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Parigi, caso Aupetit: il papa accetta le dimissioni «sull’altare dell’ipocrisia»

Parigi, caso Aupetit: il papa accetta le dimissioni «sull’altare dell’ipocrisia»

In seguito alle rivelazioni del settimanale francese Le Point, che lo accusava di problemi di governance e di aver intrattenuto una relazione con una donna dieci anni fa, l’arcivescovo di Parigi mons. Michel Aupetit si era pubblicamente difeso e aveva rimettesso nelle mani di papa Francesco ogni decisione sul suo mandato (v. notizia di Adista https://www.adista.it/articolo/67146).

A stretto giro, con insolita rapidità, il papa a sua volta aveva deciso di rimuovere l’arcivescovo e affidare la diocesi vacante alle cure dell’ex arcivescovo di Marsiglia, mons. Georges Pontier (v. notizia di Adista https://www.adista.it/articolo/67148).

Sulla vicenda, interpellato da un giornalista francese, il papa è intervenuto anche ieri in aereo, durante il volo di ritorno dal suo 35° viaggio apostolico a Cipro e Grecia. «Io mi domando», si è chiesto il papa in conferenza stampa, «ma cosa ha fatto lui di così grave da dover dare le dimissioni?». Ricordando che la vicenda morosa denunciata dalla stampa rappresentava forse «una mancanza contro il sesto comandamento, ma non totale, di piccole carezze e massaggi che faceva alla segretaria», Francesco ha sottolineato che «i peccati della carne non sono i più gravi». Anche Pietro, il fondatore della Chiesa scelto da Gesù, ha spiegato il papa, era un peccatore, aveva rinnegato Cristo, ma la sua gente l’aveva accolto come vescovo, «perché era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre, tutti, era una Chiesa umile. Si vede che la nostra Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore». Dunque il papa attribuisce a una falla di credibilità la ragione della sua decisione: Aupetit «non potrà governare perché ha perso la fama, non per il suo peccato, che è peccato (come quello di Pietro, come il mio, come il tuo) ma per il chiacchiericcio delle persone. Per questo ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia».

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