
Abbé Pierre l’incontenibile: per la Chiesa in Francia è il momento della verità
Tratto da: Adista Notizie n° 32 del 21/09/2024
41970 PARIGI-ADISTA. Con l’emergere di nuove denunce di abusi e molestie sessuali, non fa che peggiorare la posizione dell’Abbé Pierre, al secolo Henri Antoine Grouès, deceduto nel 2007, uno dei personaggi più noti e amati del cattolicesimo del XX Secolo (v. Adista Notizie n. 28/24; Adista Segni Nuovi n. 29/24). Ma soprattutto, non fa che peggiorare la posizione della Chiesa istituzionale e della leadership dei Compagnons d’Emmaüs – il movimento a favore dei poveri e dei rifugiati cui l’Abbé Pierre diede vita nel 1949 – le quali, come sta emergendo, erano più che consapevoli del comportamento del prete fin dagli anni ‘50. A oggi, più di 20 donne, tra cui una che all'epoca aveva 9 anni, hanno testimoniato, accusando il prete di atti che vanno dalla violenza sessuale – mani sul seno, bacio forzato e masturbazione – allo stupro. La Fondazione che porta il suo nome ha anche deciso di cambiare denominazione.
Tutti sapevano
Come scrive Radio France (9/9), che ha avuto accesso a una parte della corrispondenza inedita dell’Abbé, durante la sua visita negli USA nel maggio ‘55, nel corso della quale fu ricevuto dal presidente Eisenhower alla Casa Bianca, diverse donne si lamentarono del suo comportamento e il viaggio fu interrotto precipitosamente su sollecitazione del teologo francese Jacques Maritain, che temeva uno scandalo. In una lettera a un parente dell’Abbé, la studentessa Suther Marshall afferma di aver «visto tante cose durante il viaggio, modi di agire del Padre come individuo. Penso, ad esempio, a Chicago, quando è stato deciso esplicitamente che la condizione per continuare il viaggio era che il padre non fosse mai solo. Lui aveva acconsentito ma poi «scompariva per ore, al punto da arrivare in ritardo all'incontro».
Le accuse delle donne negli Usa risalirono ai cardinali di Chicago e New York. Non è dato sapere se siano stati trasmessi alla Chiesa di Francia, ma i ricercatori della Commissione Ciase hanno svelato di aver scoperto che «dal 1954-1955 giungono alle orecchie dell'episcopato informazioni sul suo comportamento».
Stesso scenario in Québec nel 1959, ma questa volta interviene la polizia, come afferma lo stesso prete in una lettera al card. Roy: «Tutto è falso in queste accuse», dice indignato. «Questo genere di miseria non è mai esistito, nessuno di questi fatti di polizia miserabili di cui lei parla. Se la mia parola non basta, posso giurarlo». E aggiunge: «Chi fa queste affermazioni sappia che, se confermano calunnie così infamanti, non potrò non perseguirle in tribunale».
Ma nel 1963 un noto teologo francese, André Paul, oggi 94enne, venne a sapere da un prete del Québec di «abusi sessuali su donne a Montréal», dice (France Tv 9/9), motivo per cui dovette lasciare il Paese con espressa istruzione di non farvi ritorno. Il caso fu seguito dalla polizia e dall'autorità giudiziaria e il cardinale di Montréal ottenne che non fosse perseguito a condizione che non tornasse mai più nel Paese.
A due anni prima, del resto, nel 1957, risale un ricovero in una clinica psichiatrica in Svizzera, organizzato dalla Chiesa e da Emmaüs; ufficialmente per motivi di saluti, un’ernia diaframmatica: «La vera ragione era la paura di uno scandalo sessuale. La Chiesa aveva bisogno dell’abbé Pierre che le facesse recuperare l’immagine e la popolarità e non poteva permettere che scoppiasse uno scandalo del genere», commenta la storica Axelle Brodiez-Dolino.
