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Che succede se vince il referendum sulla cittadinanza: una risposta

Che succede se vince il referendum sulla cittadinanza: una risposta "scientifica"

Che succederà in Italia in caso di vittoria del referendum abrogativo sulla cittadinanza dopo il voto dell’8 e 9 giugno prossimi? Il quesito in esame chiede di abrogare la Legge 91 del 1992 all'art. 9, che portava da 5 a 10 gli anni di residenza continuativa come uno dei requisiti per poter essere naturalizzati. Il Centro Studi e Ricerche IDOS – noto istituto che si occupa di indagini sul mondo delle migrazioni in Italia e che pubblica ogni anno insieme alla rivista Confronti un Dossier Statistico Immigrazione – ha recentemente presentato un breve report con una stima scientifica degli effetti del quesito. In caso di vittoria del Sì, si legge nella nota introduttiva, «la quota più probabile di potenziali beneficiari della riforma sarebbe costituita da 1 milione e 420 mila cittadini non comunitari, pari a oltre 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia». Si parla di 1 milione e 136 mila adulti (titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata), 229 mila minori (soggiornanti di lunga durata) e 55 mila minori che potrebbero beneficiare automaticamente della trasmissione della cittadinanza conseguita dai genitori naturalizzati dopo il referendum.

Nel report, IDOS spiega la metodologia seguita per il calcolo e tutti i fattori considerati nella definizione di questi conteggi. Nella sua stima, IDOS ha contato circa 2.139.000 cittadini immigrati (347.000 i minori) lungo soggiornanti. Da questo gruppo occorre scorporare i cittadini UE, non interessati dalla riforma perché per loro bastano solo 4 anni di residenza per poter chiedere la cittadinanza. Occorre escludere una quota di cittadini stranieri che provengono da Paesi che escludono la possibilità della doppia cittadinanza, cosa che potrebbe comportare un limite alle domande. Allo stesso modo costituisce un disincentivo la condizione economica degli immigrati: tra i requisiti d’accesso alla domanda di cittadinanza, oltre alla residenza, alla lingua e alla fedina penale pulita, c’è anche il vincolo del «possesso di un reddito adeguato: una condizione che – in base ai dati Istat sulla popolazione a rischio di povertà e di esclusione sociale – anche con il successo del referendum non sarebbe soddisfatta da una ampia fascia di stranieri residenti: fino a 700 mila persone nell’ipotesi massima. Senza contare il costo per avviare la pratica, che è stato recentemente aumentato fino a un massimo di 600 euro a testa». Di fatto, spiega IDOS, questo vincolo economico rende il “diritto” alla cittadinanza «limitato di fatto attraverso una discriminazione indiretta basata sul censo».

«In un Paese civile e con una politica attenta a quel che succede nella realtà», ha commentato il presidente IDOS Luca Di Sciullo, «non ci sarebbe stato bisogno di un referendum per varare questa modifica legislativa sulla naturalizzazione. Basterebbe constatare che la popolazione italiana diminuisce in media di oltre 300 mila unità all’anno, tra decessi che surclassano le nascite e l’incremento dell’emigrazione all’estero, e che negli ultimi 5 anni l’Italia ha inanellato altrettanti record negativi, arrivando al minimo storico di appena 370 mila nascite nel 2024, mentre oltre 1 milione di minorenni stranieri, quasi tutti in Italia dalla nascita, e altrettanti adulti che risiedono da almeno 5 anni nel Paese, ancora non accedono alla cittadinanza italiana».

Scarica il report di IDOS

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