
Irlanda: il provinciale redentorista chiede al Vaticano il reintegro di p. Tony Flannery, vittima di una "pena a vita"
DUBLINO-ADISTA. Che p. Tony Flannery, prete redentorista irlandese punito dieci anni fa dal Vaticano per le sue posizioni su sacerdozio femminile, relazioni omosessuali, unioni civili e identità di genere, venga reintegrato nelle sue funzioni: lo chiede il provinciale irlandese dei Redentoristi p. Dan Baragry, secondo quanto si legge sul National Catholic Reporter (4/2). «Appare particolarmente sproporzionato che le sanzioni imposte, come nel caso di padre Flannery, per aver espresso per iscritto un commento teologico e pastorale, siano senza limiti di tempo», ha affermato p. Baragry, paragonando la punizione comminata a Flannery a una «pena a vita»: «Questa sproporzione si moltiplica in ragione di un contesto ecclesiale odierno, sotto la guida di papa Francesco, che incoraggia la riflessione teologica e il dibattito».
Una lunga storia
Sono passati dieci anni – e nel frattempo il religioso ne compie 75 – da quando, nel febbraio 2012, Flannery (che nel 2010 aveva dato vita all’Association of Catholic Priests, organismo che promuove un profondo e radicale rinnovamento nella Chiesa, molto popolare in Irlanda) venne sospeso dalla sua congregazione religiosa su pressione del Dicastero vaticano per la Dottrina della Fede (v. Adista Notizie nn. 9, 15 e 18/12; 4/13).
Il Vaticano gli vietò di esprimere opinioni sui media e sul sito della propria associazione e lo obbligò (insieme ad altri preti) a interrompere l’attività editoriale sulla rivista dei redentoristi irlandesi Reality, che rifletteva posizioni progressiste sui temi più scottanti. Le misure contro p. Flannery innescarono una reazione molto dura nella parte più avanzata della Chiesa del Paese, che parlò di “caccia all’eresia” (così si era espresso l’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin), che avrebbe inasprito la percezione di un sempre crescente e significativo “scollamento” tra la Chiesa irlandese e Roma. La notizia dell’investigazione su p. Flannery era arrivata poco dopo la diffusione del rapporto sulla visita apostolica condotta in Irlanda dal Vaticano, nel quale si prendeva anche atto di «una certa tendenza diffusa tra preti, religiosi e laici, a opinioni teologiche divergenti dagli insegnamenti del magistero».
Nel giugno 2012 il religioso ricevette un documento della Cdf (il cui prefetto era il card. William Levada) che, richiamando i canoni 1044 e 1364 del codice di diritto canonico, lo minacciava di scomunica. Levada però ritenne sufficiente il documento di chiarificazione presentato da Flannery, mentre il card. Ludwig Müller, succedutogli nel 2013, gli chiese una “prova di ortodossia”, con la sottoscrizione di una dichiarazione sulla successione apostolica, una sull’eucarestia, una sul sacerdozio (nella quale si afferma che l’ordinazione femminile è impossibile) e una quarta in base alla quale p. Flannery avrebbe dovuto dichiarare di accettare l’intero insegnamento della Chiesa, anche in merito alle «questioni morali». Punti, questi ultimi due, che determinarono il rifiuto del religioso. In quel contesto, l’Association of Catholic Priests scrisse direttamente a papa Francesco chiedendo di riesaminare la questione e ribaltare la posizione della CdF, sottolineando come quest’ultima non avesse «mai comunicato direttamente con p. Flannery» né gli avesse «mai concesso l’opportunità di spiegare le sue posizioni».
«Considero la rinuncia alla mia libertà di pensiero, di parola e soprattutto di coscienza un prezzo troppo alto da pagare per essere riammesso tra le file dei ministri della Chiesa», aveva detto allora Flannery; «farò, nel mio piccolo, tutto ciò che posso per oppormi alla tendenza attuale del Vaticano a creare una Chiesa della condanna invece di una Chiesa della misericordia».
