
La profezia che viene dal basso. A Marcelo Barros il “Premio João Batista Libânio”
Tratto da: Adista Documenti n° 28 del 27/07/2024
DOC-3330. BELO HORIZONTE-ADISTA. Non poteva esserci scelta migliore: è stato assegnato quest’anno al benedettino brasiliano Marcelo Barros, biblista e teologo della liberazione tra i più conosciuti e amati anche al di fuori delle frontiere del Brasile, il prestigioso premio della Soter (Sociedade de Teologia e Ciência da Religião) intitolato al grande teologo João Batista Libânio. Un riconoscimento che ha rallegrato i suoi tanti compagni di viaggio, a cominciare da quelli del Cebi di Pernambuco, il Centro di studi biblici di cui Barros è stato tra i fondatori: il premio, scrivono, «ci dà maggiore forza e ci motiva nell’esperienza e nella testimonianza della Profezia nella sequela di Gesù».
Ed è proprio sulla dimensione della profezia che Marcelo Barros ha voluto fondare tutto il suo percorso presbiterale: ordinato prete il 24 ottobre del 1969 da dom Hélder Câmara, è non a caso a fianco del grande vescovo che ha lavorato per quasi dieci anni come segretario per l’ecumenismo, raccogliendone, proprio in punto di morte, l'ultima accorata raccomandazione, quella di «non lasciar cadere la profezia». E così ha fatto, mantenendosi sempre fedele alla definizione della teologia come “atto secondo” rispetto alla prassi liberatrice e profetica, riflettendo su di essa in quella relazione biunivoca che aveva caratterizzato la Teologia della Liberazione delle origini.
È in questa prospettiva che il teologo benedettino ha portato avanti con grande coerenza il suo impegno di liberazione, attraverso un deciso sostegno alle Comunità Ecclesiali di Base (Cebs), ai movimenti popolari, a cominciare dal Movimento dei Senza Terra, ai gruppi di resistenza, sempre unendo all’impegno per la giustizia sociale quello per la giustizia ambientale (oltre quell’antropocentrismo così profondamente radicato nella tradizione giudaico-cristiana). E dedicando anche una parte importante della sua attività al nuovo paradigma pluralista – in particolare alla relazione del cristianesimo con le religioni indigene e nere – a favore di un incontro fecondo tra Teologia della Liberazione e Teologia del Pluralismo religioso.
Un impegno di liberazione, il suo, che si riflette pienamente nel discorso da lui tenuto l’11 luglio a Belo Horizonte, in occasione del conferimento del premio, da lui interpretato come un riconoscimento al «modo di unire la teologia e il servizio pastorale nel coinvolgimento sociale e politico con le comunità impoverite». Con una convinzione di fondo: come indicano le grandi testimonianze di Hélder Câmara, Oscar Romero e Pedro Casaldáliga – di cui Barros racconta alcuni episodi particolarmente toccanti –, «la profezia può venire solo dal basso e dalle periferie» del mondo.
Di seguito il testo del suo discorso.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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