La legge assoluta del perverso
Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 29/04/2023
Qui l'introduzione a questo testo.
Chi è l’abusatore? È una figura ben nota alla psicoanalisi: il perverso. Il soggetto perverso è un individuo che vive per il dominio e il possesso dell'altro per imporre la propria legge.
Faccio una piccola citazione. C'è una serie Netflix (The Exorcit, ndr) che racconta di un sacerdote esorcista in una cittadina del Nordamerica posseduta dal demonio. Nel momento in cui entrano in contatto col demonio, le persone scoprono potenza sessuale e denaro e non vogliono essere liberate. Questa è la morale, ma c'è una scena meravigliosa in cui l'esorcista, con le mani al cielo, dice a Dio «io dico che l'ho fatto per te, per la tua gloria, per il tuo bene, per il tuo trionfo, invece no, l'ho fatto perché mi piaceva, per il potere sugli altri, perché mi piace avere un seguito, perché mi piace essere amato». È così che il soggetto perverso si intrufola in piccole vulnerabilità. Quando parliamo di soggetti vulnerabili non parliamo infatti di soggetti mentalmente instabili o disturbati. Il vulnus è un buco, il plagio entra sempre da un piccolo pertugio aperto. Questi individui lasciano andare il loro messaggio attraverso piccoli spiragli che tutti noi abbiamo nella vita quando c'è un lutto, un momento di difficoltà, di melanconia o qualunque momento ci faccia fare i conti con la finitezza della vita. In quel momento siamo tutti vulnerabili, questo deve essere ben chiaro, così sgombriamo il campo rispetto all’idea che le vittime «se sono là o se la sono cercata o sono dei poveri mentecatti». Non tanto per assolvere quanto per fare chiarezza. Il plagio nella mia esperienza clinica e in quella dei colleghi interessa per una minima parte soggetti che hanno problemi mentali, per la stragrande maggioranza si tratta di uomini, donne, banchieri, casalinghe eccetera, quindi tutti siamo rappresentati.
Il soggetto perverso ha uno scopo fondamentale: imporre la propria legge. Si tratta spesso di individui che hanno come scopo prevalente la manipolazione dell'altro e quasi sempre si sono trovati ad avere conflitti con la legge degli uomini, la legge civile, il codice: nelle sette, i grandi guru, i capi fondatori hanno tutti avuto problemi con la legge, come truffatori o evasori, insomma non sono riusciti a fregare l'altro. Incapaci di un senso di cambiamento, di rettifica – perché il perverso non ha un super-io –, non pensano di venire a patti con la realtà ma si spostano in altre zone dove creare piccoli mondi che siano a loro immagine e somiglianza, dove la loro legge dunque diventa la legge. A fronte di tutto quello per cui io sono stato emarginato, insomma, mi sposto in un altro luogo, creo una struttura – confessionale o meno – e attiro adepti che si sottoporranno alla mia legge. Lo scopo del perverso è non avere altri al di sopra di sé. In molti casi il desiderio del perverso è, come insegna Lacan, gestire l'angoscia nell'altro, vedere quanto riesce a tenere nelle proprie mani l'altro facendolo vibrare con il timore o col terrore. Orwell diceva: il fine del controllo è il controllo, il fine del potere è il potere. Non ci sono spiegazioni altrove. Non è un caso che in molte delle sette non sempre c'è l'appetito sessuale o il desiderio di avere denaro; a molti basta una piccola adorazione personale.
