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Lascia il segno la grazia di aver conosciuto e frequentato Giampiero Forcesi

Lascia il segno la grazia di aver conosciuto e frequentato Giampiero Forcesi

L'articolo, comparso il 16 febbraio sul portale di cattolici democratici C3dem, è stato scritto da Vittorio Sammarco, giornalista e saggista, per ricordare Giampiero Forcesi, morto il 15 dopo una lunga malattia. Entrambi, Giampiero e Vittorio, protagonisti dell'esperienza del settimanale dell'Azione Cattolica Segno Sette, entrambi, con Angelo Bertani che aveva assunto la direzione della nostra testata, hanno per un breve periodo lavorato anche ad Adista. 

L'articolo, nella sua versione originale, è consultabile a questo link

 

 

È sempre difficile, a caldo, scrivere parole giuste per una persona cara che se ne è andata. Lo è ancora di più per una persona come Giampiero Forcesi. Perché le grandi virtù di cui era dotato in qualità e quantità infinita, a ricordarle bene si rischia di essere o retorici o al contrario banali.

Giampiero (scomparso nella serata del 15 febbraio) è stato per me molto di più che un collega e un amico: un maestro discreto, di poche parole e di fatti non mostrati con palese evidenza, ma con umiltà e tenacia. Lo conobbi quando l’Azione cattolica negli anni ‘90 dovendo scegliere il successore alla direzione di Segno Sette, il settimanale che aveva contribuito a rafforzare dopo il lancio con il direttore Angelo Bertani, scelse me e non lui che in funzione di vice aveva più esperienza e qualità. Nessuna polemica e inimicizia tra noi. Anzi, solidarietà e sostegno. Poi ci ritrovammo (sempre con Angelo Bertani), alla breve ed entusiasmante sebbene travagliata esperienza di Adista/Segni nuovi. Poi qui su C3dem.it e su altri terreni di collaborazione e scambio, ideale, professionale, politico e umano.

Sempre con il garbo e l’intelligenza che lo contraddistinguevano: con la capacità di guardare lontano, ma senza far apparire la sua prospettiva unica e risolutiva. Ragionando, argomentando, ascoltando con pazienza, interloquendo con tutti perché sinceramente riteneva che tutti potessero essere portatori almeno di una scheggia di verità. Ricordo le riunioni di redazione a Via della Conciliazione 1, di quel circolo di entusiasti e un po’ carbonari affezionati di un giornalismo coraggioso, che si riunivano per costruire un settimanale anomalo per tanti versi: le sue riflessioni e i suoi interventi, sulla linea editoriale e sui contributi dei collaboratori, erano sempre segnati da una sincera (e per questo faticosa) ricerca della verità, dell’accoglienza rispettosa della diversità, dell’equilibrio, della non radicalità. Lui, che in gioventù era stato profondamente radicale (altri ricorderanno come da laureato in Filosofia con una tesi – corposa e ricchissima – sul cardinal Lercaro, scelse di fare il manovale per poter sostenere questi lavoratori con il suo attivismo sindacale nei difficili anni ‘70-‘80), riconosceva nel tempo di essersi “moderato”. Ma solo chi si imbatteva in lui in modo superficiale e immediato poteva pensare che fosse una questione politica. No, lui temeva soltanto che le posizioni troppo nette (in politica, come nelle organizzazioni sociali che frequentava e sosteneva) potessero, se segnate da opposti estremismi, fare più danni che benefici. Non tollerava qualsiasi cosa tendesse ad escludere, a fare muri, a contrapporre. Tutt’altro che opportunismo tattico: la sua, e lo ripeteva spesso, era intima convinzione che bisogna fare lo sforzo per cercare di capire, di unire, di immedesimarsi in chi sta di fronte; le polemiche lo infastidivano perché troppo viziate dall’approssimazione delle appartenenze a prescindere.

E con queste coordinate di pensiero, che prima di tutto erano umane e caratteriali, ci ha “condotti” nei suoi ultimi mesi da caporedattore di C3dem.it. Un lavoro fatto a fatica, da libero pensatore (non facendo parte di alcuna associazione tra le aderenti, che però stimava e sollecitava tutte…), con l’impegno costante del “pungolatore”, che chiedeva sempre di scrivere e di dire qualche parola coraggiosa sulle tante ingiustizie che vediamo, sui temi forti, sui grandi eventi, ma allo stesso tempo svolgeva il ruolo con il rispetto di chi non vuole pestare i piedi né tantomeno sembrare un direttore autorevole. Un aneddoto: una volta che sulla piattaforma è rimasto in sospeso un commento di grande elogio ad un suo pezzo, io, da co-amministratore, mi sono affrettato a pubblicarlo pensando che se ne fosse dimenticato. Dopo un po’ mi arriva una e-mail: è lui che mi dice. Sì, lo avevo già visto, ma non volevo pubblicarlo, perché troppo esageratamente elogiativo nei miei confronti…. Dice qualcosa, vero?

E poi c’è la sua passione per l’Africa, e per gli immigrati che fanno qui fatica ad integrarsi, e si appassionava proprio per i più difficili, quelli che danno mille problemi. Poi la sua generosità infinita per le persone che conosceva e che gli volevano bene, ricorrendo a lui per le difficoltà più impegnative; i suoi viaggi per interventi a convegni e contributi scritti senza chiedere rimborsi: perché? gli si chiedeva: “ma, sai, questi non è che abbiano tante risorse…”. Perché, lui? Le attività politico/sociali di formazioni piccole, ma che non trascurava mai purché avessero qualcosa di interessante da dire. I libri scritti e presentati da autori anche di non eccelso livello (che lui scovava e promuoveva… (“perché se non lo facciamo noi chi se li fila…”). Le correzioni (migliorative, senza dubbio…) dei pezzi inviati, ma con la richiesta rispettosa del parere/consenso dell’autore, per procedere alla pubblicazione. Le discussioni accalorate su tematiche controverse (quelle bio-etiche, per esempio) in cui lui, nel prendere posizione, sempre, e con il tormento di chi sapeva che si questionava su alti principi, partiva comunque dal dolore e dalle ferite delle persone.

Mi fermo qui, anche se ci sarebbero ancora tante cose da raccontare di lui. Spero che lo facciano in tanti, che lo hanno conosciuto prima e meglio di me. Per ricordare una persona straordinaria, che ha lasciato segni tangibili della potenza della Buona Novella incarnata. Mi resta solo da ricordare come nelle ultime settimane di nostri colloqui a distanza, lui, da ricoverato che non poteva comunque essere visitato per via delle restrizioni da Covid, immancabilmente ad ogni mia richiesta su come stesse, faceva subito seguito con un “e tu? come stai?”.

Io, caro Giamp, sto come uno che farà ancora molta, molta fatica nel pensare che non ci sei più…

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