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Ritorno al passato?

Ritorno al passato?

Newsletter  n. 227 del 16 luglio 2021



Carissimi,

la nostra ultima lettera, “Il Dio che perdiamo”, è stata ragione di consolazione per molti, per  i quali “perdere Dio” significherebbe perdere tutto; più che posteri di Dio se ne sentirebbero orfani, vittime di una promessa non mantenuta (“non vi lascerò orfani”).

Il dossier sul post-teismo potrebbe pertanto arricchirsi di molti nuovi apporti contro e a favore delle nuove teorie, ma è difficile rintracciare tutti gli scritti e riunirli tutti insieme perché da molte fonti e per molti canali la discussione dilaga. È importante però soffermarsi ancora sul punto di partenza del confronto per chiedersi che cosa in effetti ci viene proposto da quanti appellandosi alle nuove consapevolezze acquisite grazie alla scienza, alle scoperte e al vissuto di questa nuova età del mondo, dichiarano chiuso il capitolo di Dio, visto nelle forme forse un po’ stereotipe in cui lo ha tramandato il teismo (onnipotente, onnisciente, dispotico, ecc.).

E intanto per la chiarezza dei termini bisogna dire che ciò che ci viene proposto non è l’ateismo, perché per l’ateismo nessun Dio c’è mai stato, neppure questo oggi  dismesso; non è per il mutare dei tempi che egli viene ora negato, altra è la privazione di Dio che alla sua lunga e nobile tradizione va ascritta. Il post-teismo ragiona invece di un Dio che c’era, o che almeno è stato creduto (e tanto e da tanti che intorno a questa nozione di Dio si è caratterizzata un’intera epoca storica), e che ora in un mondo fattosi adulto non c’è più, non ha ragione di essere creduto e a cui è facile addossare improbabili connotati oggi confutati fino all’irrisione.

Però il Dio che così viene ora licenziato non è tanto quello del teismo, quanto in realtà è il Dio del monoteismo, che distaccandosi dal magma delle religioni primitive e dei culti panteisti che divinizzavano le forze della natura come il cielo la terra il sole la luna, a un certo punto ha fatto irruzione nella storia di questa parte del mondo nell’area mediterranea. Secondo la Bibbia questo evento risale all’età dei patriarchi, al patto con Abramo, secondo Freud (“L’uomo Mosè e la religione monoteistica”, che è il suo ultimo libro) è, nel XIV secolo a. C., un frutto della gloriosa quattordicesima dinastia dell’Egitto divenuto impero, che aveva bisogno di una religione più diffusiva; e questa religione fu trasmessa da Mosè, che sarebbe stato non ebreo ma un egizio, al popolo di Israele nell’atto di mettersene a capo, di portarlo fuori dall’Egitto e di farsene legislatore e guida. 

In ogni caso quale che sia la genesi del monoteismo è come se due strade si fossero aperte al tempo delle origini: da un lato nel popolo greco secondo Freud ci fu “un allentamento del politeismo” e l’inizio del pensiero filosofico, dall’altro in Egitto e nel popolo ebreo si ebbe l’abbandono dei culti idolatrici e la costruzione dell’unico Dio dominante su tutto e capace di amare in modo personalissimo il suo popolo: e fu questo il grande dono fatto da Israele all’umanità intera. Poi, nel tempo stabilito questo Dio, immedesimato in Gesù di Nazaret e da lui reinterpretato fino al rovesciamento dell’umiliazione e della croce, è entrato nella storia e attraverso la sua Chiesa con tutto il suo carico di paradossi, mito o mistero che siano considerati, ha piantato la sua alternativa nel mondo.

Sbarrare ora questa strada e risospingere questo Dio nel nostro passato, come fa il post-teismo, che piuttosto dovrebbe dirsi un post-monoteismo, non significa perciò proiettarsi nel futuro come vorrebbe il progressismo, ma tornare a quel bivio della storia umana quando il Dio unico si separò dagli idoli, desacralizzò la natura e demitizzò le astrazioni spiritualistiche per le quali tutte le cose sono considerate divine e le stesse facoltà umane sono esaltate come brandelli dell’assoluto.

Occorre pertanto vigilare perché questo “post” del teismo non sia piuttosto una ricaduta nel passato e perché questo ritorno all’areopago di Atene che dovrebbe affrancarci dal “Dio ignoto”, giustamente inaccessibile alla scienza, non ci consegni piuttosto agli idoli che sempre più stanno prendendo il controllo della nostra vita. Se noi abbiamo infatti più sicurezze e meno antidoti, gli idoli crescono di numero e potenza, che si tratti del pallone glorioso, dei mercati sovrani, dei brevetti irrinunciabili sui vaccini o della libertà di inquinare.

Con i più cordiali saluti

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