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Democrazia, fiume per il popolo-messia

Democrazia, fiume per il popolo-messia

Tratto da: Adista Notizie n° 9 del 06/03/2021

«C’era una volta un villaggio di creature che vivevano nel fondo di un gran fiume di cristallo. La corrente del fiume scorreva silenziosamente su tutte le creature, giovani e vecchie, buone e malvagie, in quanto la corrente seguiva il suo corso, conscia soltanto della propria essenza di cristallo. Ogni creatura si avvinghiava strettamente, come poteva, alle radici e ai sassi del letto del fiume, poiché avvinghiarsi era il loro modo di vivere, e opporre resistenza alla corrente era ciò che ognuna di esse aveva imparato sin dalla nascita. Ma finalmente una delle creature disse: “Sono stanca di avvinghiarmi. Poiché, anche se non posso vederlo con i miei occhi, sono certa che la corrente sappia dove sta andando, lascerò la presa e consentirò che mi conduca dove vorrà. Continuando ad avvinghiarmi morirò di noia”. Le altre creature risero e dissero: “Sciocca! Lasciati andare e la corrente che tu adori ti scaraventerà contro le rocce”. Quella però non dette loro ascolto e, tratto un respiro, si lasciò andare e subito venne fatta rotolare dalla corrente e scaraventata contro le rocce. Ciò nonostante, dopo qualche tempo, poiché la creatura si rifiutava di tornare ad avvinghiarsi, la corrente la sollevò dal fondo, liberandola, ed essa non fu più né contusa né indolenzita. E le creature più a valle nel fiume di cristallo gridarono: “Guardate il Messia, venuto a salvarci!”. E la creatura trascinata dalla corrente disse: “Io non sono un messia più di voi. Il fiume si compiace di sollevarci e liberarci, se soltanto osiamo lasciarci andare”. Ma quelle, continuando ad avvinghiarsi alle rocce, inventarono la leggenda del Messia Salvatore». Sembra la fotografia dell’Italia al tempo del Draghi-Messia. Non che lui – spero! – si consideri un messia, sono quasi tutti gli altri a considerarlo tale, per interesse, per convinzione, per coprire il proprio fallimento. Ormai da anni abbiamo deciso di “opporre resistenza alla corrente” di un reale cambiamento, abbiamo deciso di sopravvivere avvinghiati alle certezze della politica di sempre, invocando un messia che venga a rasserenarci ogni volta che non osiamo lasciarci andare, e restiamo fermi aspettando Godot che non arriva mai. Attendiamo sempre che qualcuno venga a liberarci, dalla pandemia, dalla crisi economica e sociale, dalla malapolitica, dalla depressione. Ogni tanto ci viene proposto il messia di turno, ma dopo poco lo togliamo di mezzo perché ci piace attendere il messia che vogliamo noi. A Gesù non piaceva essere considerato messia, e “sgridava” chi lo riconosceva tale. Gli evangelisti nell’episodio della Trasfigurazione descrivono il disperato tentativo di Pietro di convincere Gesù a considerarsi il messia che si impone con la forza. Sembra dettata dall’ingenuità la disponibilità a fare “tre capanne: una per te, una per Mosè e una per Elia”. La festa delle Capanne ricorda agli ebrei l’antica liberazione dalla schiavitù egizia, e per una settimana si vive sotto delle capanne. Si crede che il messia che libererà con la forza il solo popolo eletto, si manifesterà proprio durante questa festa. Perciò Pietro cerca di ingannare Gesù toccandolo nell’orgoglio e facendogli intravedere la presa del potere come messia. Più o meno gli dice: organizziamo una piccola festa delle Capanne così tu potrai svelarti come messia, come il messia che voglio io, quello della tradizione, che impone la legge con la violenza. È Dio Padre a rimproverarlo con una frase tuonante. Né uno vale uno, né uno vale tutti! Non un solo messia, ma un popolo- messia.

Ovviamente non ce l’ho con il presidente Mario Draghi, ma con noi cittadini e con i nostri rappresentanti politici, che non riuscendo a trovare soluzioni concrete ai problemi complessi che il presidente Sergio Mattarella ci ha drammaticamente ricordato, anziché ammettere l’impotenza, abbiamo tirato fuori dal cilindro della storia l’ennesimo messia. Nonostante la nomina di Mario Draghi a presidente del Consiglio, stanchi di avvinghiarci al peggio del passato, non dobbiamo smettere di cercare il modo per lasciarci andare insieme nella corrente della democrazia che scorre sempre nuova, leggendo la Costituzione con gli occhiali dell'oggi, fidandoci di quel popolo che essa considera comunque sovrano. Questa strada, senza alcun presidente-messia, ma con la partecipazione e la responsabilità di tutti, potrà portarci fuori dalla crisi sanitaria, economica e sociale, a cui siamo sempre più avvinghiati! Voglio credere e sperare che Mattarella, Draghi, la maggior parte dei parlamentari e di noi cittadini, smettendo di inseguire un messia, ci ritroviamo come popolo solidale nelle differenze, che affronta i problemi, e cerca di risolverli insieme.

…C’era una volta, e c’è ancora un popolo-messia!  

Vitaliano Della Sala è parroco a Mercogliano (AV) e vicedirettore della Caritas diocesana di Avellino

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