
Dopo la 50.ma ratifica, in vigore il Trattato Onu contro le armi nucleari. Il nodo italiano
Il 24 ottobre sono state raggiunte le 50 ratifiche necessarie, ultima quella di Honduras, Nauru e Giamaica, e il 22 gennaio prossimo il Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari (Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons-Tpnw) entrerà finalmente in vigore. Adottato il 7 luglio 2017, a New York, con 122 voti favorevoli, un astenuto (Singapore) e uno contrario (Olanda), il Trattato proibisce di sviluppare, testare, produrre, acquisire, possedere o conservare, trasferire qualsiasi dispositivo d'arma nucleare. Il Tpnw, inoltre, vieta non solo l'uso, ma anche la “minaccia d'uso”.
Di arsenali nucleari e del rapporto tra Trattato di non proliferazione (Tnp) del 1968 e Trattato attuale si parla sull'ultimo numero di Iriad Review, la rivista dell'Istituto di Ricerche Archivio Disarmo, diretta da Maurizio Simoncelli. Simoncelli ripercorre il cammino intrapreso negli ultimi anni, alla luce delle resistenze di numerosi Stati detentori e dei loro alleati, i quali si appellano al Trattato di non proliferazione (Tnp) per garantirsi comunque la possibilità esclusiva di preservare i propri arsenali. L’auspicio attuale, secondo il direttore di Iriad Review, è che il Tpnw «possa spingere i Paesi armati nuclearmente e i loro alleati (Italia compresa) a fare passi coraggiosi, in grado di rispondere alle vere e gravi minacce dei cambiamenti climatici, della povertà e delle pandemie».
Con entusiasmo e con grande consapevolezza del cammino ancora da fare, anche Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica (partner nella Campagna ICAN, Nobel per la Pace 2017) hanno accolto la 50.ma ratifica dell'Honduras. Il problema è che il Trattato sarà vincolante per quegli Stati che lo hanno adottato e ratificato. Il prossimo passo della mobilitazione contro l’atomica sarà dunque caratterizzato dal «rafforzamento della mobilitazione “Italia, ripensaci” che già dal 2017 punta a far cambiare idea a governo e politica italiani finora rimasti al fuori, per scelta, da questo percorso di disarmo nucleare». In particolare Rete Pace e Disarmo e Senzatomica chiedono alla politica di «liberarsi dalle pressioni ed indicazioni provenienti dalla Nato e dagli Stati Uniti, che mirano a tenerla sotto il loro ombrello nucleare». Anche perché in Italia, nelle basi militari Usa di Ghedi e Aviano, ancora ci sono circa 50 ordigni nucleari. Cosa che, spiega il comunicato, proprio non va giù alla stragrande maggioranza della popolazione italiana. Le risorse investite nell'acquisto e nella manutenzione degli ordigni potebbero inoltre essere impiegate in «usi più utili per l’umanità come il contrasto al cambiamento climatico, alla pandemia, alla povertà».
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