La Chiesa decide di affiancargli un “accompagnatore” durante i viaggi, che lo aiuti e lo “controlli”, il gesuita Prosper Monier. In una lettera del gennaio 1958, questi annuncia al religioso che il vescovo di Grenoble [la diocesi dove è stato ordinato] «desidera che tu possa nasconderti per un anno. Sarebbe un recupero di forza morale e fisica dopo il tuo shock». Lo “shock” è una decisione presa alla fine di dicembre 1957, con i rappresentanti di Emmaüs e della gerarchia cattolica: «sarebbe rimasto in Svizzera e il suo medico avrebbe mantenuto il controllo delle decisioni che lo riguardavano», spiega BrodiezDolino, con l’impegno a riferire alle gerarchie ecclesiastiche.
Il ricovero in clinica psichiatrica
Allo stesso tempo, alcuni dirigenti di Emmaüs chiedono all’abbé Pierre di ritirarsi dalla direzione del movimento; lui delega i suoi poteri a Emmaüs, ma non si ritira dal movimento. La gerarchia ecclesiastica francese è al corrente di tutto: quando l'arcivescovo di Parigi, card. Feltin, viene a sapere che il ministro della Funzione pubblica, Edmond Michelet, intende insignire l'abate di un’onorificenza, gli scrive, specificando che si tratta di una comunicazione «molto confidenziale», che in quel momento l’iniziativa risulterebbe «molto inopportuna, perché l'interessato è gravemente malato, ricoverato in Svizzera in una clinica psichiatrica e penso che, viste queste circostanze molto dolorose, sia meglio non parlare di lui; ha avuto delle buone iniziative ma mi sembra preferibile, al momento, tacere a suo riguardo».
Insomma: silenzio, copertura e nessuna sanzione canonica, secondo il modo di fare tipico della gerarchia, soprattutto in quegli anni, ma l’impegno a non lasciare mai da solo l’Abbé Pierre con una donna. Un ex dirigente di Emmaüs ha spiegato a Radio France che l'ex presidente di Emmaüs, Raymond Etienne, deceduto, era tra coloro che sapevano: costui gli avrebbe infatti confidato nel 2017 che «quando l'abate Pierre era in viaggio, era obbligato a fare un cordone di sicurezza intorno a lui per proteggere le giovani donne che incontrava, perché l'abate aveva la tendenza a toccare i loro seni»; «i membri più anziani della Fondazione Abbé Pierre lo sapevano».
Un altro ex dirigente di Emmaüs sentito da France Tv ricorda una conversazione con l'ultimo segretario privato del prete, Laurent Desmard, il quale, negli anni 2010, gli avrebbe espresso la sua preoccupazione: «Mi ha detto che bisognava sorvegliare l’abate Pierre quando era con le donne. Temeva che avrebbe messo le mani sui loro seni. Secondo lui c’erano segnali di allarme: il viso e gli occhi dell'abate Pierre si trasformavano. Era pronto a intervenire per separare fisicamente l'abate dalle donne che riceveva». Desmard ora smentisce.
Fare verità
Che avverrà adesso? Una indicazione è arrivata dalla Conferenza episcopale francese, che ha deciso di rendere accessibili gli archivi riguardanti l’abbé Pierre, derogando alla norma che ne prevede l’apertura solo a 75 anni dalla morte, e dunque non prima del 2082. Si tratta di archivi dei diversi organi della Conferenza episcopale, ma anche di alcune istituzioni o comunità religiose. «La Chiesa non ha più paura di fare questo lavoro di verità sulle aggressioni commesse nella Chiesa», ha detto il segretario generale e portavoce, p. Hugues de Woillemont (franceinfo 12/9), «vista la gravità delle rivelazioni, per fare tutta la luce possibile»; «occorre fare questo lavoro storico per comprendere le disfunzioni che hanno consentito le aggressioni dell’abbé Pierre, sia da parte della Chiesa che di Emmaüs. Lo dobbiamo alle vittime». Come, ad esempio, le figlie della donna – deceduta nel 2019 dopo aver denunciato alla Commissione Ciase – che tra 1989 e 1990, fuggita da un marito violento e trovandosi senza risorse, aveva chiesto aiuto all’Abbé Pierre, all’epoca 77enne. Il quale gliel’aveva offerto, chiedendole però poi una contropartita sessuale e portandola in un appartamento a Parigi di cui aveva le chiavi. «Si masturbava davanti a me, mi chiedeva delle fellatio e mi frustava con la sua cintura», aveva scritto la donna nella lettera di denuncia, che ora le figlie hanno letto a France Tv.
