
Su "Vita Pastorale" il commento di mons. Olivero in vista della Giornata del Dialogo tra cattolici ed ebrei
A oltre un anno dalla strage terroristica del 7 ottobre 2023, la guerra non accenna a placarsi e il conflitto, con il suo carico di morte e distruzione, si è esteso a tutto il Medio Oriente. Da allora, scrive mons. Derio Olivero (vescovo di Pinerolo e presidente della Commissione episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Cei) su Vita Pastorale di gennaio, «facciamo appelli alla pace, marce per la pace, giornate della pace... e ci sentiamo impotenti. Molti urlano, prendono posizione per gli uni e per gli altri. Papa Francesco ha ripetutamente invocato la pace». E lo ha fatto, tiene a precisare il vescovo pensando alla XXXVI Giornata del Dialogo tra cattolici ed ebrei (17 gennaio), «all’interno di una relazione ferma e imprescindibile con il popolo ebraico». Non sempre però, sottolinea Olivero, il mondo ebraico ha accolto con favore gli appelli alla pace di Francesco. Come esempio, il vescovo cita le parole pronunciate dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni alla Gregoriana (gennaio2024): «Sono stati fatti molti passi indietro nel dialogo ed è necessario riprendere il filo del discorso». In questi anni, conferma Olivero, «abbiamo vissuto mesi difficili tra cattolici ed ebrei», ma il dialogo è continuato nonostante tutto, «perché ci abbiamo creduto fermamente».
Il messaggio dei vescovi per la Giornata del Dialogo del 17 gennaio prossimo è proprio, spiega il presidente della Commissione episcopale, «il risultato di questa tenace voglia di dialogare». Dedicato all’apertura dell’anno giubilare, «il messaggio accoglie il comune desiderio di senso. Tutti cerchiamo un senso alla vita quotidiana. Un senso per il nostro lavoro, i nostri affetti, i giorni bui, le tragedie, lo scorrere del tempo. Cerchiamo motivi e strumenti per riuscire a dar fiducia alla vita». Il Messaggio si apre con il ricordo di Etty Hillesum (giovane ebrea morta in un lager) che in un a lettera scrisse: «Se noi salveremo i nostri corpi e basta dai campi di prigionia, sarà troppo poco [...] se non sapremo offrire al mondo impoverito del dopoguerra nient’altro che i nostri corpi salvati a ogni costo, e non un nuovo senso delle cose, attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e disperazione, allora non basterà».
Secondo Olivero, il ruolo delle fedi sta proprio nell’offrire un senso alla vita anche dentro le tragedie attuali, dominate dalla «crisi di speranza». Secondo il vescovo «anche la nostra pastorale ordinaria deve confrontarsi con questa domanda. Per non correre il rischio d’essere tutta concentrata ad alimentare sé stessa, troppo presa da problemi organizzativi». Allo stesso modo, anche il dialogo interreligioso «è un mezzo per diffondere speranza. La capacità di incontrarci nelle differenze, riconoscendoci e collaborando per aprire squarci di trascendenza è un ottimo servizio alla speranza. Insieme dobbiamo diventare sale, luce e lievito».
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