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Venezuela: in piazza contro Maduro. Nel mondo, chi parteggia, chi contesta, chi attende

Venezuela: in piazza contro Maduro. Nel mondo, chi parteggia, chi contesta, chi attende

Due morti e un centinaio di arresti sono il risultato della repressione delle proteste che si sono diffuse in tutto il Venezuela durante e dopo la proclamazione della vittoria di Nicolás Maduro alle elezioni presidenziali che si svolte la scorsa domenica, 28 luglio. I manifestanti contestano il risultato secondo il quale il presidente in carica (peraltro dal 2013, quando Hugo Chavez gli passò lo scettro) abbia ottenuto il 51% dei suffragi elettorali.

Le proteste sono iniziate sui balconi delle case, dove la gente usciva per gridare alla frode brandendo e battendole pentole e padella nel più classico dei cacelorazos. Successivamente si è spostato nei viali dove i manifestanti hanno bloccato giovani che giravano in motociclette battenti bandiere venezuelane; hanno acceso falò in mezzo alla strada alimentandoli con foto e propaganda elettorale di Maduro; hanno decapitato o abbattuto almeno cinque statue del comandante Chavez e nella capitale hanno circondato il Palazzo Miraflores, la residenza presidenziale (Caracas poi è stata presa dalle forze di sicurezza chaviste).

Intanto l'opposizione, che dal canto suo ha dichiarato vincitore Edmundo Gonzalez Urrutia, ha reso pubblico il proprio conteggio basato sui verbali compilati (sarebbe in possesso del 73% di essi): Urrutia avrebbe raccolto 6,2 milioni di voti contro i 2,7 milioni andati a Maduro. Cifre ben diverse da quelle comunicate da Maduro dopo che lo scrutinio aveva toccato l’80% delle schede votate: 5.150.092, ovvero il 51,2% degli aventi diritto, per lui e 4.445.978 per il suo diretto avversario.

La squadra di Urrutia ha caricato tutti i verbali elettorali di cui è in possesso su un sito web affinché sia possibile un confronto. Questi verbali smantellerebbero la versione ufficiale secondo cui il presidente del Venezuela ha vinto le elezioni presidenziali con quasi un milione di voti in più a suo favore.

Nel mondo, chi riconosce la vittoria di Maduro, chi no, chi ni

Malgrado il clima di grande incertezza e di pericolosa tensione che sta vivendo il Venezuela, ci sono Paesi che si sono espressi, forse troppo frettolosamente, riconoscendo la vittoria vantata da Maduro e complimentandosi con lui: si tratta di Russia, Cina, Iran, Bolivia, Cuba, Honduras.

Brasile, Colombia e Messico, più attendisti, chiedono che il governo Maduro faccia un resoconto trasparente, con l’aiuto di revisori indipendenti, per chiarire ogni dubbio.

I governi di Stati Uniti, Argentina, Cile, Perù, Guatemala, Costa Rica, Uruguay, Ecuador, Panama, Paraguay e Repubblica Dominicana disconoscono invece il risultato ufficiale proclamato: mettono in questione la trasparenza del processo elettorale, qualificandone i risultati come fraudolenti perché non riflettono la volontà popolare.

Inoltre, nove di quei Paesi latinoamericani – Uruguay, Argentina, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Panama, Paraguay, Perù e Repubblica Dominicana – hanno non solo espresso il loro disaccordo con i risultati elettorali delle elezioni in Venezuela, ma hanno anche chiesto un incontro urgente con l'Organizzazione degli Stati Americani (OSA). I nove paesi hanno dichiarato in un documento congiunto l’importanza della presenza di osservatori elettorali indipendenti durante l’esame dei risultati (che non si conoscono ancora nella loro completezza). I nove Paesi hanno sottolineato l’importanza che l’OSA risolva questa situazione e mantenga la stabilità democratica nella regione.

Per tutta risposta, Maduro ha chiesto al suo ministero degli Esteri di interrompere le relazioni con Cile, Costa Rica, Perù, Panama, Repubblica Dominicana e Uruguay.

Gesuiti venezuelani: prima verificare, poi proclamare

Dal mondo religioso, giunge il comunicato del Centro Gumilla, che è il Centro di Ricerca e Azione Sociale della Compagnia di Gesù in Venezuela. Il Centro respinge l'incitamento alla «violenza e alla persecuzione politica», solleticando la «via verso la pace, che richiede il rispetto della Costituzione da parte di tutti i cittadini, le organizzazioni, le Forze Armate e le autorità pubbliche».

«Il Consiglio Nazionale Elettorale, con trasparenza – osserva poi – deve garantire ai partiti politici e a tutto il Paese l'accesso al 100% dei registri elettorali, per Stati, Comuni e seggi, al fine di verificare e convalidare i risultati elettorali se corrispondono a quanto proclamato. Finché questo non sarà chiarito, non è giusto riconoscere chi è stato proclamato vincitore».

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