
Giovanni Bachelet ricorda il padre. Discorso al CSM, 12 febbraio 2020
Il 12 febbraio scorso sono trascorsi 40 anni dalla morter di Vittorio Bachelet (Roma, 20 febbraio 1926 – Roma, 12 febbraio 1980), giurista e politico italiano. Docente universitario, fu anche dirigente dell'Azione Cattolica ed esponente democristiano. Fu assassinato dalle Brigate Rosse in un agguato alla Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza. Di seguito riportiamo il testo del ricordo pronunciato al Consiglio Superiore della Magistratura, di cui Bachelet era stato vicepresidente, del figlio Giovanni
1. Saluto e ringrazio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il vice Presidente David Ermini, il Ministro Buonafede, il primo presidente della Corte di Cassazione, il Procuratore Generale, i consiglieri per l’impegno a mantenere viva la memoria di mio padre e per l’invito. Saluto anche con affetto e gratitudine anche gli uomini in divisa che mi ricordano i nonni ufficiali.
2. Quarant’anni sono molti. Se papà fosse vivo avrebbe 94 anni; molti membri del suo CSM sono intanto morti di morte naturale; nel bene e nel male, l’Italia, l’Europa e il mondo sono cambiati al punto da risultare quasi irriconoscibili per chi avesse chiuso gli occhi nel 1980.
3. Trovandoci però a commemorare mio padre davanti al Capo dello Stato nella sede dell’organo di autogoverno dei magistrati, è naturale anche osservare che qualcosa di importante è rimasto: Costituzione e Magistratura hanno continuato e continuano a rappresentare, nell’avvicendarsi delle generazioni e nel susseguirsi di imponenti mutamenti tecnologici, sociali e geopolitici, un punto di riferimento e una garanzia per tutti gli Italiani.
4. In questi quarant’anni, ogniqualvolta la politica, l’economia o la stessa società si disgregavano e mancavano ai loro doveri (che si trattasse di mafia o terrorismo, di massoneria o corruzione politica, di acciaierie o quote latte o viadotti autostradali) magistrati e avvocati, anche quando non hanno pagato con la vita la fedeltà alla loro insostituibile funzione, si sono spesso trovati ad essere l’ultima trincea, la “linea del Piave” dello stato di diritto.
5. In questo contesto il rapporto fra magistratura e politica non è mai stato pacifico e le reciproche accuse di interferenza e sconfinamento nei rispettivi campi non sono una novità: noi pensiamo magari che Mani Pulite, il falso in bilancio abolito per legge, i magistrati che entrano in politica o i politici che in una legislatura accorciano la prescrizione e in un’altra la aboliscono siano fenomeni relativamente recenti, ma venerdí scorso Luigi Scotti, consigliere ai tempi di mio padre, ci raccontava che il parere critico dato dal CSM su alcuni aspetti delle leggi antiterrorismo non fu preso affatto bene dal Parlamento di allora; e che l’ultimo plenum del CSM prima che mio padre morisse fu dedicato a smentire un’interrogazione parlamentare nella quale alcuni magistrati venivano indicati addirittura come fiancheggiatori dei terroristi.
6. Da cittadino e da ex parlamentare mi pare però di poter dire, al di là delle periodiche crisi che attraversano e intersecano politica e giustizia e nel CSM trovano una naturale sede di soluzione e composizione, che i tre punti del programma (ce lo raccontava sempre Luigi Scotti) del CSM di quei tempi difficili e violenti –fedeltà allo stato di diritto, tenuta ed efficacia delle istituzioni, autonomia e indipendenza della magistratura– rappresentino una bussola sempre attuale. Seguirla mi pare il modo migliore di commemorare mio padre e i tanti che hanno dato la vita per la giustizia nel nostro Paese.
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