
Guerra nell'Est Congo: sarà vera tregua?
A dieci di giorni dall’inizio dei combattimenti e a oltre 900 morti recuperati sulle strade di Goma – il capoluogo del Nord Kivu invaso il 27 gennaio dai miliziani del Movimento 23 Marzo (M23) fiancheggiati dal Ruanda (v. Adista Notizie n. 5/25) – si parla di una possibile tregua, annunciata dall’AFC (Alleanza Fiume Congo, l’organizzazione politica dell’M23) ufficialmente al fine di garantire l'accesso degli aiuti umanitari in favore della popolazione ridotta allo stremo.
I contorni di questa possibile tregua verranno discussi sabato prossimo, durante un vertice internazionale a Dar es Salaam, in Tanzania, che riunirà intorno al tavolo delle trattative i presidenti di Ruanda e Congo, Paul Kagame e Félix Tshisekedi. Il summit è stato convocato congiuntamente dalla Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (Sadc) e dalla Comunità dell’Africa Orientale (Eac), i promotori dei due principali processi regionali di mediazione, che finora avevano portato pochi risultati concreti, a Luanda (Angola) e a Nairobi (Kenia).
Intanto, dall’M23 fanno sapere che – nonostante gli iniziali annunci belligeranti nei primi giorni di assedio della città – non c’è interesse ad allargare il conflitto verso Bukavu (capoluogo del Sud Kivu) e, ancor meno, verso la capitale Kinshasa.
Flebili le speranze delle istituzioni congolesi di fronte ai recenti annunci distensivi da parte del Movimento: si presume che la tregua sia stata dichiarata per consentire alle truppe ribelli di riorganizzarsi e riarmarsi; per riaprire le strade di collegamento e per rimettere in moto infrastrutture vitali, come l’aeroporto e gli ospedali, anche per i miliziani; per misurare la reazione della comunità internazionale e dell’ormai imprevedibile amministrazione Trump nei confronti dell’amico dell’Occidente Paul Kagame. C’è poi un aspetto strategico che richiede tempo e relativa calma: al netto dei fiumi di profughi che non hanno più nemmeno un campo in cui rifugiarsi e che probabilmente cercheranno di tornare nelle loro case, c’è una parte consistente della popolazione locale che ha salutato con certo entusiasmo l’arrivo dell’M23, il quale sta mettendo radici profonde nella provincia coinvolgendo e reclutando cittadini congolesi anche in ruoli amministrativi.
Il ruolo della comunità internazionale
In un comunicato stampa diramato dalla Panzi Fundation & Hospital, organizzazione no profit con sede a Bukavu, Denis Mukwege – noto ginecologo che cura le donne vittime di violenza di guerra nel Sud Kivu, premio Nobel per la Pace 2018, candidato sconfitto alle ultime elezioni congolesi (v. Adista) – denuncia «il macabro bilancio dei recenti combattimenti», una «orribile carneficina umana» che «si aggiunge alle statistiche di oltre sei milioni di uomini, donne e bambini uccisi in tre decenni in queste infinite guerre imposte al popolo congolese». Il “dottore che ripara le donne” punta poi il dito contro la comunità internazionale occidentale, da anni consapevole della crisi umanitaria e dei diritti nell’Est Congo, ma da sempre complice del saccheggio di risorse operato dal Ruanda oltreconfine. «Rispetto all'intervento dell'Occidente nella guerra in Ucraina – ribadisce il ginecologo, che scrive da Oslo – quella del Congo è una guerra trascurata e le vite congolesi non hanno oggettivamente un valore sufficiente per meritare attenzione. È la politica dei doppi standard e dell'umanesimo a due velocità che abbiamo deplorato e denunciato in diverse occasioni».
Mukwege chiede alla comunità internazionale di intervenire per il ripristino della pace e dei diritti nella Regione dei Grandi Laghi. In particolare chiede urgentemente «di tagliare gli aiuti militari e finanziari al Ruanda e di imporre al Paese sanzioni economiche». E chiede di ripartire dalle raccomandazioni fornite 12 anni fa dall'Accordo quadro di Addis Abeba per la pace nella Regione, firmato subito da 13 Paesi africani (RDCongo, Ruanda, Burundi, Uganda, Angola, Tanzania, Zambia, Sudan del Sud, Repubblica Centrafricana, Kenya e Sudan), e sostenuto da ONU, USA, Unione Africana e Unione Europea. Infine, il premio Nobel per la Pace 2018 invita a ripensare i rapporti commerciali – il vero nodo della crisi è lo sfruttamento dei minerali strategici – in una prospettiva di «approvvigionamento legale, pacifico e win-win di queste risorse in un’ottica di “Business for Peace” che promuove l’interesse sostenibile del popolo congolese allo stesso tempo di quello delle aziende che vogliono le materie prime strategiche di cui abbonda il sottosuolo congolese».
* Foto di Safari consoler da Pixabay
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