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Comunità Loyola: nonostante la soppressione, lo stallo tra protezioni e inerzie

Comunità Loyola: nonostante la soppressione, lo stallo tra protezioni e inerzie

BRAGA-ADISTA. È già passato un altro mese da quando, a giugno (v. Adista Notizie n. 23/24), davamo conto del limbo in cui si trova attualmente quello che resta della Comunità Loyola, cofondata nel 1982 da Ivanka Hosta – responsabile di abusi di potere e spirituali e di un governo tirannico - e dall'(oggi) ex gesuita Marko Rupnik (ora sotto processo canonico per abusi sessuali) e formalmente soppressa lo scorso ottobre con un Decreto del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, una volta rivelatisi inutili i tentativi di riforma messi in atto con il commissariamento guidato da mons. Daniele Libanori. Il delegato pontificio p. Amedeo Cencini ha tempo soltanto fino al 20 ottobre, secondo il termine fissato dal Vaticano, per liquidare definitivamente la comunità e le religiose, laicizzate, che ne facevano parte, mentre tanti sono ancora i problemi da risolvere: in primo luogo, la chiusura e vendita delle numerose proprietà della comunità, anche per costituire un fondo per assistere le ex religiose in questo passaggio. Eppure – lo notavamo già il mese scorso – nulla sembra muoversi.

Un patrimonio immobiliare ancora intatto?

La Comunità possiede, secondo un elenco ufficioso, una decina di proprietà immobiliari: oltre alla casa madre in Slovenia, altri nove appartamenti di cui tre in Slovenia (due a Lubiana, di cui uno ereditato, e uno a Maribor), uno a Roma, in una zona prestigiosa alle spalle del Vaticano, che rappresenterebbe l'acquisto più recente, risalente al 2018; uno a Goiania, in Brasile; uno nel centro storico di Trieste, uno acquistato in Polonia; uno in Russia, a San Pietroburgo e uno a Bamako, la capitale del Mali.

A confermare che tutto è fermo è ora anche la testata portoghese online 7Margens, che ha apportato nuovi elementi. Ha chiesto infatti conto e ragione di questa situazione a mons. José Cordeiro, vescovo di Braga, la diocesi nell'estremo nord del Portogallo dove Ivanka Hosta, “prima sorella responsabile” della comunità, è stata obbligata a risiedere dal 2023, e dove tutto sembra scorrere tranquillamente come se nulla fosse mai accaduto: la comunità locale, dove vive la ex "prima sorella", è ancora aperta in un appartamento del centro città che figura nel patrimonio gestito dalla Fraternità Sacerdotale.

 

Le risposte della diocesi di Braga

Secondo quanto riporta 7Margens (11/7), il nome della “sorella Ivanka” (che dunque continua a essere considerata una religiosa pur essendo i voti decaduti per effetto stesso del Decreto) effettivamente continua ad apparire nella mappa dei servizi della parrocchia della Cattedrale, come lettrice o come ministra straordinaria della comunione; ha anche partecipato alla 3ª assemblea sinodale dell'arcidiocesi, svoltasi il 15 giugno scorso; la (ex) superiora locale è anche giudice del Tribunale Ecclesiastico.

7Margens ha contattato il vescovo tramite il Dipartimento di Comunicazione dell'Arcidiocesi per avere spiegazioni, ma la risposta ricevuta non fornisce elementi concreti e anzi, diluisce tutto in un discorso astratto e paternalista. Ricorda, in primo luogo, che la Comunità Loyola è presente nell'arcidiocesi da circa tre decenni: «Da allora, vari membri della comunità hanno prestato diversi servizi alla Chiesa arcidiocesana, che ringraziamo molto, dalla Curia Arcidiocesana alla formazione dei seminaristi e a vari servizi nelle comunità parrocchiali. Nel frattempo, sono emerse le notizie che tutti conosciamo e i relativi processi canonici».

Quanto alla soppressione della Comunità Loyola, con attuazione della sentenza entro un anno, l'Arcidiocesi di Braga afferma di «fidarsi e di rispettare le decisioni in coordinamento con il Dicastero per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e le altre istanze romane nei termini e nelle modalità stabilite». Tuttavia, fonti vicine al delegato pontificio Cencini avrebbero rivelato alla testata portoghese che l'Arcidiocesi non ha mai dato seguito alle comunicazioni relative a questo dossier.

L'Arcidiocesi di Braga afferma con tutto ciò di «cercare di essere segno di sollecitudine paterna e fraterna verso le persone che appartenevano alla soppressa Comunità Loyola e che si trovano in questa situazione così delicata»: «Le decisioni ecclesiali non sono condanne capitali – aggiunge - ma, al contrario, segni concreti che tutti sono chiamati alla conversione e che un cammino pasquale è sempre possibile per tutti, qualunque sia il loro passato; così lo desideriamo noi e così ci aiutino i fratelli».

E ora?

Occorre ricordare che Ivanka Hosta, dopo la rottura con Rupnik nel 1993, in seguito alla quale quest'ultimo si recò a Roma com alcune religiose a lui fedeli, ha imposto alla Comunità il silenzio sulle denunce di abusi sessuali e di potere instaurando, secondo quanto si legge nelle conclusioni di Libanori, del 2022, un regime di scontento, paura, conflittualità e stile di governo dispotico. Con il successivo Decreto disciplinare emesso il 21 giugno 2023, il Vaticano aveva rimosso definitivamente Ivanka dal ruolo di superiora generale, vietandole l'esercizio di qualsiasi altra funzione, compreso l'accompagnamento spirituale, e rimproverandole un comportamento «offensivo della dignità e dei diritti di ciascuna delle religiose». Di qui il trasferimento a Braga con il divieto di contattare, direttamente o indirettamente, le religiose o ex religiose della Comunità Loyola per un periodo di tre anni (misura soggetta a rapporto semestrale di applicazione da parte della superiora in Portogallo); oltre all'obbligo di compiere un pellegrinaggio mensile in un santuario mariano dove pregare per le vittime, sue e di Rupnik. Qualche mese dopo, a fronte della «comprovata inconsistenza istituzionale e carismatica» e all'assenza «di una speranza fondata che l'istituto possa svilupparsi e progredire», arriva il Decreto di soppressione, che menziona anche la possibilità di un procedimento penale nei confronti di Ivanka.

Ma a Braga si ha l'impressione che la Comunità esista ancora, sotto le ali protettrici del vescovo, e che Ivanka e le sue 17 ex sorelle che le danno man forte - e che, sottolinea 7Margens, sembrano boicottare Cencini nel suo compito - ne facciano ancora parte. Accanto a queste, ce ne sarebbero altre 28 che si sono ritrovate senza comunità e dispensate dai voti. Intanto il tempo stabilito dal Decreto si sta esaurendo mentre, si legge, «né il Delegato né i vescovi delle diocesi dove la Comunità Loyola era presente si sono presi cura» delle religiose uscite prima del Decreto di soppressione, che hanno sofferto e continuano a soffrire per ciò che è accaduto.

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