.jpg)
Lettera sul “Proyecto Ugaz”
Tratto da: Adista Documenti n° 26 del 05/07/2025
Qui l'introduzione a questo testo.
Cari fratelli e sorelle, con profondo rispetto e riconoscenza, poco più di un mese dopo l’inizio del mio Pontificato, ma ricordando con gratitudine i quasi 40 anni dalla mia prima missione vissuta in Perù, mi unisco alla presentazione dell’opera Proyecto Ugaz, che dà voce e volto a un dolore rimasto in silenzio per troppo tempo.
Quest’opera non è solo teatro: è memoria, denuncia, e soprattutto, un atto di giustizia. Attraverso di essa, le vittime dell’estinta famiglia spirituale del Sodalizio e i giornalisti che le hanno accompagnate – con coraggio, pazienza e fedeltà alla verità – illuminano il volto ferito ma pieno di speranza della Chiesa.
La vostra lotta per la giustizia è anche la lotta della Chiesa. Perché, come scrissi anni fa, «una fede che non tocca le ferite del corpo e dell’anima umana, è una fede che non ha ancora conosciuto il Vangelo». Oggi, riconosciamo quella ferita in tanti bambini, giovani e adulti che sono stati traditi proprio laddove cercavano consolazione; e anche in coloro che hanno rischiato la propria libertà e il proprio nome affinché la verità non venisse sepolta.
Desidero ringraziare chi ha perseverato in questa causa, anche quando è stato ignorato, screditato o addirittura perseguito giudiziariamente. Come disse papa Francesco nella sua Lettera al Popolo di Dio dell’agosto 2018: «Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, e per questo è urgente riaffermare il nostro impegno per garantire la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili».
Nella stessa lettera, il mio Predecessore, che parlò della stimolante differenza tra delitto e corruzione, ci chiamava tutti a una conversione ecclesiale profonda. Questa conversione non è retorica, ma un cammino concreto di umiltà, verità e riparazione. La prevenzione e la cura non sono una strategia pastorale: sono il cuore del Vangelo. È urgente radicare in tutta la Chiesa una cultura della prevenzione che non tolleri alcuna forma di abuso – né di potere o di autorità, né di coscienza o spirituale, né sessuale.
Questa cultura sarà autentica solo se nasce da una vigilanza attiva, da processi trasparenti e da un ascolto sincero verso coloro che sono stati feriti.
Per questo abbiamo bisogno dei giornalisti. Oggi desidero ringraziare in modo particolare Paola Ugaz per la sua audacia nel rivolgersi, il 10 novembre 2022, a papa Francesco, chiedendo protezione di fronte agli attacchi ingiusti che stava subendo insieme ad altri tre giornalisti, Pedro Salinas, Daniel Yovera e Patricia Lachira, per aver denunciato gli abusi commessi da un gruppo ecclesiale presente in vari Paesi ma nato in Perù.
Tra le numerose vittime, vi erano anche vittime di abusi economici, come i contadini di Catacaos e Castilla, il che rendeva ancora più intollerabile ciò che veniva denunciato.
Sin dall’inizio del mio Pontificato, quando ebbi il privilegio di rivolgermi per la prima volta ai giornalisti riuniti dopo il conclave, sottolineai che «la verità non è proprietà di nessuno, ma è responsabilità di tutti cercarla, custodirla e servirla». Quell’incontro non fu un semplice saluto protocollare: fu una riaffermazione della missione sacra di coloro che, attraverso il mestiere giornalistico, diventano ponti tra i fatti e la coscienza dei popoli. Anche nelle grandi difficoltà.
Oggi levo di nuovo la mia voce, con preoccupazione e speranza, guardando al mio amato popolo del Perù. In questo tempo di profonde tensioni istituzionali e sociali, difendere un giornalismo libero ed etico non è solo un atto di giustizia, ma un dovere per tutti coloro che desiderano una democrazia solida e partecipativa. La cultura dell’incontro non si costruisce con discorsi vuoti né con racconti manipolati, ma con fatti narrati con obiettività, rigore, rispetto e coraggio. Esortiamo, dunque, le autorità del Perù, la società civile e ogni cittadino a proteggere coloro che, dalle radio comunitarie ai grandi media, dalle zone rurali alla capitale, informano con integrità e coraggio.
Dove si mette a tacere un giornalista, si indebolisce l’anima democratica di un Paese.
La libertà di stampa è un bene comune irrinunciabile. Coloro che esercitano questa vocazione con coscienza non possono vedere la propria voce spenta da interessi meschini o dalla paura della verità.
A tutti i comunicatori peruviani oso dire con affetto pastorale: non abbiate paura. Con il vostro lavoro potete essere artefici di pace, unità e dialogo sociale. Siate seminatori di luce in mezzo alle ombre.
Per questo, auspico che quest’opera sia un atto di memoria, ma anche un segno profetico. Che risvegli i cuori, scuota le coscienze e ci aiuti a costruire una Chiesa dove nessuno debba più soffrire in silenzio e dove la verità non sia vista come una minaccia, ma come un cammino di liberazione.
Con la mia preghiera, il mio affetto e la mia benedizione apostolica, Leone PP. XIV.
*Foto presa da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!