Marie-jo Thiel: sacralizzazione del prete e potere della Chiesa
«I suoi eccessi sessuali e i suoi abusi di potere, durati circa cinquant'anni, ci costringono oggi a interrogarci», commenta sul quotidiano La Croix Marie-Jo Thiel, medico, docente emerita di etica filosofica e teologica all’Univeristà di Strasburgo. «Certamente, l'abbé Pierre, come ogni essere umano, rimane un mistero con il suo lato oscuro portato nella tomba. Ma le tragedie da lui provocate non possono essere coperte dal silenzio. Tutte le sue vittime adulte e minori chiuse nell'oscurità silenziosa delle loro ferite, l'immenso sentimento di tradimento provocato dalle rivelazioni, la sua doppia faccia, la sua rabbia, i suoi bisogni narcisistici, non slegate dalle devastazioni di una forma di onnipotenza che alcuni leader possono sperimentare, ma anche alcuni sacerdoti che si sentono protetti dal loro sacerdozio, tutto questo interroga, provoca shock e rivolta». Ogni desiderio e potere, analizza Thiel, «passa attraverso un corpo sessuato, attraversato da una mescolanza di pulsioni guidate dalla ricerca del piacere e comprendenti una buona dose di aggressività. La vita sociale inizia con la regolazione del desiderio attraverso il divieto di fusione, l'accettazione della mancanza e della vulnerabilità. Ma il desiderio di potere e di dominio è sempre pronto a gonfiarsi e a occupare tutto lo spazio fino ad aprirsi all’eccesso di potere in agguato alla porta della cieca ambizione». Thiel cerca una chiave di lettura: se è vero che il giovane Henri, quinto di otto figli, sentiva la mancanza della madre, monopolizzata dalle incombenze familiari, «questa mancanza potrebbe aver contribuito a una scissione del sé? È questo meccanismo di difesa psichica che ha fatto coesistere all'interno dello stesso individuo due personalità opposte, con vite indipendenti, di cui una correttamente legata alla realtà mentre l'altra è guidata dalla legge del piacere. Questa doppia faccia la ritroviamo nei fratelli Philippe, Jean Vanier e in tanti altri famosi fondatori».
Ma c’è una seconda chiave interpretativa, sostiene Thiel: «La sua appartenenza al clero, come gruppo di potere che lo distingue (sacralizza) nel servizio del sacro, lo rende titolare di un'autorità che lo pone al di sopra dei laici, delle donne e dei bambini in particolare, secondo un habitus ecclesiale prevalente all'epoca e per tutto il XX Secolo. Adotta così una posizione di onnipotenza rafforzata dal suo coinvolgimento nella Resistenza – un ambiente molto maschile, dove si possono promuovere atti violenti per difendere il Paese – e soprattutto nel potere politico (ancora maschile)». I primi abusi, infatti risalgono al momento in cui viene eletto deputato: «Questo luogo di potere non è forse una svolta che porta a dare libero sfogo alle proprie turpitudini?».
Il rapporto dell’abbé Pierre con la vulnerabilità è quindi «molto ambiguo. Se ne prende cura attraverso la figura del diseredato. Ma l'opera di Emmaus non rafforza il suo sentimento di onnipotenza al punto da negare la propria vulnerabilità?». E i successi politici rafforzano il suo autoritarismo.
Il suo status di “icona”, poi, lo protegge e rafforza la sua influenza. Gli elementi che hanno potuto condurre ai fatti sono numerosi e riguardano le connessioni «tra potere, continenza e celibato; tra clericalismo, potere e genere». Ciò che è evidente è che «le devianze dell'abbé Pierre affondano le loro radici anche nelle disfunzioni dell'istituzione ecclesiale, che deve imparare dai propri errori e dalle proprie colpe. Gli informatori non sono bastati a costringere i responsabili a vedere ciò che un certo numero di persone ha visto. Forse hanno dato più valore all’istituzione che al Cristo che si dona per farsi riconoscere nelle vittime e nei piccoli?».
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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