficiari di protezione internazionale significa concentrarsi non solo sulle ragioni della loro partenza, sulle condizioni sociali, politiche e ambientali dei paesi di origine, sulle caratteristiche del viaggio o sulle terribili esperienze di tortura e violenza che essi possono subire, ma anche sul sistema d’accoglienza organizzato nel paese di primo arrivo o sbarco e i percorsi di formazione, inclusione sociale, lavorativa e autonomizzazione della persona che finiscono col definire il rapporto tra il paese di approdo, i migranti e il complesso di diritti di cui essi sono titolari».

«L’analisi del Decreto legge 113/2018 in materia di protezione internazionale, immigrazione e sicurezza pubblica mette in evidenza il processo di infragilimento del richiedente asilo e del beneficiario di protezione. Si tratta di un processo che caratterizza la loro condizione giuridica e sociale ormai da diversi anni e che il Decreto 113/2018 amplifica in modo rilevante, producendo emarginazione sociale e ghettizzazione, insieme alla possibilità per il richiedente asilo di precipitare in un esercito di invisibili di riserva facile preda di interessi criminali e organizzazioni mafiose (sfruttatori, trafficanti, caporali e mafiosi)».

«Le misure che escludono i richiedenti asilo dal sistema dell’accoglienza – considera il rapporto – di fatto cancellano la possibilità di realizzare un percorso inclusivo e socialmente avanzato, mentre l’abolizione della protezione umanitaria priva migliaia di persone, che si vedono rigettare la richiesta di asilo e che non possono essere rimpatriate se non in violazione della legge, di uno status legale che permetterebbe loro l’accesso ai servizi sanitari, sociali e abitativi, istruzione e lavoro, con evidenti ripercussioni negative su qualità di vita, sicurezza e dignità e aumentandone la vulnerabilità e l’esposizione allo sfruttamento lavorativo e criminale».

Si tratta perciò di «un cambiamento normativo e procedurale che si inserisce nella cornice di una politica fortemente orientata a bloccare gli sbarchi sulle coste italiane di donne, bambini e uomini che scappano da guerre, terrorismo, persecuzioni, cambiamenti climatici e violenze, a limitare in modo sostanziale il godimento di alcuni loro diritti fondamentali e a costruire barriere e ostacoli di carattere amministrativo e legislativo».

L’intero rapporto è leggibile qui

*Foto tratta da Pixabay, immagine originale e licenza

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