I guai seri cominciano quando si entra in un mondo confessionale, cioè quando costoro, per fare passare il loro desiderio di padroneggiare l'altro, chiamano in causa Dio e riescono a entrare, come ha magnificamente spiegato Monique. Monique è credente, crede in un Dio che è quello dell'Antico e del Nuovo Testamento, il Dio dei Vangeli; lo credeva prima e la fede le è rimasta. In un suo momento di difficoltà, qualcuno è riuscito a mascherare le proprie tendenze manipolative dicendo di agire in nome e per conto di Dio. Dunque è riuscito a far sì che nella struttura gerarchica di Monique si venisse a mettere un Dio in alto da riverire e una persona che, sfruttando il fatto di essere sacerdote, le fa portare avanti tutti i suoi desiderata. In questo caso – e qui torniamo alla lezione psicanalitica – vediamo che il soggetto perverso appalta i propri desideri orrendi a un altro, esattamente come nel caso dei terroristi islamici che uccidono dicendo di farlo in nome e per conto di Dio: si tratta semplicemente di una grande lavatrice dove pulire e riciclare pulsioni proprie che altrimenti non potrebbero stare nella “città”. Un soggetto perverso che dice “io voglio avere le mie assemblee, voglio possedere le donne e quando riesco voglio avere il loro denaro e tenerle sotto controllo” viene chiaramente sanzionato, ma se riesce a mettersi un abito confessionale, a convincere attraverso piccoli pertugi che lui è la parola di Dio, a seconda delle religioni, e a chiamare i fedeli (i quali non stupidamente, ma in buona fede credono), a quel punto il gioco è fatto e lui eserciterà il fine ultimo del perverso: controllare l'altro, far sì che l'altro non esista come persona, ma come oggetto. Il fine di questi individui è chiaramente raggiungere un potere illimitato e da qui si entra facilmente nel campo giuridico-patrimoniale: quando ti ho posseduto nell'anima e riesco a farti fare ciò che voglio, voglio anche il tuo denaro, che tu lasci alla mia congregazione – che è mia, è tutt'uno con me – i tuoi averi, e molte volte questo accade in maniera legale. Come si può sondare quella linea sottilissima dove il plagio scivola in quella che viene definita una volontà – cioè l'accusa di “essersela cercata” –? Dipende dal vulnus in cui è riuscito a entrare. Vi faccio un esempio particolare, il caso più innominabile, quello di genitori che perdono un figlio in tenera età, o devono fronteggiare una cosiddetta malattia inguaribile: fanno appello prima alla medicina, poi alla Fede, e alcuni che non hanno la capacità di arrendersi perché arrendersi significherebbe la morte, accettano che qualcuno – magari in maniera presentabile, in nome e per conto di – dica “vieni nel mio gruppo dove si professa la tal fede, dove alle spalle c'è Dio, e riuscirò a metterti in contatto con questo tuo ragazzo che è morto”. Quelli che hanno accettato sono stimati cittadini acculturati di livello superiore, con denaro, cultura, lauree, ma come mi diceva in seduta una donna, “piuttosto che uccidermi ho preferito credere in quello che oggi mi sembra un'idiozia ma in quel momento lui teneva la mia vita nelle mani”. La svolta avviene separando vittima e carnefice: quando un soggetto comincia a vivere di vita propria perché la realtà inizia a filtrare, gli amici dicono “ma cosa stai facendo”, i veri credenti avvertono “Guarda che Dio non può pensare e avallare queste cose”, comincia a farsi il vuoto attorno, la diffamazione; si diffonde la parola eresia; all'interno della comunità – che molte volte resta l'unico legame, perché si sono tagliati i ponti con tutti – viene fatta circolare la voce che quell’individuo è pazzo, infedele, una persona che commercia col mondo di fuori; l'individuo si affaccia alla realtà, si rende conto del tempo passato in questa congregazione, che fuori non ci sono più amici né parenti, e torna dentro. Quando lo fa, gli viene imposto un rituale di purificazione, perché ha “osato tradire la setta, dunque hai osato tradire me”. È qui il momento più cruciale nel quale avvengono i suicidi; quando il soggetto esce, si rende conto di aver buttato via tanti anni, vede la realtà ma l'impatto è troppo forte e non riesce a sostenerlo.
Non so quanti di voi hanno visto il film La stangata. Robert Redford e Paul Newman organizzano una grande truffa ai danni di un cattivo; allestiscono una finta sala scommesse, chiamano dei finti allibratori, fingono di essere collegati con tutte le sale corse. Il cattivo viene portato dentro e si convince a giocare un milione di dollari sul cavallo X: perde. Quando torna il giorno dopo si rende conto che non c'è più niente: gli attori sono scomparsi, la casa è stata smontata, ma i soldi li ha persi veramente, perché in quel momento era convinto e li ha giocati. Questo è il principio della vulnerabilità che fa entrare in questi tipi di congregazione. Ho sperimentato sulla mia pelle che cosa significa il tentativo di plagio, non nell'ambito ecclesiastico ma psicanalitico, dove la figura del guru che cerca di attrarre al sesso soggetti in maniera perversa e colpisce chi vive di principio di realtà come ho fatto io è qualche cosa purtroppo di ancora molto poco indagato.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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