Nel frattempo continuò a impegnarsi sui temi ecclesiali importanti. Nel 2015 promosse un accorato appello ad aprire una discussione sulla piena uguaglianza delle donne nella Chiesa e sul sacerdozio femminile, tornando poi sulla questione insieme ad altri 11 preti irlandesi, che non intendevano «rendersi complici della sistematica oppressione delle donne nella Chiesa cattolica». E un altro appello lanciò l’anno successivo (firmato da 15 teologi, scrittori e attivisti cattolici internazionali sanzionati dal Vaticano, ivi compresi due vescovi, v. Adista Notizie n. 16/16) contro i processi iniqui della Cdf, che non rispettano gli standard dei diritti umani né rispecchiano i valori evangelici di giustizia, verità, integrità e misericordia, a danno di teologi e scrittori cattolici le cui posizioni, non gradite ad alcuni, vengono segnalate al Vaticano e che si ritrovano giudicati da un organismo, la Congregazione per la Dottrina della Fede, che funge allo stesso tempo da organo inquirente, pubblico ministero e giudice.
Nel febbraio 2020 i vertici redentoristi chiesero per la prima volta il reintegro di p. Flannery, inviando una lettera in Vaticano, nella convinzione che con papa Francesco si respirasse ormai una nuova aria (v. Adista Notizie n. 34/20). Una risposta da Roma effettivamente arrivò, ma non quella sperata: nel settembre dello stesso anno, Flannery ricevette dalla Cdf una lettera, firmata dall'allora segretario mons. Giacomo Morandi e inviata formalmente al superiore generale dei redentoristi a Roma p. Michael Brehl, nella quale si affermava che Flannery sarebbe stato riammesso al ministero pubblico solo se avesse sottoscritto quattro affermazioni del magistero riportate in calce: di nuovo una “prova di ortodossia”. Anche questa volta Flannery rifiutò: «Non posso più avere a che fare con un organismo che produce un documento del genere», disse a The Irish Times (16/9/20); «La vita è troppo breve, specialmente a 73 anni».
Sono passati altri due anni. Ora p. Baragry, insieme al gruppo dirigente dei redentoristi irlandesi, sostiene la richiesta di Flannery di una revisione esterna «e ci aspettiamo e speriamo che una tale revisione possa portare alla sua riconferma al ministero». Baragry ha detto che la sua congregazione religiosa in Irlanda ha intrapreso diverse iniziative nel perseguimento di questo obiettivo, ma tutte hanno dovuto affrontare vari ostacoli e barriere.
E a Roma? Il superiore generale p. Brehl, alla domanda del NCR se avesse appoggiato la richiesta di una revisione di Flannery, ha risposto: «È molto deplorevole che questa situazione sia continuata per un periodo così lungo. In questo momento, non posso commentare ulteriormente».
Un noto avvocato civile irlandese, Robert Dore, che ha già difeso preti discriminati, ha affermato che il Vaticano è «colpevole di aver derubato p. Flannery del suo legittimo diritto a procedure eque nel contesto del diritto civile irlandese» e che gli sono stati «negati i suoi diritti costituzionali».
Flannery, dal canto suo, spera che questa sia la volta buona perché la vicenda abbia finalmente una conclusione: «Poiché il Vaticano è un luogo molto diverso da quello che era dieci anni fa, e ammettendo che sia stato il Superiore Generale Redentorista, padre Brehl, a sospendermi dal ministero, anche se per ordine della CDF, credo che Padre Brehl potrebbe ora revocare unilateralmente quella sospensione e, in questo modo, correggere il torto di dieci anni fa", ha affermato Flannery in una mail al Ncr. La sua richiesta di una revisione indipendente, ha scritto, non è troppo da chiedere a un'istituzione che proclama di essere sinonimo di verità, giustizia e amore. «Se quella revisione avesse luogo e fosse trasparente, allora sarei felice di sedere con qualsiasi autorità della Chiesa e discutere le mie opinioni e opinioni», ha detto il sacerdote. «Lasciamoli poi esprimere un giudizio su di me come meglio credono, e nella misura in cui io sarò stato equamente ascoltato e rispettato, spero di poter accettare il verdetto».
* Foto tratta dall'account Twitter di Tony Flannery
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