
1995-2025. Trent’anni di Libera
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 11 del 22/03/2025
Una considerazione storica e un aneddoto personale. In questo nostro Paese dobbiamo contare 1.101 vittime innocenti delle mafie, secondo quanto sappiamo: è il risultato di una ricerca costante, che non può mai darsi per conclusa, un tragico conteggio che si aggiorna di continuo, purtroppo. Vanno ad aggiungersi a quelle delle stragi politiche e a quelle degli attentati a singoli personaggi negli anni dell’azione dell’eversione di estrema destra e del terrorismo brigatista. Ci sono poi quelle delle stragi civili e coloro che sono morti e morte sul lavoro. Aggiungiamoci anche le vittime non innocenti, delle mafie e non (anche di loro dobbiamo prenderci carico): i numeri divengono impressionanti, a vario titolo.
L’Italia è una nazione in cui, solo teoricamente, dal 1945 non si combatte una guerra. In realtà questi dati ci dicono che se classifichiamo le guerre al di là delle categorie classiche, per esempio non definendole soltanto in base al conflitto tra Stati diversi, la prospettiva è molto diversa. In Italia uomini e donne sono morti e morte anche in conflitti quantomeno di media intensità, secondo la classificazione delle armi adoperate, visto che si sono adoperate ordigni esplosivi come le auto bomba e le bombe nelle piazze e lungo le tratte ferroviarie e le stazioni.
Siamo un Paese violento? Di certo qui da noi si è ucciso per motivi politici, a più riprese: e chi viene definito come vittima casuale, in realtà è comunque morto in seguito non certo ad un errore, ma a una precisa azione criminale a cui attribuire tutta la responsabilità, senza evocare nessun gioco perverso del destino.
Nell’estate del 1992 mia madre era con me a Certaldo, dove mi trovavo come viceparroco: di quella circostanza mi ha restituito a suo tempo un ricordo, da me rimosso negli anni successivi. Quando ho ascoltato per radio la notizia dell’attentato di Capaci ho tirato un pugno contro il tavolo, talmente forte che mia madre ha pensato mi fossi rotto la mano. Un dolore fisico che non ricordo: quello morale invece è sempre vivo dentro di me. Non so se ricordate tutte le volte che avete pianto. A una certa età è più facile, perché forse si piange meno, anche se ci si commuove di più. Alla diretta televisiva dei funerali di Falcone, Morvillo, Montinaro, Schifani, Dicillo, ho pianto come una vite tagliata. Non solo sui morti, soprattutto per questo popolo.
Se devo raccontare la mia esperienza in Libera-Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, proprio in questi giorni approdata al trentesimo anniversario della sua fondazione, la racconto così. Un cordoglio che è stato possibile condividere con una comunità estesa, una reazione energica di passione e di impeto che mi ha riscattato da un senso di impotenza drammatico, che sovente si è soliti vivere in una realtà nazionale come la nostra.
Il dolore che abbiamo condiviso è quello delle vittime, in particolare quello dei familiari. È la loro testimonianza a essere al centro dell’evento civile che ogni anno proponiamo per il 21 marzo: una grande manifestazione in una città, identificata di volta in volta perché propone una sua problematica su cui convenire. È la Giornata per la Memoria e per l’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Su questo tema il lavoro di Libera è costante e si articola sulla ricerca storica e sull’attività didattica e culturale, soprattutto rivolta alle scuole. Si tratta di raccogliere una sfida: raccontare la Storia secondo la prospettiva delle vittime e non dei vincitori; perché la logica dei carnefici non prevalga nell’oblio.
Libera si propone di sostenere quella parte della società direttamente impegnata su base istituzionale e professionale nella lotta alle mafie: magistratura, forze dell’ordine, enti di informazione, strutture scolastiche e formative, sindacati. La nostra associazione di associazioni offre la sua rete di persone (volontarie, per lo più) e di competenze, le risorse dell’associazionismo, la presenza vitale sul territorio di tutte quelle realtà che vi aderiscono, mettendosi in rete. Quel che ci motiva è la passione per la verità, la lotta perché nessuno si rassegni, perché nessun crimine reti impunito, perché le logiche del sopruso e del profitto a ogni costo non infettino le coscienze, facendoci chiudere gli occhi davanti a quanto accade. Ciò passa per la promozione delle cooperative che lavorano le terre confiscate alle mafie, di coloro che lavorano nei beni aziendali sottratti al malaffare, di chi desidera formarsi, per esempio attraverso la grande esperienza dei campi di lavoro presso le cooperative che costituiscono il grande progetto di Libera Terra. Non c’è attività culturale, sportiva, scolastica, delle pubbliche amministrazioni, che non possa essere declinata secondo il tema della legalità, non intesa come semplice osservanza della legge, ma come progetto di socialità risolta, come ha inteso e intende la Costituzione della Repubblica Italiana. La rete sul territorio collega le varie componenti di Libera ed è proprio il lavoro di coordinamento tra enti diversi che rappresenta la sua forza.
Trent’anni non sono pochi. Mi guardo indietro e penso a chi vi ci è dedicato con sacrificio e passione, tante e tanti. Penso a don Luigi Ciotti, il presidente da sempre (adesso affiancato da una copresidente, Francesca Rispoli), che ha percorso l’Italia portando i semi di una speranza invincibile. Penso ai molti volti conosciuti e amati, le vicende umane, le immagini delle vie in festa per la festa dolorosa, ma piena di allegria di pace dei 21 marzo che abbiamo vissuto a giro per l’Italia. Ci trovo il senso delle giovinezze dedicate, adesso che i più giovani ci insegnano nuove strade. Penso che Libera abbia provato a costruire una Storia diversa. Per capire se davvero ci è riuscita avremo bisogno di altro tempo. Per adesso siamo ancora qua, ci saremo finché potremo. Chi di dovere non si illuda che ci arrenderemo mai. Del resto un libro che ci è caro, il Don Chisciotte di Cervantes, ci ricorda bene il perché: l’amore non è mai sprecato.
Andrea Bigalli è parroco a Sant’Andrea in Percussina (Fi), teologo e coreferente regionale di Libera Toscana, insegna Teologia, cinema e letteratura all’Istituto superiore di Scienze religiose della Toscana, scrive di cinema sul periodico dell’Anpi “Patria Indipendente”
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
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